La revoca di costituzione di parte civile in un processo di usura da parte del comune di Piazza Armerina ha spinto la Procura della Repubblica ennese ad aprire un fascicolo su questa revoca. L’inchiesta, che viene seguita dal procuratore Calogero Ferrotti, ha avuto come atto quello di dare la delega alla squadra Mobile per delle indagini accurate su questa vicenda. Tutto nasce dall’interrogatorio di un piazzese, che ha fatto nascere dei sospetti possibili sulle irregolarità che si sono verificate. Sono stati sentiti dei testimoni e le indagini da parte della Polizia proseguono per l’accertamento della verità. Una volta ultimate le indagini la magistratura dovrà decidere se ci siano i presupposti per eventuali iscrizioni sul registro degli indagati; o se non ci sono ipotesi di reato, tutto verrebbe archiviato. Tutta la vicenda parte da un fatto di usura con presunta vittima un imprenditore armerino, le cui indagini sono state eseguite dalla Guardia di Finanza, dalla Squadra Mobile e dal Commissariato di Piazza Armerina. Le persone indagate avrebbero prestato soldi all’imprenditore con tassi usurai, e l’imprenditore stanco di versare soldi e di non uscire da questa tagliola economica li ha denunciati. Si tratta di persone incensurate di Piazza Armerina, difese dagli avvocati Egidio La Malfa e Sinuhe Curcuraci, mentre l’imprenditore, che si è costituito parte civile, viene difeso dall’avvocato Gaetano Di Dio, come parte civile si è costituita anche un’associazione antiracket, la “Gaetano Giordano” di Gela, presieduta da Renzo Caponetti, per la prima volta presente a un processo anche nel territorio ennese .
“La nostra associazione viene così a essere sempre più un presidio di legalità assolutamente risolutivo”, ha dichiarato Caponetti al momento della costituzione, dicendosi pronto ad assistere chi ne ha bisogno della provincia di Enna. In quel processo si era costituito parte civile anche il Comune di Piazza Armerina, che poi, senza un giustificato motivo, ha deciso di revocare la costituzione. E su questa rinuncia si stanno svolgendo le indagini della Procura della repubblica ennese per conoscere i motivi di questa rinunzia.
Piazza Armerina. Comune revoca costituzione di parte civile su processo per usura
Nicosia. Itinerario strada Nord – Sud – verifiche finalizzate a prevenzione infiltrazioni mafiose
Si è svolto presso il cantiere di lavoro del realizzando itinerario Nord – Sud – “Santo Stefano di Camastra – Gela” lotto B4/b, ricadente in territorio della provincia di Enna, un secondo accesso ispettivo del Gruppo Interforze per le Grandi Opere operante presso la Prefettura, coordinato dal Vice Prefetto Vicario e costituito dalle Forze di Polizia territoriali, dal Centro D.I.A. di Caltanissetta, dalla Direzione Territoriale del Lavoro e dal Provveditorato OO.PP. di Enna, disposto dal Prefetto di Enna Fernando Guida.
L’accesso, finalizzato a verificare l’eventuale sussistenza di tentativi di infiltrazioni o ingerenze della criminalità organizzata nell’esecuzione delle suddette opere, ha costituito momento di verifica della sicurezza e della regolarità dei cantieri di lavoro, nonché di monitoraggio dei flussi di manodopera e del rispetto dei diritti contrattuali.
L’attività ispettiva, che si è protratta per l’intera giornata, è stata concentrata sul controllo delle imprese esecutrici presenti, delle maestranze e dei mezzi operanti nel cantiere relativo ad opere dell’importo di €. 59.171.410,35, aggiudicati da A.N.A.S. S.p.A. alla Ricciardello Costruzioni S.R.L., nonché sull’intera filiera degli esecutori e dei fornitori di beni e servizi.
Nel corso dell’accesso sono state controllate nr. 65 persone e nr. 78 mezzi presenti lungo l’itinerario in cui insiste il cantiere.
Il Gruppo Interforze riferirà al Prefetto in ordine agli esiti della verifica ispettiva.
