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Centuripe: tre arresti, banda di catanesi tenta furto di rame

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furto trasformatore enelNella nottata di oggi 13 settembre 2014, tre uomini della provincia di Catania, Bellissimo Giuseppe, Bonsignore Domenico entrambi classe 1988 di Santa Maria di Licodia (CT), Cancellieri Filippo, classe 1984 di Biancavilla (CT) sono stati tratti in arresto in flagranza di reato da personale della Compagnia Carabinieri di Nicosia in quanto ritenuti responsabili di furto aggravato in concorso. Nella circostanza i Carabinieri della Stazione di Centuripe, allertati telefonicamente da un cittadino della presenza di un’autovettura abbandonata in Contrada Mandarano del Comune di Centuripe si recavano sul posto per verificare la segnalazione. Una volta giunti notavano un furgone, poi risultato essere di proprietà di uno degli arrestati, parcheggiato nascosto tra le piante e con il motore ancora caldo. I militari non vedendo nessuna persona nei pressi del mezzo, insospettiti, hanno deciso di nascondersi tra la vegetazione in attesa dell’arrivo degli occupanti del mezzo.

Bellissimo Giuseppe

Bellissimo Giuseppe

Dopo qualche minuto, in maniera silenziosa, giungevano i tre soggetti con in mano gli attrezzi utilizzati per compiere il furto e pertanto immediatamente bloccati. Nel corso del sopralluogo effettuato dagli investigatori sono stati rinvenuti, nascosti tra la vegetazione, ulteriori arnesi utili allo scasso (tenaglie, giraviti e seghetti) nonché il provento dell’attività delittuosa consistente in tre bobine in filo di rame, una matassa di filo conduttore di rame da 100 metri e un intero trasformatore ad alta tensione.

Bonsignore Domenico

Bonsignore Domenico

Il peso compressivo del rame asportato era di circa 90 kg. Le indagini successive hanno consentito di accertare che i tre catanesi si erano introdotti poco prima presso una centrale di distribuzione di energia elettrica di proprietà del Consorzio “Mandarano Alto” di Biancavilla (CT) e dopo aver distrutto totalmente la centrale, recuperavano tutto il rame presente. I componenti della banda, risultati già noti ai Carabinieri in quanto pregiudicati per reati specifici, sono stati tradotti presso le camere di sicurezza del Comando Provinciale dei Carabinieri di Enna in attesa del rito direttissimo come disposto dal magistrato di turno della Procura della Repubblica di Enna.

Cancellieri Filippo

Cancellieri Filippo

Il fenomeno del furto di rame è diventato da tempo un vera piaga a livello nazionale, soprattutto in Sicilia dove proprio nel mese di luglio in Prefettura ad Agrigento si era svolto un vertice alla presenza del ministro dell’Interno Angelino Alfano in cui sono state adottate misure per debellare il fenomeno che ha assunto ormai i connotati dell’emergenza appunto in tutta la Sicilia, Regione nella quale si verificano in media 6,3 furti al giorno con danni per milioni di euro sia per l’Enel e la Telecom ma anche per decine di aziende agricole.

Nella corrente mattinata presso il Tribunale di Enna (giudice Dottoressa Maira Alessandra) si è svolto il giudizio direttissimo nei confronti dei tre arrestati per furto di rame, in particolare:
Bellissimo Giuseppe, è stata rigettata la richiesta di patteggiamento ed emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere e tradotto presso la casa circondariale di Enna; rinviata la discussione.
Bonsignore Domenico e Calcelliere Filippo a seguito di patteggiamento entrambi condannati a 1 anno e 8 mesi pena da scontare in regime di detenzione domiciliare pertanto condotti presso la propria abitazione.


Procura di Enna apre inchiesta su gestione Ato Rifiuti

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ato_rifiuti ennaEnna. Non si è fatto attendere molto il Procuratore della Repubblica, Calogero Ferrotti, nella vicenda dell’Ato Rifiuti, il quale, ieri mattina, è intervenuto con fermezza in base alla relazione che è stata fatta dall’attuale Collegio di liquidazione (Di Mauro –Ginevra) sulla pesante gestione del Collegio di liquidazione, che ha operato in precedenza (Interlicchia –Sutera) e dove pare che si siano ravvisate azioni di responsabilità per danno all’Ato Rifiuti EnnaEuno, dove si sono riscontrati danni erariali allo stato attuale di 600 mila euro. Ma pare l’entità del danno non si ferma qui perché i danni continuano a salire man mano che si fanno gli accertamenti e si parla di una cifra di 15 milioni di euro oltre ad altre irregolarità anche nella nomina a presidente del collegio di Giovanni Interlicchia, ritenuta irregolare. Il dottor Ferrotti ha assegnato l’incarico al Sostituto Procuratore Augusto Rio per vedere se, in questa vicenda, esistono, ipotesi di reato. C’è da premettere che la Procura della Repubblica di Enna, oltre a quella di Caltanissetta e Catania, hanno già ricevuto la relazione del Collegio di liquidazione e ci sono anche altri documenti che riguardano la precedente commissione, specie quei documenti dove si ravvedono delle irregolarità, mentre così come era stato comunicato tutto questo è stato inviato alla Corte dei Conti di Palermo e alla Guardia di Finanza. E’ stato evidenziato che c’è stata l’emissione di fatture deliberate in modo irregolare per l’assenza del Collegio sindacale che non venivano inviate ai comuni ma venivano però contabilizzate. C’è anche da sottolineare che i sindaci dei comuni dell’ennese hanno ricevuto da qualche giorno una seconda relazione da parte dei dottori Di Mauro e Ginevra dove addirittura si parla di un danno erariale di circa 15 milioni e di debiti che assommano a più di duecento milioni di euro. Nella sostanza la situazione si complica e l’intervento della Procura della Repubblica sicuramente porterà delle conseguenze pesanti nei confronti anche dell’Ato Rifiuti perché qui si stanno studiando le carte per vedere se ci sono ipotesi di reato e chi queste ipotesi le ha commesse, andando a spulciare sull’Ato Rifiuti ennese anche in periodi precedenti rispetto ad Interlicchia e Sutera.




