Ergastolo per Giuseppe Tambè e 21 anni di reclusione per il figlio Alessandro sono stati chiesti dalla Procura in quanto sono ritenuti responsabili dell’omicidio di Giuseppe Nicolosi, avvenuto nel giugno del 2006 ucciso a colpi di fucile, mentre si trovava nella sua campagna a pochi chilometri da Barrafranca per domare un incendio in un campo di grano. Giuseppe Nicolosi fu trasportato in ospedale e morì dopo alcuni giorni di agonia. Nell’udienza di martedì ci dovrebbero essere le arringhe difensive. E’ la terza volta che questo processo di celebra a nove anni dall’omicidio perché per ben due volte i giudici della Cassazione hanno annullato la sentenza di condanna, che si trovano a piede libero. Sono difesi dagli avvocati Paolo Giuseppe Piazza, Giovanni Aricò e Salvatore Catania Milluzzo. Giuseppe Tambè viene ritenuto l’organizzatore dell’omicidio per contrasti avuti con Nicolosi, mentre l’esecutore materiale dell’omicidio viene ritenuto Alessandro. Il fratello di Nicolosi e la moglie sono stati assolti con formula piena dall’accusa di minacce e ingiurie ai danni di Giuseppe Tambè. La sentenza di assoluzione della moglie di Angelo Nicosoli da parte del giudice Marco Minnella è arrivata tre giorni fa a Enna. Le cosiddette minacce ed ingiurie risalgono al settembre del 2012, davanti a una chiesa di Barrafranca, dopo un rito funebre, e lì ci sarebbero stati le minacce e le ingiurie nei confronti di Giuseppe Tambè, il quale poi ha denunciato i due coniugi, ma non ci sono riscontri tangibili. Il giudice di pace barrese aveva assolto Marco Nicolosi e condannato a 500 euro di multa la moglie Rosalia. L’avvocato Gaetano Giunta ha presentato ricorso in appello con la conseguenza che la signora Rosalia ha avuto la condanna annullata “perché il fatto non sussiste”.
Riprendiamo e pubblichiamo dal quotidiano La Sicilia
Omicidio Nicolosi, chiesto ergastolo per Giuseppe Tambè e 21 anni per il figlio
Scarcerato il pietrino Calogero Ferruggia, ritenuto autorevole rappresentante della famiglia di Cosa Nostra
Calogero Ferruggia, ritenuto dalla Dda di Caltanissetta uno dei rappresentanti più autorevole della famiglia di Cosa Nostra, operante in Lombardia, è stato scarcerato. La scarcerazione è stata decisa dalla Corte di Appello di Caltanissetta perché Ferruggia ha già scontato la pena che gli era stata inflitta, a seguito delle sentenze emesse nel corso del processo Triskelion. Farruggia, accusato di associazione mafiosa era stato condannato a 11 anni in primo grado quindi la pena è stata ridotta a 4 anni perché i difensori hanno chiesto ed ottenuto lo “sconto della continuazione”, andando a scontare il residuo di una condanna a nove mesi per violazione della sorveglianza speciale, che gli era stata contestata in Lombardia. Calogero Ferruggia, 53 anni di Pietraperzia, è stato scoperto fuori dalla sua abitazione di Peschiera Borromeo, dove risiedeva, in violazione della sorveglianza. Avrebbe dovuto lasciare il carcere già a giugno. Ora è arrivata la decisione della Corte d’appello di lasciarlo libero e di tornare a casa. È già libero Giovanni Monachino altro personaggio di primo piano della famiglia di Cosa Nostra. I due sono difesi dall’avvocato Antonio Impellizzeri, che con le sue memorie difensive è riuscito ad ottenere le scarcerazioni grazie allo sconto per continuazione. Ora il tutto passerà al vaglio dei giudici della Cassazione.
Riprendiamo e pubblichiamo dal quotidiano La Sicilia
Terremoto monti Nebrodi MI 2 alle ore 6:32:34 del giorno 7/Ott/2014
Un terremoto di magnitudo(Ml) 2 è avvenuto alle ore 06:32:34 italiane del giorno 07/Ott/2014 (04:32:34 07/Ott/2014 – UTC).
Il terremoto è stato localizzato dalla Rete Sismica Nazionale dell’INGV nel distretto sismico: Monti_Nebrodi.
Event-ID 4004286641
Magnitudo(Ml) 2
Data-Ora 07/10/2014 alle 06:32:34 (italiane)
07/10/2014 alle 04:32:34 (UTC)
Coordinate 37.8015°N, 14.632°E
Profondità 33 km
Distretto sismico Monti_Nebrodi
Comuni entro i 10Km
CESARO’ (ME)
SAN TEODORO (ME)
TROINA (EN)
Comuni tra 10 e 20km
CAPIZZI (ME)
AGIRA (EN)
CERAMI (EN)
GAGLIANO CASTELFERRATO (EN)
REGALBUTO (EN)
MANIACE (CT)
Centuripe. Rinvenuti dai Carabinieri preziosi reperti archeologici risalenti al VI secolo A.C.
Nel corso di una recente perquisizione domiciliare, disposta dalla Procura di Enna, coordinata dal sostituto procuratore dott. Francesco Rio e portata a compimento dai Carabinieri della stazione di Centuripe, sono stati rinvenuti alcuni reperti archeologici di epoca greco classica risalenti al VI secolo A.C..