Piazza Armerina. Giovane condannato per rapina a donna di 78 anni
Un giovane armerino, Alberto Gioia, difeso dall’avvocato Walter Castellana, è stato condannato dal tribunale di Enna a 3 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione in quanto ritenuto responsabile di rapina ai danni di una donna di 78 anni, rapina avvenuta il 27 marzo di quest’anno. I giudici Giuseppe Tigano presidente, giudici a latere Alessandra Maria Maira e Marco Minnella, al termine del rito abbreviato, hanno emesso la sentenza di condanna. Le pene accessorie nei confronti di Gioia una multa di mille euro e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Il pm Fiammetta Modica a chiusura della sua requisitoria aveva chiesto la condanna dell’imputato a 4 anni. Gioia con il volto coperto da una sciarpa ed in testa un cappuccio si era avvicinato alla donna, spingendola e facendola cadere a terra, quindi gli rubava il telefonino e il denaro che aveva nella borsa, appena 20 euro. La donna, cadendo, si era fratturata la mano. Le indagini degli agenti del commissariato di Ps, diretti dal dottor Fabio Aurilio, l’esame di alcuni impianti di video sorveglianza e la descrizione fatta del ladro, hanno consentito l’immediata identificazione di Gioia, per cui veniva subito arrestato, dopo appena qualche ora, e lo stesso giovane confessava la rapina. Una rapina che ha fruttato pochissimo, appena 20 euro e Gioia non si è accorto dei sistemi di videosorveglianza presenti nella zona di SetteCantoni, per cui è stata una rapina rapida ed un ancor più rapido arresto del responsabile. La condanna è stata pesante per gli effetti che la rapina ha avuto sull’anziana, traumatizzata e con la mano fratturata. Probabile che l’avvocato Castellana, che aveva chiesto il riconoscimento delle attenuanti, non appena lette le motivazioni possa proporre appello.
Pietraperzia: assolti ex sindaco e tre ex funzionari per abuso d’ufficio
Pietraperzia. Sono stati assolti con formula piena l’ex sindaco Caterina Bevilacqua assieme a tre funzionari, che erano imputati per abuso d’ufficio in merito alle loro assunzioni a tempo determinato. I giudici del tribunale hanno assolto, oltre all’ex sindaco, anche Calogero Centonze, Paola Maria Giuseppa La Monica, e Filippo Marino, imputati di concorso in abuso d’ufficio. Il processo che era partito dalla denuncia fatta da un sindacato, subito dopo le tre assunzioni, realizzate “ad intuito personae”, accusando il sindaco di averli assunti senza le procedure di reclutamento pubblico, circostanza che la Bevilacqua e gli altri imputati hanno sostenuto che è perfettamente legale. L’ex sindaco era difeso dall’avvocato Giuseppe Dacquì. La vicenda risale al periodo tra l’agosto del 2005 e il dicembre del 2007. Il collegio giudicante, composto dal presidente Giuseppe Tigano, giudici a latere Alessandra Maria Maira e Marco Minnella, ha accolto le tesi della difesa, e quindi è arrivata l’assoluzione con formula piena. La Monica, difesa dall’avvocato Franco Nicoletti, era stata assunta con contratto a tempo determinato per la copertura del posto esistente in pianta organica di funzionario amministrativo, fino alla scadenza del mandato del sindaco. Anche Centonze, difeso dall’avvocato Mauro Valerio Di Carlo, era stato assunto con contratto a tempo determinato, per la copertura di capo settore economico, sempre fino alla scadenza del mandato del primo cittadino; e così pure Marino, difeso anch’egli dall’avvocato Di Carlo, assunto in veste di funzionario contabile. I difensori, nelle loro arringhe, hanno sostenuto che le nomine era fiduciarie, quindi non c’era nulla di illegale.
Furti di cavi di rame. Polizia ferma 6 rumeni, sorpresi dai poliziotti delle Questure di Agrigento ed Enna a Ravanusa
Le Squadre Mobili di Enna e Agrigento hanno eseguito stamani il fermo di 6 persone, tutte di nazionalità rumena, accusate a vario titolo di far parte della banda dedita ai furti di cavi di rame registrati nelle ultime settimane in provincia di Agrigento. I 6 sono stati colti in flagranza di reato in contrada “Fondachello”, a Ravanusa, mentre si trovavano in un casolare di campagna, in possesso di un rilevante quantitativo di fili di rame, probabilmente il frutto di furti consumati nei giorni precedenti. L’operazione è stata possibile grazie a un’intensa attività investigativa conginuta tra le Questure di Agrigento ed Enna, a seguito di un coordinato servizio di polizia giudiziaria. Alcune settimane fa, un tentativo di furto nelle campagne di Ravanusa si era concluso con una sparatoria tra ladri e carabinieri.
Enna. Condannato venditore ambulante, aggredì verbalmente Vigile urbano
Enna. E’ stato condannato ad un anno di reclusione ed al pagamento delle spese processuali un venditore ambulante barrese , Raimondo Bonincontro di 46 anni, perché si è reso responsabile di avere aggredito verbalmente un funzionario della polizia municipale, che lo aveva invitato a non montare la sua bancarella perché in quel tratto di strada la vendita era vietata. Il venditore, nel febbraio del 2012, era stato fermato dai vigili urbani, aveva tentato di scappare, ma era stato bloccato. Il giudice monocratico Marco Minnella ha condannato il venditore ambulante a un anno di reclusione e al pagamento delle spese processuali, oltre al risarcimento danni nei confronti del funzionario di polizia municipale, che in aula si è costituito parte civile, difeso dall’avvocato Eleanna Parasiliti. Secondo la ricostruzione fatta dalla Procura, Bonincontro, nella discussione scaturita nel corso del mercato settimanale, avrebbe insultato il funzionario nel corso di un controllo di routine. I vigili stavano eseguendo un’ordinanza del sindaco che vietava l’attività di commercio ambulante nelle vie Gervasi e Trapani. Bonincontro, invitato a smontare la sua bancarella, avrebbe offeso l’onore e il prestigio del pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni ed anche di resistenza a pubblico ufficiale, perché “al fine di opporsi a un atto d’ufficio”, avrebbe accelerato violentemente e ripetutamente in modo da investire con i gas di scarico il funzionario dei vigili, tanto da provocargli un malore ed avere tentato la fuga attraverso la via dello Stadio. Il giudice Minnella ha riconosciuto l’imputato colpevole e lo ha condannato al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese alla parte civile.