Riprendiamo e pubblichiamo dal quotidiano La Sicilia

Regalbuto. Dato alle fiamme durante la notte l’immobile destinato ad accoglienza migranti

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regalbuto panorama foto raisiDato alle fiamme durante la notte l’immobile destinato a centro di accoglienza per migranti che avrebbe dovuto aprire a Regalbuto. Le fiamme hanno interessato il primo piano della “ex Asl” dove erano già stati trasportati alcuni arredi. Sul posto sono intervenuti i carabinieri ed i vigili del fuoco. Un gesto molto grave, segno di una tensione che cresce da giorni nella cittadina del lago Pozzillo. A Regalbuto da pochi mesi opera già il centro di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo, che ospita una quarantina di migranti. Dopo le iniziali tensioni il centro è stato accettato dalla cittadinanza e i migranti sono relativamente inseriti. Nei giorni scorsi però la protesta era montata per la paventata apertura di un centro di accoglienza gestito da privati a Regalbuto in Piazza San Vito nei locali privati sede della ex Asl. Lo stesso sindaco Francesco Bivona fautore dell’apertura del cento per richiedenti asilo aveva segnalato al Prefetto di Enna le tensioni tra i cittadini allarmati dalle notizie sui privati che l’avevano affittato la struttura per attivare un centro di accoglienza con 100 posti sui 600 previsti in tutto l’Ennese.
Nella notte l’incendio doloso appiccato con benzina della quale sarebbero state trovate tracce.
In serata si riunirà un Consiglio comunale straordinario, richiesto dal gruppo consiliare “Uniti per Regalbuto” che ha raccolto oltre mille firme.
Il Sindaco Bivona, attualmente è assente.

Dalla Prefettura di Enna la seguente nota stampa di precisazione: Con riferimento alle notizie del primo cittadino di Regalbuto secondo il quale non ci sono condizioni di sicurezza “L’emergenza umanitaria derivante dai massicci sbarchi sulle coste della Sicilia ha determinato – già dall’ottobre dell’anno scorso – la necessità di individuare strutture temporanee di accoglienza anche sul territorio della provincia di Enna.
A tale scopo, questa Prefettura ha provveduto – all’esito di una rapida consultazione del territorio effettuata per il tramite dei Sindaci dei Comuni della Provincia – ad individuare delle idonee strutture operanti nel pubblico o nel privato sociale per la temporanea accoglienza. Successivamente, per garantire una maggiore apertura al mercato – data l’esigua presenza di strutture pubbliche – si è provveduto all’indizione dal 28 luglio scorso di una nuova gara rivolta indistintamente ad enti pubblici, privati e del privato sociale. Tutte le amministrazioni locali sono state, pertanto, coinvolte nella ricerca di tali strutture (7 strutture pubbliche o del privato sociale e 3 private) presso le quali 410 cittadini stranieri sono accolti grazie all’impiego di risorse appositamente stanziate soltanto dall’Unione Europea e dallo Stato italiano. Non può, pertanto, condividersi l’affermazione secondo cui il Ministero dell’Interno darebbe indirizzo alle Prefetture “per la gestione di un problema così delicato affidandolo ai privati, che fanno business” “senza coinvolgere i comuni”. Di contro, non può sottacersi che la presenza dei cittadini stranieri richiedenti asilo abbia determinato positive ricadute in termini occupazionali (nuove assunzioni di operatori nel settore della mediazione culturale e dell’assistenza) ed economici (incremento di richieste ai fornitori delle diverse strutture) per le imprese operanti sul territorio della provincia. A ciò si aggiunga, per quanto attiene alle preoccupazioni sulle condizioni di sicurezza delle strutture, che l’individuazione delle stesse avviene all’esito di una verifica specifica che viene svolta da questa Prefettura avvalendosi di apposita commissione.
A tali fini si ritiene pertanto utile la preannunziata attività di verifica predisposta dall’Amministrazione comunale di Regalbuto. Infine, con riguardo alle preoccupazioni in termini di sicurezza ed ordine pubblico – sottoposti per competenza alle valutazioni della Prefettura di Enna – viene evidenziato che, ad oggi, risulta che i cittadini stranieri accolti non si siano resi responsabili di particolari atti criminali ma, al contrario, molti di essi – grazie alla professionalità dei diversi operatori dei centri nonché allo spirito di profonda collaborazione ed al senso ospitalità dei cittadini dei Comuni di Enna, Piazza Armerina, Aidone e Regalbuto – risultano in fase di graduale integrazione nelle rispettive comunità senza determinare alcuna tensione sociale.

Prodotti contraffatti: doppio sequestro della GdF a Leonforte e Piazza Armerina

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sequestro Tenenza Piazza ArmerinaProsegue senza soste il programma di interventi disposti dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Enna in attuazione delle direttive, emanate ad inizio estate dal Ministero dell’Interno, con le quali è stato disposto un rafforzamento delle misure a contrasto della contraffazione dei marchi commerciali, in funzione di tutela dei prodotti nazionali e del mercato legale.

I mercati settimanali e le fiere che si accompagnano ad eventi particolari, costituiscono punti particolarmente sensibili per lo sbocco della filiera illegale dedita alla contraffazione dei prodotti e dei marchi commerciali.

La difficile fase congiunturale che sta attraversando il Paese, che si ripercuote negativamente anche sulle vendite e sui consumi, ha accresciuto l’azione di tutela dei propri marchi da parte delle aziende leader nella produzione di articoli qualità.

sequestro Compagnia EnnaPer una maggiore salvaguardia del mercato legale, sono stati aperti nuovi canali di comunicazione tra le forze di polizia e le aziende più colpite dalla pirateria commerciale; rapporti di collaborazione che favoriscono le modalità di individuazione e certificazione della merce contraffatta.