Le attività, in particolare, hanno consentito il recupero dei seguenti pezzi:
· Nr. 2 anfore denominate ydrya a disegno geometrico;
· Nr. 1 oinokoe a figure nere.
I preziosi ed inestimabili elementi sono stati rinvenuti nell’abitazione di un imprenditore edile di Centuripe, V.M. Nato nel 1947, provenienti, verosimilmente, da un fortuito ritrovamento in occasione di alcuni lavori edili che la propria ditta stava svolgendo nel circondario di Centuripe.
L’uomo, invece di consegnarli alle autorità preposte, ha incautamente inteso realizzare con essi una collezione privata.
Gli oggetti storici recuperati sono stati posti sotto sequestro e custoditi presso il presidio dell’arma di Centuripe, in attesa di attivare le opportune valutazioni storico-artistiche, prodromiche ad una futura e più degna collocazione.
Enna. Una condanna a 4 anni per pedofilia
Riconosciuto di avere abusato sessualmente di un ragazzino di 10 anni, un quarantenne della provincia di Enna è stato condannato a 4 anni di reclusione. Secondo l’indagini degli agenti della squadra Mobile il quarantenne avrebbe abusato ripetutamente di un bambino di 10 anni, figliastro di suo nipote, fino a quando la mamma, accorgendosi che il figlio aveva un atteggiamento molto strano, tendente ad isolarsi, a non rispondere alle continue domande dei genitori, ma la forza d’animo della mamma e la sua intuizione hanno consentito di arrivare alla verità. Gli agenti della squadra mobile, dopo accurate indagini arrestarono l’uomo, per violenza sessuale. Il perito dei giudici ha relazionato dicendo che l’imputato, su alcuni argomenti specifici, era parzialmente incapace di intendere e di volere al momento dei fatti. I giudici del collegio penale ennese, presieduto da Giuseppe Tigano, giudici a latere Ottavio Grasso e Eugenio Alberto Stancanelli, gli hanno inflitto quattro anni di reclusione, oltre a condannarlo al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile. Alla famiglia del piccolo, l’imputato, dovrà anche rifondere le spese di costituzione a giudizio. I giudici hanno accolto le richieste fatte nella sua requisitoria dal Pm Francesco Rio, che aveva chiesto la condanna dell’imputato a 4 anni e 6 mesi di reclusione. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro i prossimi novanta giorni. In aula è stata depositata agli atti la perizia di un neuropsichiatra, che era stato nominato dal Tribunale, secondo cui l’imputato era capace di stare a giudizio, di seguirne l’andamento, anche se è stato specificato che l’uomo ha una seminfermità mentale.
Riprendiamo e pubblichiamo dal quotidiano La Sicilia
Pecore sgozzate e furto di armi a Villarosa
Due episodi inquietanti hanno caratterizzato Villarosa, che fa sospettare il ritorno nel territorio della mafia agricola ed anche la possibilità che il furto d’armi realizzato con grande perizia sia stato un furto per commissione. Intanto nel campo degli allevatori si è registrato il fatto che decine di pecore sono state sgozzate in maniera selvaggia, quasi una vendetta nei confronti del proprietario procurandogli un danno considerevole, mentre nell’altro episodio c’è stato un furto di armi, due pistole e cinque fucili, che era detenuti legalmente e chiusi in una cassaforte. I ladri, probabilmente due, per evitare perdite di tempo hanno deciso di portare via l’intera cassaforte. Ovviamente i due episodi sono privi di qualsiasi collegamento si sono verificati in periodi diversi. Quello del gregge sgozzato, il numero è ancora da verificare perché si parla che gli animali erano più di cento, è sicuramente l’episodio più inquietante perché fanno pensare che nelle campagne di Villarosa risorgono questo tipo di episodi, che si sono verificati circa quattro- cinque anni fa. Ed allora c’è da chiedersi gli autori di questa carneficina quale messaggio hanno voluto inviare al proprietario? Doveva pagare qualcosa che non ha voluto pagare? E’ una vendetta nell’ambito dei furti di animali? Gli interrogativi sono al vaglio del nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri con la collaborazione dei colleghi della stazione di Villarosa. I carabinieri del comando provinciale di Enna, interpellati, non confermano né smentiscono, ma la certezza del carneficina c’è senz’altro. Il furto delle pistole e dei cinque fucili si è verificato in un appartamento al primo piano di un complesso residenziale. I ladri, almeno due, hanno forzato la porta d’ingresso e poi, una volta dentro, hanno messo tutto a soqquadro, poi hanno rivolto la loro attenzione su una cassaforte da muro, che è stata divelta, contenente due fucili con canne sovrapposte, due doppiette (tutti fucili da caccia) e due pistole. Le armi erano regolarmente detenute dal proprietario incensurato e autorizzato alla detenzione. All’interno, c’erano pure decine di munizioni. È chiaro che questo episodio desta preoccupazioni, perché le armi adesso potrebbero finire in mano a chiunque. Quale era il vero obiettivo dei ladri, il furto di qualcosa che potesse fruttare soldi oppure le armi che possono servire a fare tante cose. Chi ha agito ha studiato bene il colpo ed è andato a colpo sicuro, quando all’interno dell’appartamento non c’era nessuno, quindi sono state studiate le abitudini della famiglia.