Questa volta ad essere prese di mira sono stati due grossi nomi internazionali nel campo degli articoli sportivi e della pelletteria di lusso.

Decine di paia di scarpe, del valore di diverse migliaia di euro, esposte per la vendita, sono state sequestrate dai militari della Tenenza di Piazza Armerina, in occasione della fiera di settembre, mentre i colleghi del Nucleo Mobile della Compagnia di Enna, operavano in circostanze analoghe per la merce esposta su un banco di vendita del mercato settimanale di Leonforte.

I due ambulanti, oltre a soffrire il sequestro della merce contraffatta, sono stati segnalati all’A.G. per rispondere delle ipotesi di reato di ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi.

Ato EnnaEuno. I liquidatori individuano un 2° danno da 15 milioni di euro

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autocompattatori rifiutiIl Collegio di liquidazione dell’Ato Ennaeuno propone ai soci di promuovere una seconda azione di responsabilità nei confronti di coloro che sono responsabili delle procedure adottate nel trasferimento del personale da Sicilia Ambiente ad Ennaeuno. Una azione di responsabilità ceh questa volta è “a sei zeri”, per un danno che i liquidatori quantificano in 15 milioni di euro. Le presunte irregolarità sono emerse durante il monitoraggio necessario a garantire la legalità nel passaggio dall’Ato alla Srr. Una analisi che ha reso necessaria la valutazione delle schede di ogni singolo dipendente. Il collegio di liquidazione nella relazione ai soci, cioè i Comuni ennesi, sottolinea che è stata effettuata una ricostruzione cronologica di quanto accaduto a partire dal 2006. Nell’ottobre del 2006 l’assemblea dei soci aveva deliberato l’affidamento del servizio di igiene ambientale a Sicilia Ambiente, per un corrispettivo di 20 milioni di euro ai quali si aggiunsero gli oneri per il funzionamento dell’Ato. L’affidamento “in house” a Sicilia Ambiente venne deciso perché ritenuto più conveniente rispetto ad una gara d’appalto. Nel gennaio del 2007 venne sottoscritta la convenzione tra Ato e Sicilia Ambiente. La scelta dell’affidamento diretto era finita anche dinanzi al tribunale amministrativo che lo ritenne non legittimo per la presenza di un ente provato quale è l’Unione delle province siciliane. La sentenza venne impugnata in Cassazione che nel 2011 ha dichiarato il ricorso dell’Ato inammissibile. Una sentenza che tuttavia non ha prodotto alcun effetto, dal momento che nel dicembre 2010 sulla base della legge regionale a svolgere il servizio deve essere l’Ato. L’assemblea dei soci il 31 dicembre del 2010 delibera per la continuazione un capo a Sicilia Ambiente fino al 31 gennaio 2011 sulla base di una disposizione commissariale. Prima della scadenza è l’assemblea dei soci a dare mandato al collegio di liquidazione, di acquisire il personale di Sicilia Ambiente con riferimento ai costi deliberati per il 2010 dai consigli comunali. A quel punto il collegio di liquidazione decide che, in attesa della costituzione della Srr e del piano di riorganizzazione, il personale di Sicilia Ambiente verrà utilizzato dall’Ato nella forma del comando il 15 luglio 2011 l’assemblea dei sindaci delibera di trasferire definitivamente tutto il personale di Sicilia Ambiente. Il trasferimento con cessione di contratto ebbe poi decorrenza dal primo gennaio 2013, con atti non autorizzati dall’assemblea dei sindaci che diffidarono l’Ato chiedendone l’annullamento. Una situazione che ha determinato anche contenzioni e procedimenti come quello intentato dal Comune di Troina e quello intentato da 95 ex Sicilia Ambiente nei confronti dell’Ato. Nella relazione dei liquidatori si sottolinea che sulle assunzioni la Guardia di finanza e il Dipartimento regionale acque e rifiuti ha richiesto tutto il carteggio. Secondo il Collegio sarebbero stati violati tutti i vincoli di legge sulle assunzioni da parte degli Ato e comunque trattandosi di una società in liquidazione non poteva compiere le assunzione perché si tratta di gestione straordinaria. Inoltre manca il Piano industriale approvato dall’assemblea dei soci che avrebbe dovuto dare la copertura economica. Per i liquidatori che hanno stilato la relazione in realtà la cessione dei contratti è stata utilizzata per eludere la norma che vieta le assunzioni e comunque manca tra Ato e Sicilia Ambiente un contratto che possa giustificare la cessione del personale. Il Collegio, ricordando ai sindaci che compongono l’assemblea dei soci, che la mancata azione per danni nei confronti di coloro che li hanno causati comporta responsabilità di chi ha omesso o trascurato di esercitarla, conclude che il danno quantificato per le assunzioni illegittime e per le azioni legali che ne sono conseguite ammonta a 15 milioni di euro, salvo diversi accertamenti da parte delle autorità competenti alla quali è stata trasmessa la copia della relazione.


Riprendiamo e pubblichiamo dal quotidiano La Sicilia


 

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Catenanuova. Droga ed estorsioni, giudizio immediato per gli indagati di “Go kart”

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180214 enna go kart (30)Catenanuova. Disposto il giudizio immediato per una cinquantina di indagati coinvolti nell’operazione antimafia Go Kart dello scorso febbraio. Le difese degli imputati che hanno ricevuto la notifica hanno chiesto i termini per avanzare richieste di eventuali patteggiamenti o di processo con rito abbreviato. L’inchiesta molto complessa condotta dai carabinieri del comando provinciale di Enna e della compagnia di Nicosia, coordinata dalla Dda nissena ha ricostruito 2 anni di attività criminali di due gruppi diversi, che operavano in città diverse, per controllare il territorio e stringerlo nella morsa della criminalità organizzata, inondando le piazze di droga, estorcendo denaro alle imprese, a commercianti ed esercenti. A Catenanuova a partire dal 2009 il controllo sarebbe stato esercitato da Filippo Passalacqua e dal clan Cappello, operativo anche dopo l’arresto di Passalacqua, e che controlla le estorsioni puntando anche al più redditizio traffico di stupefacenti che avrebbe avuto come referenti Salvatore Tirendi ed i figli, mentre Salvatore Venia è accusato di essere l’incaricato di gestire le estorsioni è solo un modo per controllare il territorio. Nel racket delle estorsioni il gruppo è accusato di alcuni gravi atti intimidatori. L’altro gruppo sarebbe stato operativo a Regalbuto con Antonino e Sebastiano Arcodia e Silvestri Schillaci. Un secondo gruppo avrebbe operato attivamente su regalbuto sia con il traffico di stupefacenti, sia con le estorsioni. Tra gli indagati ci sono anche numerosi catanesi che sarebbero stati i fornitori di stupefacenti che venivano poi rivenduti nell’Ennese.

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Enna. Indagato titolare di un Centro Assistenza Agricola che avrebbe favorito Seminara

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Salvatore-SEMINARAIl titolare di Centro di Assistenza Agricola della provincia ennese, F.L., difeso dall’avvocato Antonio Impellizzeri, è indagato per avere aiutato Turi Seminara (nella foto), ritenuto il responsabile provinciale della famiglia di Cosa Nostra, e la moglie Maria Concetta Sciarpa, a commettere una consistente truffa nei confronti della Comunità Europea, ricevendo sostanziosi contributi. Ne è convinta la Procura di Caltagirone, che sta allestendo il processo per truffa nei confronti di Seminara, difeso da Silvano Domina e Francesco Maglione, e ritiene che F.L. lo abbia aiutato concretamene. F.L. è incensurato ed è indagato a piede libero, ma su di lui pende una richiesta di rinvio a giudizio con l’accusa di concorso in truffa. Il prossimo 11 dicembre presso il Tribunale di Caltagirone ci sarà l’udienza preliminare di fronte al Gup Salvatore Acquilino. Nei confronti di F.L. c’è un solo capo d’imputazione, contestato dalla Procura calatina “il concorso formale nel reato di truffa”, perché, in qualità di titolare di un Centro Assistenza Agricola avrebbe “agevolato, istigato e determinato” Seminara e la moglie a commettere alcune truffe. Il nucleo investigativo del comando provinciale, diretto dal capitano Michele Cannizzaro è stato quello che ha svolto accurate indagini in questo senso ed hanno accertato che Seminara e la moglie avrebbero percepito indebitamente dall’Agea contributi per oltre 250 mila euro, nel corso di un paio d’anni. Seminara. Ovviamente tutto questo non ha niente a che fare con le accuse della Dda di Caltanissetta a Turi Seminara, quando per una serie di circostanze a lui favorevole, si presume diventato responsabile provinciale di Cosa Nostra, coordinando le operazioni di pizzo ed estorsioni nei confronti di imprenditori e commercianti. Turi Seminara dovrà subire un processo in appello ed attualmente si trova a piede libero, dopo che la Cassazione ha annullato la condanna a 8 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso. Ma questa, come detto, è tutta un’altra storia. La vicenda sui contributi agricoli nasce dall’indagine dei Carabinieri ennesi che hanno scoperto che molti terreni della sua azienda agricola “Grande Feudo” che si trova in territorio di Caltagirone, aveva accorpato parecchi terreni che dichiarava di aver preso in affitto, da qui i contributi dell’Agea, ma, invece i contratti di locazione sottoscritti per la maggior parte erano falsi e le firme erano di persone ignare di tutto. Ma anche in questo caso sembrerebbe che ci sia anche l’assistenza in tutte le pratiche della famiglia Seminara, di F.L. e del suo centro assistenza agricola.




Riprendiamo e pubblichiamo dal quotidiano La Sicilia

Codici e Obiettivo Legalità ammesse parte civile nel processo “Homo novus” contro il clan Fiorenza di Leonforte

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tribunale_aulaRacket: Codici e Obiettivo Legalità ammesse come parte civile nel processo “Homo novus”contro il clan Fiorenza di Leonforte. Gli otto imputati del clan Fiorenza verranno processati per il reato di estorsione aggravata dal “metodo mafioso”.

“Apprendiamo con soddisfazione – affermano Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici, e Manfredi Zammataro, Segretario Regionale – la decisione del Gup del Tribunale di Caltanissetta di ammettere come parte civile la nostra associazione dei consumatori insieme all’associazione Obiettivo Legalità nell’ambito del processo “Homo novus”.

Il Giudice, il dottor Testaquatra, nell’udienza di ieri ha infatti rinviato a giudizio 8 soggetti appartenenti al clan di Fiorenza di Leonforte, imputati per il reato di racket, associazione a delinquere di stampo mafioso, tentativi di estorsioni a imprenditori e commercianti ed un furto a seguito di tentativo di estorsione. Al momento dell’arresto, le attività estorsive erano in corso e le vittime erano sottoposte ad intimidazioni.

Tutti i reati sono inoltre aggravati dall’essere stati compiuti con il “metodo mafioso” e per favorire l’attività di “Cosa Nostra”.

Per l’ennesima volta CODICI insieme ad Obiettivo Legalità – dichiarano Giacomelli e Zammataro – si sono dimostrate essere in prima fila nella difesa delle vittime e contro ogni mafia”.