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Leonforte. “Notte gialla” cinque arresti per rissa aggravata
Nel corso della notte tra sabato e domenica 5.10.2014, personale del Commissariato Distaccato di P.S. di Leonforte, unitamente a personale dell’Arma dei Carabinieri, ha tratto in arresto, responsabili del reato di rissa aggravata:
· Signorelli Carmelo, classe 1987, pluripregiudicato;
· S.M., incensurato;
· Cali’ Antonino, classe 1989, pluripregiudicato;
· Ilardi Salvatore, classe 1986, pluripregiudicato;
· Abdelhedi Faouzi, classe ‘88, pluripregiudicato;
In occasione della “notte gialla” a Leonforte, infatti, durante i festeggiamenti per la sagra della pesca, una pattuglia della Polizia di Stato e una dell’Arma dei Carabinieri notavano alcuni cittadini che, nei pressi di quella piazza San Francesco, ne attiravano l’attenzione.
Gli operatori notavano, infatti, i cinque soggetti su indicati, quattro dei quali annoveranti svariati precedenti penali e di polizia, in materia di stupefacenti, reati contro la persona, in materia di armi, intenti a malmenarsi furiosamente.
In un cassonetto dell’immondizia nei pressi della citata piazza veniva rinvenuta una pistola-giocattolo, priva di tappo rosso e pertanto del tutto simile ad un’arma, verosimilmente gettata da uno degli arrestati, resosi conto dell’arrivo delle forze di polizia.
I cinque pertanto venivano tratti in arresto, e, dopo gli adempimenti di rito ed i referti medici, dai quali si evinceva come avessero riportato lesioni varie, su disposizione dell’A.G., venivano posti agli arresti domiciliari.
Calascibetta. Grave incidente di caccia, pensionato ferito nel suo podere
Calascibetta. Grave incidente di caccia nelle campagne di Calascibetta (Enna), dove nella tarda mattinata un pensionato è stato raggiunto nel suo podere da una fucilata mentre si trovava su un albero, per raccogliere i frutti.
L’uomo è stato ricoverato in prognosi riservata all’ospedale Umberto I di Enna e la polizia che svolge le indagini, non ha ancora potuto ascoltare la sua ricostruzione.
Nel pomeriggio è trapelato che negli uffici della questura sono stati a lungo interrogati due cacciatori, ma non è noto se si tratta di indagati o di testimoni, presenti quando è avvenuto l’incidente.
Certamente chi ha sparato lo ha fatto senza rispettare le regole di sicurezza, facendo partire il colpo quando ha colto un movimento tra le fronde, senza accertarsi se si trattasse di una persona. Il pensionato è stato sottoposto ad intervento chirurgico per l’estrazione del pallini.
Fonte AGI
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Leonforte. Morte partoriente, il Pm chiede due condanne ed una assoluzione
Leonforte. Due condanne ed una assoluzione chieste dal Pm nel processo con rito abbreviato a carico di 3 sanitari dell’ospedale Branciforti, accusati di omicidio colposo e negligenza per la morte di Gabriella Gallo, deceduta per le complicanze sopraggiunte durante un parto con taglio cesareo.
Il Pm Fabio Scavone ha chiesto la condanna ad 1 anno e 4 mesi per uno degli anestesisti e la condanna a 8 mesi per il chirurgo, mentre ha chiesto l’assoluzione per il ginecologo che, chiamato con ritardo sarebbe stato l’unico, secondo l’accusa, a tentare di salvare Gabriella Gallo, 35 anni, deceduta l’11 marzo del 2011. Per altri 3 sanitari dello stesso ospedale che hanno scelto il giudizio ordinario, il processo si apre la prossima settimana.
I sei sanitari erano stati iscritti nel registro degli indagati poco dopo la denuncia dei familiari di Gabriella Gallo, costituiti parte civile con l’avvocato Augusto Mongioy per il marito ed i tre figlioletti della donna, e Giuseppe D’Acquì per la famiglia Gallo. I periti avrebbero accertato che non era stata predisposta una scorta di sangue o di plasma e che ci furono ritardi nel predisporre il trasferimento in un centro attrezzato. La donna venne trasportata in ambulanza a Palermo, ma giunse ormai priva di vita. Secondo le ipotesi accusatorie sia l’intervento sia il trasferimento vennero disposto con eccessivo ritardo e le “criticità” nei soccorsi tra il momento in cui peggiorarono le condizioni di Gabriella Gallo ed il trasferimento verso l’ospedale Ingrassia di Palermo sono quantificate in un “buco” di circa 2 ore che avrebbero potuto forse essere sufficienti a salvare la vita della donna.
Barrafranca: Carabinieri arrestano pregiudicato indiziato di estorsione e rapina
I Carabinieri della Stazione di Barrafranca, alle prime luci dell’alba odierna, in ottemperanza dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal Tribunale di Enna – Ufficio G.I.P. – a seguito della richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica, hanno tratto in arresto Marchì Michel, 27enne nato a Dormagen (Germania) ma residente a Barrafranca, coniugato, pregiudicato, disoccupato.
Il Marchì, partecipante ad una rissa avvenuta tra il 2 ed il 3 Agosto 2014 in Barrafranca, è gravemente indiziato dei reati di estorsione e rapina consumati sempre nella notte tra il 2 ed il 3 Agosto all’esterno di un noto locale notturno del paese.