Valguarnera. Bliz dei Carabinieri e dei Vigili urbani presso l’autoparco di EnnaEuno

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Valguarnera sindaco e spazzaturaValguarnera. Bliz dei Carabinieri e dei Vigili urbani del luogo, comandati rispettivamente da Nicola Lo Moro e Franco Villareale, presso l’autoparco della società d’ambito EnnaEuno Spa, sito in contrada sottoconvento, proprio dietro il cimitero comunale. Le forze dell’ordine coordinate tra loro, hanno colto di sorpresa il personale presente, dedito in quel momento al lavoro quotidiano. Il controllo, scaturito a seguito di segnalazioni, è stato mirato a certificare la regolarità edilizia degli immobili ivi esistenti ed inoltre a verificare le condizioni igienico-sanitarie dei due container adiacenti che ospitano gli operai ed impiegati della società, circa una decina. Sono ancora in corso di accertamento da parte delle forze dell’ordine coadiuvate dal personale dell’ufficio tecnico comunale, se gli immobili esistenti nell’area sono stati realizzati con le prescritte norme edilizie e le varie autorizzazioni occorrenti. Al vaglio degli inquirenti e dell’ufficio tecnico comunale, in particolare, i due container che ospitano i dipendenti della società Ato rifiuti, compresi i servizi igienici. Oltre agli immobili e ai due container, sotto la lente di ingrandimento pure l’intera area adibita al parcheggio dei mezzi, presa in affitto dalla società d’ambito da un privato oltre un anno fa, nonché gli stessi mezzi, un auto compattatore e due furgoni, con particolare riferimento alla regolarità assicurativa e dei bolli auto. Sia l’ufficio tecnico che le forze dell’ordine non si sono voluti esprimere sugli esiti del sopraluogo, ma pare siano state riscontrate delle irregolarità. In corso ancora altri accertamenti.
I carabinieri del luogo, tra l’altro, hanno effettuato nei giorni scorsi alcuni controlli mirati alla circolazione stradale, elevando numerose contravvenzioni e contestando delle infrazioni al codice della strada. Nella fattispecie, hanno fatto rimuovere oltre una decina di furgoni e autovetture vetuste e abbandonate sulla strada da tempo, prive di targa ed assicurazione auto. Mezzi che sono stati prima sequestrati e successivamente disposti per la demolizione. Ai proprietari sono stati elevati verbali di contestazione per infrazione al codice stradale.

Rino Caltagirone

Pietraperzia: Carabinieri salvano ventottenne di Piazza Armerina

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200° anniversario CarabinieriI Carabinieri della Stazione di Pietraperzia, comandata dal Maresciallo Capo Castrovilli Giuseppe e dipendenti dalla Compagnia Carabinieri di Piazza Armerina, continuano la loro costante attività di controllo del difficile territorio, dove l’Arma è l’unico presidio della Forze dell’Ordine.
Ieri, alle ore 21 circa, una pattuglia nel corso del regolare servizio, transitando lungo la SS 640 – raccordo Pietraperzia – Caltanissetta, al km 10 + 500, ha notato la presenza di soggetto di sesso maschile steso prono lungo la carreggiata in direzione opposta al loro senso di marcia.
I due Carabinieri, esaminata la pericolosità della strada, uno scorrimento rettilineo e senza illuminazione, ove qualsivoglia autovettura in quel senso di marcia avrebbe potuto investire l’uomo e cagionarne la morte, fermavano l’autovettura di servizio per prestare le necessarie cure del caso all’uomo che, privo di coscienza, veniva identificato in un ventottenne di Piazza Armerina. L’uomo, in stato di totale incoscienza, riverso per terra, prono, sembrava svenuto. Giova precisare che non era presente in loco alcun mezzo di locomozione in uso allo stesso.
Considerate le condizioni dell’uomo, i militari contattavano repentinamente il “118” consentendo in questo modo all’uomo di poter ricevere tempestivamente le cure necessarie per non arrecare ulteriori complicanze. Una volta giunto sul posto il personale medico, a bordo di autoambulanza, i due proponendi decidevano di seguire le sorti del malcapitato presso l’ospedale “Umberto I” di Enna.
Dai primi accertamenti eseguiti, i sanitari dell’ospedale ennese riferivano che l’uomo era affetto da forte crisi respiratoria conseguente a fenomeni convulsivi di natura epilettica e veniva ricoverato presso il Reparto di Neurologia.
Il giorno successivo, data odierna, il giovane piazzese, veniva ricoverato in T.S.O. a seguito del forte stato d’agitazione psicomotoria con atti di autolesionesimo e di etero aggressività avuti nel corso della notte presso la struttura ospedaliera ove era rimasto sotto osservazione.
I due Carabinieri operanti hanno dimostrato una particolare prontezza di riflessi, una coraggiosa determinazione ed un forte senso civico e del dovere evidenziato, qualità proprie del Carabiniere al servizio della gente.

Tre condanne definitive responsabili di rapina e di pestaggio nei confronti di un anziano di Assoro

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anziano-picchiatoI giudici di Cassazione hanno reso definitiva la condanna nei confronti di due fratelli di Villarosa Andrea Salvatore e Alberto Paternò, rispettivamente di 38 e 27 anni, e di Daniela C, di 25 anni di Piazza Armerina in quanto si sono resi responsabili di rapina e di pestaggio nei confronti di un anziano di Assoro. Tutti e tre sono stati condannati a sei anni di reclusione. Nel 2010 un anziano di 90 anni si trovava in casa con la giovane prostituta, la quale aprì la porta di casa e fece entrare i due fratelli, i quali legarono l’anziano ad una sedia, lo picchiarono selvaggiamente tanto da rompergli il naso ed una gamba. Dopo la rapina i due fratelli, travisati scapparono, e l’anziano fu trasportato all’ospedale dove lo medicarono ed ebbe una prognosi di 30 giorni. La condanna di primo grado era stata emessa dal Gup di Nicosia Marco Carbone, poi era stata confermata dalla Corte d’appello di Caltanissetta, presieduta da Letterio Aloisi, ora arrivata la sentenza della Corte di Cassazione che ha respinto i ricorsi che erano presentati dagli avvocati dei tre condannati, i penalisti Mauro Lombardo e Gabriele Cantaro. In aula, il procuratore generale della Cassazione aveva detto ai giudici della Corte di Cassazione di dichiarare inammissibile il ricorso, ma i giudici lo hanno ritenuto invece ammissibile, pur respingendolo nel merito. Le condanne sono passate in giudicato. I fratelli Paternò per questa vicenda furono arrestati nell’agosto del 2011, nel corso di un’operazione condotta dai carabinieri della compagnia di Enna, diretti allora dal capitano Luca Ciabocco, mentre alla giovane prostituta furono concessi gli arresti domiciliari. La individuazione dei tre è stata possibile, grazie all’indagine accurata dei carabinieri della stazione di Assoro, i quali avevano scoperto alcune persone che avrebbero visto la piazzese il giorno della rapina assieme a uno dei fratelli Paternò, inoltre il resto è arrivato come le tracce dei telefonini, a nulla sono valse le giustificazioni dei due fratelli. L’anziano è stato scuramente coraggioso, non si era perso d’animo, riuscì a liberarsi e a raggiungere il telefono, chiamando i carabinieri.




Riprendiamo e pubblichiamo dal quotidiano La Sicilia

Piazza Armerina. Scontro tra auto, perdono la vita marito e moglie

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incidentePiazza Armerina. Tragico incidente questa mattina alle prime luci del giorno alle porte di Piazza Armerina, sulla Strada Statale 117 bis Gela–Catania, dove hanno perso la vita i coniugi Rosario Votadoro e Maria Reale, rispettivamente di 64 e 61 anni. La dinamica sarà accertata dalle forze dell’ordine ma pare che l’auto dei coniugi con a bordo i figli, si è scontrata frontalmente con una Renault Clio sulla quale viaggiavano dei giovani gelesi.
Nel tragico impatto sono rimasti feriti i tre figli della coppia e due gelesi occupanti dell’altra auto.

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Unione Fori. Per salvare la Corte d’appello nissena serve il tribunale a Nicosia

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Francesco Marullo e Giuseppe Agozzino

Francesco Marullo e Giuseppe Agozzino

Non sono buone le notizie che emergono della riunione del direttivo regionale dell’Unione Fori siciliani che si è tenuta ieri mattina a Palazzo Moncada a Caltanissetta. Un direttivo che ha affrontato la questione della soppressione delle Corto d’appello che il Governo intende avviare nell’ambito del “secondo step” della riforma della geografia giudiziaria, che ha portato già alla soppressione di tribunali, sezioni distaccate ed uffici dei giudici di pace. La riforma delle Corti d’appello che il ministro Orlando potrebbe esitare già a fine ottobre e che prevede la chiusura di due Corti in Sicilia: Caltanissetta e Messina. Notizie che preoccupano e confermano l’indirizzo del Governo. Contro la chiusura della Corte nissena, della quale ormai si parla dallo scorso dicembre, si sta muovendo un fonte compatto e il sindaco di Caltanissetta Ruvolo ha garantito che l’amministrazione è già in prima fila con tutte le necessarie iniziative a difesa della Corte. Chiudere Caltanissetta significa perdere la Dda, Direzione distrettuale antimafia e la Dia, la Direzione investigativa antimafia, in una terra che con la mafia fa da sempre i conti. Al direttivo al quale hanno partecipato i rappresentati di tutti i Foi siciliani erano presenti gli assessori di Caltanissetta Marina Castiglione e Boris Pastorello che hanno chiesto all’avvocato Giuseppe Agozzino di Nicosia, componente del direttivo  dell’Unione forense ed al presidente del Mdt Fabio Bruno, autori del progetto del Tribunale di montagna con sede a Nicosia, una copia sintetica della proposta che l’amministrazione nissena intende fare propria. Il tribunale di Nicosia diventa, in una situazione difficilissima, la chiave, forse l’unica, per sperare nel mantenimento della Corte d’appello che potrebbe salvarsi solo con un distretto giudiziario più ampio dell’attuale. Il tribunale di montagna prevede la riapertura di quello di Nicosia con un circondario di oltre 100 mila abitanti, più ampio di quello precedente, con Comuni del Messinese che farebbero capo a Nicosia come tribunale ed a Caltanissetta come Corte d’appello. Una ipotesi che potrebbe essere l’ancora di salvezza della Corte nissena che avrebbe 4 tribunali, Caltanissetta, Gela, Nicosia ed Enna e circa 40 mila abitanti in più rispetto ad oggi. Tra l’altro è già entrato nel distretto nisseno il Comune di Niscemi, che prima faceva capo a Palermo e anche Canicattì, sta pressando per essere inserito con Caltanissetta piuttosto che con l’attuale tribunale di Agrigento e la Corte di Palermo. L’amministrazione comunale di Caltanissetta intende esaminare e discutere in giunta la proposta del tribunale di Montagna, quindi avviare una serie di inziative tra le quali, la formazione di una delegazione per incontrare il ministro delle Giustizia Orlando e se necessario anche il presidente del Consiglio Renzi. L’Unione Fori dal canto suo difenderà tutte le Corti siciliane, come ribadito dal presidente Francesco Marullo di Condojanni, tanto più che il consigliere nazionale forense Fabio Florio ha riferito dopo un colloquio con esponenti del ministero della Giustizia, che l’intenzione del capo del Governo Renzi è lasciare in Sicilia solo 2 corti d’appello e, addirittura di trasformare Catania in una sezione staccata dell’unica corte che sarebbe Palermo. Scenari che atterriscono, per quello che si profilerebbe nel servizio giustizia per tutti i siciliani. Il direttivo dell’Unione fori da deliberato di trasmettere il documento finale ai prefetti ed ai questori dei distretti giudiziari, segnalando come la chiusura della Corti e conseguentemente delle Dda e delle Dia, implicherebbe una diminuzione della protezione del territorio. Dal direttivo è emersa una conferma: il tribunale di Nicosia è determinate per il mantenimento della Corte nissena.