Nello specifico, il Marchì, in stato di alterazione psichica conseguente all’eccessiva assunzione di alcool, avrebbe usato minaccia e violenza nei confronti del titolare del sopraccitato pub del paese a cui avrebbe imposto di farsi consegnare la somma di Euro 500,00, quale ingiusto profitto patrimoniale, senza riuscirvi per il rifiuto della persona offesa. Nel contempo lo stesso Marchì, sempre per procurarsi un ingiusto profitto, mediante violenza, si sarebbe impossessato della somma di Euro 500 appartenenente ad un compaesano, avventore quella stessa notte del locale ove era presente anche il Marchì.
A seguito di questa rapina sarebbe scaturita la rissa che ha coinvolto proprio il Marchì unitamente ad altri due pregiudicati di Barrafranca, F.A. e R.V., quest’ultimo è proprio il rapinato.
Nell’ambito del Procedimento Penale che ha scaturito la misura eseguita ieri, F.A. è indagato per il reato di lesioni personali aggravate in quanto con uno spezzone di vetro, arma impropria, ha cagionato a Marchì Michel delle multiple ferite da taglio e dapunta all’emitorace destro ed al IV dito della mano sinistra, trauma non commotivo e ferite lacero contuse della zona frontale e parietale sinistra per una prognosi di giorni venti. A seguito delle anzidette ferite il Marchì, alle ore 5:50 del 3 Agosto u.s., fu ricoverato in codice giallo al pronto soccorso dell’Ospedale Sant’Elia di Caltanissetta.
Ultimati tutti gli accertamenti, vista la gravità del caso, sia il PM, Dr. DI Mauro che il G.I.P. – Dr.ssa Bruno – hanno lavorato alacremente alla redazione alla richiesta ed all’ordinanza di applicazione della misura cautelare, eseguita stamane dai Carabinieri dell’Arma barrese.
Marchì Michel, espletate le formalità di rito, è stato tradotto presso la propria abitazione al regime degli arresti domiciliari a disposizione dell’Autorità Giudiziaria mandante del provvedimento.
Lettera aperta dei figli sulla confisca dei beni all’avv. Raffaele Bevilacqua
Riceviamo una lettera aperta dei figli dell’avv. Raffaele Bevilicqua, a cui sono stati confiscati dei beni. La presente viene pubblicata per dovere di informazione:
“Ribadiamo il nostro massimo rispetto per le istituzioni e le pronunce giudiziarie, tuttavia è giusto dare la parola anche a noi viste le relazioni della conferenza tenutasi il 2.10.2014 in cui si è parlato della necessità (sacrosanta) di togliere i beni alla mafia per evitare il pericolo di riciclaggio di denaro sporco etc. Ma a tal proposito si è parlato di pericoli connessi ad attività, quindi di beni produttivi, supermercati, aziende etc. Salvo poi nominare il bene confiscato a Raffaele Bevilacqua esaltando i risultati conseguiti. Noi ribadiamo che il bene confiscato non è altro che una civile abitazione che quindi non ha i requisiti di cui si è discusso. E’ un’abitazione lasciata per testamento olografo ancor prima che a nostro padre fosse contestato il reato associativo.
Nostro padre prima di essere il mafioso di cui tanto si è parlato, era un noto avvocato conosciuto in tutta la provincia di Enna e oltre, che ha lavorato anche con alcuni relatori del convegno stesso che quindi conoscono le sue capacità professionali. Infatti, difese la madre, Sig.ra La Mendola Concetta in un procedimento di abuso edilizio risalente al 1986 (anni prima della contestazione del reato a Bevilacqua) poiché intestataria di questa casa e nel procedimento di appello per il reato edilizio (sentenza del 28.3.1988) il pubblico ministero era l’attuale presidente della Corte di appello nissena che prestava il consenso al patteggiamento della pena, ma che durante il convegno, invece, sbandierava la mafiosità di Bevilacqua con riferimento a questa casa. Oltre ad essere un avvocato, nostro padre era un Consigliere provinciale e un Presidente della commissione provinciale di controllo, per cui aveva un reddito lecito e fatturato, prodotto agli atti, per il periodo in contestazione, di un miliardo di lire.
Tanto è vero che lo stesso CTU ha ritenuto giustificate le spese sostenute per l’arredamento di un solo piano di questa casa di civile abitazione, per il resto la casa è rustica e cadente.
Si potrà obiettare: allora perché è stata confiscata? Non siamo certo il primo caso in Italia di sentenze ingiuste avverso le quali abbiamo proposto la revisione sulla quale la Corte di appello non ha ancora sciolto la riserva ed è per questo che è apparsa inopportuna la presenza dei rappresentanti dell’Ufficio della Corte del distretto tenuto conto che presso lo stesso ufficio, appunto, pende il procedimento di revisione. Più volte un rappresentante delle Forze dell’ordine destinatario di numerosi complimenti durante la conferenza, ci ha detto: “Ancora credete alla revisione?” (n.d.r.: ripetiamo che quanto pubblicato è quanto pervenuto, non ci sentiamo di avallare accuse se non possono essere provate). Tutti avrebbero potuto pronunciare una frase del genere, ma non certo un rappresentante dello Stato che deve garantire l’applicazione della legge e la revisione è un Istituto giuridico previsto dalla legge proprio per riparare agli eventuali errori giudiziari. Nonostante il clamore della vicenda, noi speriamo e confidiamo nell’operato dei giudici della revisione al di là delle azioni pubblicitarie pressorie.