Pubblicata su La Sicilia edizione Enna, del 21 settembre 2014

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Accesso ispettivo presso l’Azienda Silvo Pastorale di Troina

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silvo pastorale TroinaSu delega del Ministro dell’Interno, il Prefetto di Enna, Fernando Guida, ha disposto un accesso ispettivo presso l’Azienda Silvo Pastorale di Troina al fine di compiere accertamenti ed approfondimenti mirati allo scopo di verificare se emergano forme di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso o similare che determinano o abbiano determinato un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli Organi amministrativi e che compromettano il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione.
L’accesso verrà effettuato da una Commissione appositamente nominata, presieduta dal Viceprefetto Vicario dr.ssa Tania Giallongo e composta dal Dr. Enzo Lo Fermo e dal Dr. Giovanni Cuciti.
L’accesso ispettivo dovrà essere perfezionato entro tre mesi prorogabili di ulteriori tre qualora necessario.

Terremoto nei monti Nebrodi Ml 2.2 alle ore 12:51

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terremoto nebrodiUn terremoto di magnitudo (Ml) 2.2 è avvenuto alle ore 12:51:43 italiane del giorno 22/Set/2014 (10:51:43 22/Set/2014 – UTC).
Il terremoto è stato localizzato dalla Rete Sismica Nazionale dell’INGV nel distretto sismico: Monti_Nebrodi.
Event-ID 4004229691
Magnitudo(Ml) 2.2
Data-Ora 22/09/2014 alle 12:51:43 (italiane)
22/09/2014 alle 10:51:43 (UTC)
Coordinate 37.8342°N, 14.4875°E
Profondità 31.2 km
Distretto sismico Monti_Nebrodi

Comuni entro i 10Km
CAPIZZI (ME)
CERAMI (EN)
Comuni tra 10 e 20km
CARONIA (ME)
CASTEL DI LUCIO (ME)
MISTRETTA (ME)
REITANO (ME)
AGIRA (EN)
GAGLIANO CASTELFERRATO (EN)
NICOSIA (EN)
NISSORIA (EN)
SPERLINGA (EN)
TROINA (EN)


Ergastolo chiesto per Pietro Gargallo per il delitto Saitta, imprenditore di Barrafranca

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La legge è uguale per tuttiLa Procura Generale di Catania ha chiesto l’ergastolo per Pietro Gargallo, ritenuto essere l’assassino di Totò Saitta, l’imprenditore edile di Barrafranca, ritenuto il capo della famiglia di Cosa Nostra di Barrafranca, ucciso mentre stava uscendo dal suo ufficio nel 1992. Le dichiarazioni del nisseno Angelo Palermo, che ha smentito un collaboratore di giustizia, non hanno convinto nessuno dei giudici. Dopo l’annullamento del processo da parte della Cassazione al Tribunale di Catania si sta svolgendo il processo di appello bis e il Pg Maria Grazia Letta ha chiesto l’ergastolo per Gargallo e nel contempo ha dichiarato inattendibili le dichiarazioni di Palermo. Già in primo grado i giudici del tribunale di Caltanissetta avevano condannato all’ergastolo Gargallo, difeso dall’avvocato Antonio Impellizzeri, la cui arringa è prevista per il prossimo 20 ottobre, ma anche in questo giorno potrebbe arrivare la sentenza da parte della Corte, presieduta dal giudice Luigi Russo. Palermo non viene creduto e il pentito Ciro Vara ha dichiarato che è stato Palermo a raccontargli che ad uccidere Saitta era stato Pernagallo. Il delitto Saitta nasce per i contrasti che esistevano tra la famiglia di Barrafranca e quella di Pietraperzia ed a organizzare l’uccisione di Saitta era stato Borino Miccichè, capo della famiglia di Pietraperzia, che voleva eliminare il suo rivale, ed aveva chiesto l’aiuto della famiglia catanese. La missione fu eseguita ma poi anche Miccichè fu ucciso nella piazza centrale di Pietraperzia alla vigilia delle elezioni regionali. La sentenza era stata annullata dalla Cassazione perché se se un pentito racconta cose che hanno detto altri, bisogna anche che venga sentita la sua versione. Sulla base di queste considerazioni la sentenza di appello è stata annullata e quindi c’è stata la scarcerazione per decorrenza dei termini.




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Villarosa. Brucia le stoppie, ma si sente male e muore tra le fiamme 46enne

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sterpagle bruciateVillarosa. Tragedia nelle campagne di Villarosa  dove un uomo è arso vivo tra le fiamme appiccate per bruciare le stoppie. La vittima si chiamava Armando Miuccio, 46 anni, originario di Villarosa ma da anni residente a Milano dove si era trasferito per motivi di lavoro.

L’uomo, in ferie a Villarosa, questa mattina si era recato in campagna insieme al fratello che si era comunque allontanato dopo avere lasciato il congiunto. Sembra che a trovarlo carbonizzato quando era andato a prenderlo, sia stato proprio il fratello. Sul posto sono intervenuti i carabinieri.

Ignote la cause del grave incidente, ma non si esclude che Miuccio sia stato colto da malore e sia poi stato raggiunto delle fiamme che aveva già appiccato. Non si esclude che a causare la perdita dei sensi sia stato il fumo sprigionatosi delle stoppie.animazione 5 - tutto beghelli

Pesante condanne per estorsione consumata ed aggravata nei confronti di un anziano di Piazza Armerina