Per il resto, se la nostra casa possa servire per il conseguimento di un giusto fine sociale, siamo contenti sebbene esterrefatti della velocità con cui proprio questo bene ha conseguito progetti e finanziamenti sebbene non l’unico confiscato nella provincia di Enna e in tutta Italia, un bene gravato da ipoteca (l’altro aspetto assurdo della confisca visto che proprio le ipoteche dimostrano la situazione debitoria del Bevilacqua con le banche assolutamente incompatibile con una situazione si “maneggio” di denaro sporco).
Nostro padre ha lavorato sodo quale avvocato e non ha fatto altro, così come ogni professionista, che allestire una casa ereditata, senza grandi pretese, senza piscine, senza mobili di grande valore. Ci piacerebbe che venissero pubblicate e poste a conoscenza della società e dell’intera Italia le foto che gli stessi rappresentanti dello Stato fecero alla casa al momento in cui ne presero il possesso che sono eloquenti. Ciò non per polemizzare o rivendicare un bene ormai acquisito, ma per evidenziare che non basta una sentenza di condanna per associazione mafiosa ad apprendere un bene, ma sono necessari dei presupposti (proprio quelli di cui si è parlato nel convegno) che nel nostro caso non ci sono.
Ci associamo comunque – e senza ironia – ai complimenti fatti non tanto per la confisca del bene quanto per la sua destinazione a un fine sociale giusto e per questo e solo per questo, siamo contenti.
Chiediamo infine, da persone civili, perbene e incensurate, di essere invitati e coinvolti anche in questi convegni perché comunque grazie alla nostra casa si è realizzato un grande progetto”.
Gaetano Leonardo, condannato all’ergastolo, ancora in attesa per la revoca del 41 bis
Gaetano Leonardo, detto “Tanu u’ liuni”, capo della famiglia di Cosa Nostra di Enna, in carcere da tredici anni con il 41 bis, chiede la revoca del carcere duro. Gaetano Leonardo è stata arrestato nel corso dell’operazione “Parafulmine” della squadra Mobile e di recente è stato condannato all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio di Giuseppe Cammarata, scomparso con la lupara bianca, avvenuto nel 1989. Giuseppe Cammarata era un appartenente alla mafia ennese degli anni ’80 e per i collaboratori di giustizia è stato ucciso perché era coinvolto nella preparazione dell’omicidio di Piddu Madonia, rappresentante principale della mafia nissena ed amico di Gaetano Leonardo, ed anche perché Cammarata si sentiva al di sopra di Leonardo. L’avvocato Antonio Impellizzeri, difensore di Gaetano Leonardo ha chiesto di revocare il 41 bis o carcere duro che gli è stato imposto dal Ministero di Grazia e Giustizia sette anni fa, ed ha fatto ricorso al tribunale di sorveglianza di Roma, unico a trattare questo tipo di richieste. A sei mesi di distanza dalla presentazione della richiesta, ancora non è stata fissata alcuna udienza per cui Leonardo deve subire le conseguenze del carcere duro, i colloqui sono sistematicamente controllati, la corrispondenza viene sistematica esaminata, qualche telefonata anche controllata, si vuole evitare che, in questo caso, Leonardo possa dare disposizione ai suoi familiari o ai suoi amici della Famiglia di Cosa Nostra. L’avvocato Impellizzeri sostiene nella sua richiesta, che dopo tredici anni di carcere duro, isolato da tutti, è difficile che si possa pensare che lo stesso abbia ancora legami con gli amici della famiglia mafiosa.
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Piazza Armerina. Denunciato sessantenne, sottraeva beni aziendali
Piazza Armerina. Agenti del Commissariato di P.S. di Piazza Armerina hanno denunciato in stato di libertà per il reato previsto dall’art. 646 del codice penale G.G., di anni 63, nato e residente a San Cono, per essersi appropriato di un trattore e di altri macchinari dall’azienda agricola presso cui prestava la propria opera.
Nelle scorse settimane, il titolare dell’azienda aveva scoperto, infatti, che erano letteralmente spariti dai terreni dell’impresa un trattore, un coltivatore, un frangizolle, una trivella per trattore, una forca sollevatrice per trattore ed un rimorchio per trattore. Aveva, pertanto, presentato denuncia presso gli uffici del Commissariato.
Le indagini esperite dagli investigatori della polizia giudiziaria, diretti dal Commissario Capo dott. Fabio Aurilio, sotto la guida del Sost. Proc. della Repubblica di Enna, dott. Augusto Rio, hanno consentito di individuare l’uomo, con il quale da pochi giorni si era interrotta ogni forma di collaborazione, quale responsabile dei fatti. G.G., infatti, approfittando della materiale disponibilità dei beni in virtù della prestazione lavorativa, che ne prevedeva il materiale utilizzo, si era nel tempo impossessato illegittimamente del trattore e delle altre attrezzature, trasportandoli fuori dai terreni aziendali ed all’interno di un proprio fondo rustico, in agro di Mazzarino, all’interno dei quali sono stati rinvenuti nel corso di perquisizione domiciliare, disposta dall’Autorità Giudiziaria ed eseguita dagli agenti del Commissariato di Piazza Armerina
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Nicosia. Morì dopo un cesareo al Basilotta. I periti “Condotta medica non condivisibile”
Nicosia. La perizia disposta dalla Procura sulla morte per complicanze post parto di una quarantenne, scagiona l’anestesista e il 118. La notizia è stata riportata da La Sicilia del 9 ottobre. la vicenda riguarda la morte di Antonella Seminara, avvenuta 14 mesi fa per le complicanze durante un parto cesareo all’ospedale Basilotta. Secondo le prime conclusioni dei periti i ritardi nei soccorsi, causati, tra l’altro da un guasto all’elicottero del 118, non sarebbero stati determinanti a causare la morte. Sembrerebbe che la situazione sia precipitata già in sala operatoria al punto che se pure la partoriente fosse stata trasportata più tempestivamente presso l’ospedale di Sciacca dove era stato individuato un posto in rianimazione, probabilmente non ci sarebbe stato nulla da fare. Per la vicenda sono indagati 2 ginecologi, 2 ostetrici, un anestesista tutti in servizio all’ospedale Basilotta e l’operatore del 118 nisseno. Antonella Seminara era giunta all’ospedale Basilotta dopo essersi sentita male ed era stata sottoposta a tracciato a seguito del quale i medici aveva accertato che mancava il battito fetale ed avevano disposto il cesareo d’urgenza. Era però sopraggiunta una emorragia e le condizioni della Seminara erano peggiorate rapidamente. Secondo i periti, la donna avrebbe potuto essere salvata con una isterectomia che non venne effettuata e un immediato successivo ricovero in rianimazione, reparto che al Basilotta, pur essendo previsto, non è mai stato attivato. La Seminara, che era al suo primo figlio, sarebbe morta dissanguata e, sempre secondo i primi accertamenti, per salvarla sarebbe stata necessaria l’asportazione dell’utero che avrebbe potuto arrestare l’emorragia. L’indagine è coordinata dal procuratore Fabio Scavone che l’aveva aperta alla procura di Nicosia e che ha chiesto la trasmissione degli atti alla procura di Sciacca, che aveva aperto un fascicolo, perché la Seminara era stata comunque trasportata all’ospedale agrigentino, dove però era giunta ormai priva di vita e dove, quindi, non sono ipotizzabili responsabilità mediche. Quella sera, dopo che era stato trovato il posto a Sciacca, c’erano stati problemi per il trasporto perché l’elisoccorso di stanza a Caltanissetta era fermo per un guasto ed era stato fatto arrivare un elicottero da Palermo. La Seminare era rimasta in ambulanza per circa un’ora e mezzo. Secondo i periti, comunque, l’emorragia era talmente violenta che anche senza quell’attesa, l’esito sarebbe stato fatale. La perizia scagiona anche l’anestesista considerato che la decisione di praticare l’isterectomia, spettava esclusivamente ai medici ginecologi . Il patologo legale Giuseppe Ragazzi e la ginecologa Claudia Giuffrida, incaricati dal Pm, hanno escluso responsabilità nella morte del bambino, avvenuta per cause imprevedibili, ma definiscono non condivisibile in alcun modo la scelta dei sanitari di trasferire la paziente senza eliminare la fonte dell’emorragia e cioè l’utero. “La decisione di operare riguardava i medici di ginecologia e ostetricia – scrivono i periti del Pm – e l’assistenza rianimatoria, ancorché correttamente eseguita, non avrebbe potuto condizionare la prognosi”. I periti sostengono che non si può avere la certezza che una tempestiva isterectomia avrebbe salvato la paziente, ma sottolineano che l’intervento era l’unica possibilità di salvezza e che, malgrado ciò, non è stato effettuato e “di fatto – scrivono – la patologia è stata lasciata al suo naturale decorso”. “La condotta professionale dei medici in ginecologia ed ostetricia – si legge – non può essere condivisa”, perché per i periti in quella situazione andava asportato l’utero, praticata la terapia antiemorragica e solo successivamente disposto il trasporto in un centro munito di rianimazione.
Enna. Mancata bonifica Pasquasia, l’ex presidente della Regione Lombardo dal Pm Rio
L’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo, è stato interrogato oggi pomeriggio per poco meno di un’ora sulla mancata bonifica della miniera di Pasquasia. Lombardo è stato sentito, su sua richiesta, dal sostituto procuratore di Enna Francesco Rio. Lombardo è indagato per i mancati interventi di bonifica sull’area di Pasquasia, contaminata da decine di tonnellate di amianto e olio dielettrico. “Il presidente della Regione ha due funzioni – ha dichiarato Lombardo all’uscita dal palazzo di giustizia di Enna – quella di presidente e quella di commissario delegato per l’emergenza bonifiche. La prima viene delegata all’assessore all’Energia, tra le cui competenze c’è quella della bonifiche; nella seconda di commissario delegato, il presidente agisce con un soggetto attuatore cui sono demandate le funzioni di attuare l’ordinanza. Sia l’assessorato Energia che il soggetto attuatore hanno operato correttamente. Mancava un progetto esecutivo che era stato affidato a Sviluppo Italia che arrivò successivamente, e mancavano le risorse reperite successivamente per 23 milioni di euro. Reperite le risorse si è fatta la gara per la messa in sicurezza”. Lombardo era stato interrogato nel 2011 poco dopo l’apertura dell’inchiesta e adesso ha chiesto di essere nuovamente sentito, esercitando il diritto ad essere interrogati, entro i 20 giorni dal deposito dell’avviso di conclusione delle indagini. L’ex presidente della Regione Lombardo è indagato con gli ex assessori della sua giunta Pier Carmelo Russo, alle Infrastrutture e Giosuè Marino all’Energia, e con il funzionario Pasquale La Rosa, che aveva il compito di sovrintendere alla miniera. La bonifica di Pasquasia era stata appaltata dopo l’inchiesta che coinvolge Lombardo. I lavori sono però fermi dallo scorso marzo, quando l’area della ex miniera è stata sequestrata, nell’ambito di una indagine che nulla a che vedere con quella del 2011, su provvedimento dalla Dda di Caltanissetta, che indaga, tra l’altro sull’ipotesi che i rifiuti tossici provenienti dalla bonifica di Pasquasia, venissero smaltiti illegalmente. Per questa ipotesi la Dda nissena ha emesso avvisi di garanzia a carico dei titolari della ditta “1 Emme soluzioni ambientali Srl”, aggiudicataria dei lavori di bonifica, di alcuni responsabili del cantiere di bonifica, di ditte che avevano sub appalti e di alcuni pubblici ufficiali. I reati contestati agli indagati del troncone di inchiesta coordinato dalla Dda sono traffico illecito di rifiuti tossici nocivi, associazione per delinquere finalizzata alla frode in pubbliche forniture contro la pubblica amministrazione.