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anziano-picchiatoPesanti condanne da parte dei giudici ennesi nei confronti di due persone, Alessandro Bonaffino, 65 anni di Piazza Armerina e Patrizia Lo Castro, 42 anni di Valguarnera in quanto sono stati ritenuti colpevoli di estorsione consumata, aggravata e continuata nei confronti di un pensionato, Gennaro Guida di 68 anni di Piazza Armerina. Il primo, difeso dall’avvocato Marco Dio Datola, a sei anni e sei mesi di reclusione, 7 mila euro, Patrizia Lo Castro a 6 anni e 5 mila euro di multa, interdizione dai pubblici per ambedue. La vicenda risale al 2010 quando Bonaffino, conosciuto dalla Polizia, aveva cercato di farsi dare l’intero importo della pensione di vecchiaia ed invalidità, che lo stesso aveva incassato circa 10 minuti prima presso il locale Ufficio Postale. Nella denuncia che Gennaro Guida aveva presentato agli agenti del commissariato armerino aveva dichiarato da circa due mesi, era vittima di continue minacce da parte di Bonaffino che pretendeva la corresponsione della somma di mille euro, quale “compenso” per dei favori inerenti la recente sistemazione dell’uomo a Piazza Armerina, per la ricerca della casa ed anche la presentazione di donne che lo avrebbero dovuto accudire. Poi gli avrebbe presentato Patrizia, con cui avrebbe avuto rapporti sessuali a pagamento da aprile ad agosto del 2010. La prostituzione sarebbe stata “agevolata”, secondo l’accusa di favoreggiamento, da Bonaffino. Per circa due mesi il Bonaffino, con insistenza e condotte minacciose, si presentava a casa della vittima in quattro o cinque occasioni, pretendendo sempre la somma di mille euro in caso contrario lo avrebbe “ammazzato di legnate con calci e pugni”, intimandogli contestualmente di non denunciare nulla alla Polizia in quanto, in tal caso, lo avrebbe “bruciato vivo”.
In altra occasione Bonaffino lo aveva colpito con alcuni schiaffi facendolo cadere a terra. Bonaffino, in questa storia, aveva cercato di ottenere dei soldi da parte di Gennaro Guida, addirittura seguendolo quando questi andava a ritirare la pensione presso l’ufficio postale, ma l’indagine degli agenti aveva scoperto le sue azioni estorsive ed è stato arrestato. Ora il processo si è concluso con pesanti condanne nei confronti di Bonaffino e Lo Castro.




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Ennese condannato per immigrazione clandestina

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Dr. Francesco Rio

Dr. Francesco Rio

Un ennese di 44 anni, Sebastiano Costa, è stato condannato dai giudici del Tribunale di Enna, a due anni e 9 mesi di reclusione e 60 mila euro di multa in quanto si è reso responsabile di avere elaborato delle documentazione false per consentire l’immigrazione clandestina di lavoratori nordafricani anche se poi non si è realizzato alcun ingresso clandestino. Il Tribunale di Enna però gli ha contestato la falsità ideologica e i tentativi di voler far entrare questi lavoratori solo che l’operazione è stata bloccata perché l’ufficio del lavoro controllando le documentazioni presentate, si è accorto che qualcosa non andava e tutto il carteggio è stato inviato alla Procura della Repubblica. Ad emettere la sentenza è stata è stato il collegio penale, presieduto dal giudice Giuseppe Tigano, giudici a latere Alessandra Maria Maira e Marco Minnella, il quale ha accolto in toto la richiesta fatta dal Pm Francesco Rio, mentre a Sebastiano Costa sono state concesse le attenuanti generiche. La segnalazione dell’ufficio del lavoro ha consentito al Pm Francesco Rio di delegare al pg della Guardia di Finanza in Procura le indagini su questa vicenda, che ha condotto l’inchiesta e sulle cinque richieste che aveva fatto Costa ha presentato le sue conclusioni al magistrato, che ha deciso l’azione penale. Il sostituto procuratore nella sua requisitoria ha chiesto la condanna a 2 anni e 9 mesi di reclusione, proposta che è stata accolta dai giudici del Tribunale ennese. Le cinque richieste di nulla osta per lavoro subordinato stagionale, erano corredate da una documentazione che non aveva niente di valido, perché contraffatta. Costa aveva presentato un contratto di affitto di un rustico, un modello unico e un modello per l’Iva e sulla base di questo aveva compiuto atti che doveva consentirgli di ottenere l’ingresso in Italia di cinque immigrati nordafricani, andando a violare le leggi di pubblica sicurezza.




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Depositate le motivazioni dell’assoluzione di Varelli e Giunta per l’omicidio Minacapilli

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omicidioEnna. Sono state depositate da parte della Corte di appello di Catania le motivazioni della sentenza che ha assolto Sebastiano Varelli, 79 anni di Enna, e Vincenzo Giunta,74 anni di Assoro, che venivano considerati mandante e basista nell’omicidio di Giovanni Minacapilli, il lavoratore forestale aidonese, ucciso il 24 gennaio del 1998, mentre si stava ritirando a casa. Pare che il delitto possa essere stato consumato su indicazioni di famiglie mafiose del catanese o del nisseno. Sono stati gli avvocati difensori Giovanni Palermo e Francesca Denaro per Varelli e Nino Grippaldi per Giunta ad esporre la tesi che il delitto possa essere stato organizzato da famiglie di Cosa Nostra fuori dalla provincia di Enna. Ad accusare i due è stato Angelo Leonardo, figlio di Gaetano, il capo della famiglia di Cosa Nostra di Enna, oggi collaboratore di giustizia, solo che le sue dichiarazioni d’accusa sono in contrasto con quelle di un altro pentito Maurizio Vinciguerra. In questa vicenda però c’è da valutare che potrebbe esserci un percorso alternativo, confortato dalle vicende che sono successe dopo. Non bisogna dimenticare che Giovanni Minacapilli fu ucciso in un agguato dove c’era due persone a sparare e che l’omicidio è collegato ad un altro quello di Giuseppe Mililli, amico di Minacapilli il quale, pochi giorni dopo, fu vittima della lupara bianca a Niscemi, su precisa indicazione di un gruppo di mafiosi nisseni e catanesi. Il processo si è celebrato a Catania su ordine della Cassazione, dopo che era stata annullata la condanna all’ergastolo che Varelli e Giunta avevano ricevuto in appello dai giudici di Caltanissetta, mentre in primo grado erano stati assolti, assoluzione che potrebbe diventare definitiva se non ci saranno ricorsi. Ovviamente avvocati difensori soddisfatti per il riconoscimento dell’innocenza da parte dei due imputati.



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