Valguarnera: ferito un giovane per crollo cancello sganciatosi dal battente. Denunciata la persona che aveva realizzato l’inferriata
I Carabinieri della Stazione di Valguarnera hanno deferito alla Procura della Repubblica di Enna, un artigiano, ritenuto responsabile del reato di lesioni personali gravi commesse nel piccolo paese ennese nel mese di marzo.
La vicenda trae origine dal ferimento di un giovane compaesano che, ricoverato presso il presidio ospedaliero “Umberto I” e trasportato presso l’Unità Operativa Complessa di Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza, veniva riscontrato affetto da “lussazione osso femorale sinistra, rima frattura soma L5, frattura del pavimento mascella e dell’osso zigomatico” e veniva giudicato guaribile in giorni quaranta di cure salvo complicazioni. Il padre del ragazzo, in ordine alle cause dell’evento, ebbe a dichiarare ai sanitari che il trauma da schiacciamento era dovuto alla caduta di un cancello scorrevole fuoriuscito dal binario.
Il referto medico, inviato dal nosocomio ennese al Comando Stazione Carabinieri di Valguarnera, fece subito avviare le indagini. Nel corso dell’attività investigativa i Carabinieri sono riusciti ad appurare che il committente, per il lavoro di collocazione di un manufatto consistente in un cancello in ferro all’interno di un binario, a fronte dei 1.400 euro previsti, ne aveva pagato 1.250 ma non aveva ricevuto il previsto collaudo, non aveva ottenuto il rilascio della consequenziale fattura ed anche, in più occasioni, richiesto l’ultimazione del lavoro perché l’opera non era stata eseguita a regola d’arte ricevendo solo dinieghi dall’appaltatore. Quest’ultimo è stato deferito alla Procura della Repubblica di Enna per il reato di lesioni personali gravi.
Si incendia un’autovettura all’ingresso del Sicilia Outlet Village di Dittaino
Nel primo pomeriggio di oggi, nei pressi del parcheggio del Sicilia Outlet Village di Dittaino, una mercedes, per cause ancora in fase di accertamento è andata in fiamme. Sul posto, prontamente sono intervenuti i Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Enna che hanno provveduto allo spegnimento della vettura. Per consentire lo svolgimento delle operazioni di soccorso, si è reso necessario deviare il transito delle vetture inibendo l’utilizzo della rotatoria di accesso. Al termine dell’opera dei VV.F. è stata ripristinato il normale senso di circolazione.
Enna. Si è insediato al Comando provinciale dei Carabinieri il colonnello Paolo Puntel
Enna. Si è insediato ufficialmente il colonnello Paolo Puntel, trasferito dal Reparto Operativo del comando provinciale di Trento. In mattinata un incontro molto cordiale con la stampa alla presenza dei comandanti delle compagnie di Enna, Nicosia e Piazza Armerina, il maggiore Giovanni Mennella, comandante del Reparto Operativo ed il capitano Michele Cannizzaro, comandante del reparto Investigativo. Il neo comandante ha voluto fare una veloce panoramica sulla sua carriera che lo ha visto protagonista dalla Sicilia al Trentino, con una puntata fuori programma in Bosnia. In questi giorni ha già ha incominciato a conoscere Enna e gli ennesi, traendone un giudizio positivo. Il suo è un ritorno in Sicilia, perchè era stato comandante del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Ragusa ed ancor prima della Compagnia di Vittoria.
Quello del Tenente Colonnello Paolo Puntel, nato a Roma il 7 dicembre del 1970 e sposato con due figli, è un ritorno in terra siciliana; l’Ufficiale Superiore, infatti, prima di comandare il Reparto Operativo del Comando Provinciale Carabinieri di Trento, sua ultima sede di servizio, ha comandato, con il grado di Maggiore, il Reparto Operativo del Comando Provinciale di Ragusa dal 2006 al 2008 e prima ancora, con il grado di Capitano, la Compagnia Carabinieri di Vittoria (RG) dal 2004 al 2006; fuori dall’abito siciliano, l’esperienza professionale del nuovo Comandante Provinciale dei Carabinieri di Enna conta, sempre quale Capitano, il comando della Compagnia di Arona dal 2001 al 2004 e precedentemente quello della Compagnia di Bressanone dal 1998 al 2001, intervallato da un’esperienza all’estero e precisamente in Bosnia Erzegovina con il Reggimento MSU ( Unità multinazionale specializzata); a ritroso nel tempo, dal 1994 al 1997, con il grado di Tenente, ha diretto il Nucleo Operativo della Compagnia di Torino Oltre Dora, portando a termine delicate e variegate indagini di P.G. sulla criminalità comune ed organizzata.
Carabinieri trovano carte di circolazione rubate ad Enna
I carabinieri di Marcianise nel casertano hanno effettuato un maxisequestro di 13 mila carte di circolazione. Il sequestro è scaturito in seguito a un servizio di osservazione e pedinamento di tre persone di Villaricca, che erano a bordo di un’auto su cui trasportavano due plichi da 100 certificati di proprietà di autoveicoli in bianco. I militari, subito dopo, hanno effettuato delle perquisizioni nelle abitazioni dei tre e in un magazzino adiacente, ritrovando i documenti che sono stati posti poi sotto sequestro. Si tratta di più di 1000 supporti per carte di identità false, circa 2000 documenti di circolazione originali per auto che poi sono risultati oggetto di due distinti furti che sono avvenuti presso gli uffici delle motorizzazioni civili di Livorno e nel caso di di Enna il furto è avvenuto a maggio. Il furto più consistente si è verificato ad Enna dove i ladri, sicuramente dei professionisti, sono entrati dopo avere rotto una finestra, sono entrati negli uffici e sono andati a colpo sicuro, portando via quattordicimila carte di circolazione immacolate, non lasciando alcuna impronta. I carabinieri hanno rinvenuto anche 2000 striscette adesive per gli esiti delle revisioni e dei passaggi di proprietà dei veicoli riportanti il codice identificativo della Zecca di Stato. Il sequestro effettuato viene considerato il più importante tra quelli messi a segno negli ultimi anni nel settore dei falsi. Infatti era noto che la malavita organizzata napoletana aveva un giro per le sole polizze assicurative che è stato stimato intorno al milione di euro.
Foto: uffici Motorizzazione Enna
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Enna. Presentata denuncia per bambino nato morto
Enna. Una denuncia è stata presentata da una coppia di coniugi, che lunedì, si sono presentati al Pronto soccorso dell’Umberto I di Enna, in quando la moglie doveva dare alla luce. I medici, dopo avere effettuato dei controlli strumentali, si sono accorti che il bambino era già morto nel ventre materno. La coppia, che è originaria di Valguarnera ha presentato denuncia ai carabinieri per chiedere di fare chiarezza sulla morte del piccolo. L’accaduto è stato riferito dal nonno del piccolo, Salvatore L., che con la sua famiglia ha sporto denuncia e dato incarico all’avvocato Sinuhe Curcuraci di seguire la vicenda. Il padre della partoriente assicura che sua figlia era in ottime condizioni, poi sono arrivate le doglie, sono andati al pronto soccorso, ma attraverso l’ecografia si è visto che il bambino era morto. La donna era stata seguita da un altro ospedale della provincia e non avevano avuto segnali di pericoli, c’erano dei valori alterati, ma tutto procedeva bene. Il nonno sottolinea che l’Umberto I, in questa vicenda, non centra niente perché entrata in azione solo nella parte finale, quando le complicazioni sono diventate pericolose, è il precedente quello che fa arrabbiare i familiari, bisognava intervenire prima. Una settimana prima era stata sottoposta ad endoscopia, tutto era tranquillo, non si aveva alcuna preoccupazione. “Desideriamo che la magistratura faccia luce sulla morte del mio nipotino – dice nonno Salvatore – Non è possibile che possano avvenire questi fatti senza che i medici abbia avvertito qualcosa di anomalo. Secondo quanto riferito dal nonno, i militari, dopo aver raccolto la denuncia, hanno anche sentito il papà del bimbo che ha narrato tutta la vicenda dalle continue visite in altro ospedale sino all’arrivo al pronto soccorso di Enna, che ha dato la ferale notizia. La Magistratura ha acquisito tutte le cartelle ed informazioni cliniche fra l’altro ospedale e Enna. Tra lunedì e martedì si saprà se la magistratura disporrà, o meno, l’autopsia per accertare le cause della morte del bambino. Interpellato il direttore sanitario Emanuele Cassarà, ieri non era ancora stato informato dell’accaduto, ma subito si è messo in moto ed ha chiesto una relazione ai medici che sono interessati in questo caso. Non è il primo caso che si registra ad Enna in provinciale il 29 aprile del 2011 una coppia di Piazza Armerina, dopo aver fatto diversi accertamenti endoscopici, una volta trasferitasi all’ospedale di Enna per partorire, il parto è avvenuto, ma il bimbo è nato morto. Il 9 luglio del 2013 una coppia di San Cataldo, dopo essere stata visita presso il reparto di ostetricia dell’Ospedale Umberto I è stata rimandata a casa. L’indomani la donna ha avuto le doglie, il marito l’ha messa in macchina ed ha avvertito il 118, che lo ha incontrato verso Capodarso, dove c’è stata l’assistenza medica, ma anche in questo caso il bambino è nato morto.
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