Nicosia. Venditore ambulante condannato per lesioni al marito dell’amante
E’ stato condannato ad un anno e 4 mesi di reclusione Vincenzo Falzone, nisseno di 37 anni, venditore ambulante arrestato dai Carabinieri, in quanto resosi responsabile di dopo aver picchiato, il 26 maggio scorso il marito della sua amante. L’uomo, rientrato prima dal lavoro l’aveva sorpreso in compagnia della moglie. Era nata una lite e Falzone aveva letteralmente pestato il marito della sua amante. La sentenza è stata emessa, ieri mattina dal giudice monocratico del Tribunale di Enna Marco Minnella, con processo per direttissima, che ha concesso all’imputato, che ha scelto il rito abbreviato, le attenuanti generiche e un’ulteriore riduzione di pena per il rito scelto. Vincenzo Falzone è stato difeso dall’avvocato Giulio Magnifico e la sentenza è già stata depositata, con le relative motivazioni. Il marito, assistito dall’avvocato Francesca Gemmellaro, si è costituito parte civile. Il giorno della lite Vincenzo Falzone veniva raggiunto da una persona, che poi era risultato essere il marito della sua amante, il quale voleva chiariere la situazione ma soprattutto invitarlo a lasciare in pace sua moglie. Tra i due scoppiava una lite ed a soccombere era il marito che veniva colpito da Falzone con calci e pugni, provocandogli lesioni gravissime tanto da essere ricoverato presso l’ospedale Basilotta di Nicosia in prognosi riservata, mentre Falzone veniva arrestato e tenuto nella camera di sicurezza della compagnia di Nicosia in attesa del processo per direttissima.
Mafia. Catenanuova: arrestato “Nunziu u trainisi” ritenuto appartenente al clan Cappello, sospettato di avere ordinato incendio auto di carabiniere
L’attività investigativa di contrasto condotta dai militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Enna coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Caltanissetta sugli appartenenti ai clan mafiosi operanti su Catenanuova si è arricchita di un altro importante tassello.
E’ stato infatti arrestato, nelle prime luci dell’alba, il pregiudicato Nunzio Di Marco, di anni 41, ritenuto essere stato dall’anno 2008 in poi un fedele appartenente al gruppo mafioso facente capo a Catenanuova al noto Filippo Passalacqua; quest’ultimo in carcere dal maggio del 2011 ed in atto sottoposto al regime dell’art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario, è stato condannato quale capo dell’articolazione del clan Cappello operante a Catenanuova dal Tribunale di Enna, è accusato di essere stato uno dei principali organizzatori ed esecutori della Strage di Catenanuova del 15.07.2008.
La posizione del Di Marco Nunzio era stata già attenzionata nella fase finale delle indagini che hanno condotto gli uomini del Colonnello Daidone agli arresti dell’Operazione Go Kart del 19 febbraio scorso, ma agli investigatori ed alla Procura Distrettuale della Repubblica di Caltanissetta è stato necessario un ulteriore approfondimento in quanto , nel frattempo, erano emersi importanti elementi a carico dello stesso che hanno portato a ritenere che Nunzio Di Marco, oltre ad essersi associato a Filippo Passalacqua ed essere stato latore delle richieste estorsive ai danni di imprenditori e artigiani che in quegli anni avevano in corso in Catenanuova l’apertura di nuove attività commerciali o la conduzione di piccoli appalti, abbia anche organizzato l’incendio, per ben due volte, dell’auto privata di un militare dell’Arma che prestava servizio a Catenanuova in quegli anni.
Movente del gravissimo gesto ritorsivo e fortemente intimidatorio condotto nei confronti del graduato dei Carabinieri, (condotto per due volte a distanza da un mese una dall’altra, fino alla completa distruzione dell’autovettura che la prima volta il militare aveva provveduto a riparare), il fatto che lo stesso avesse condotto, insieme ad altri colleghi, un controllo ad un cantiere edile gestito da Nunzio Di Marco e dal fratello dello stesso.
Tale controllo fece emergere che tutti i lavori in corso (la costruzione del piano di un appartamento) erano completamente abusivi e che tutti gli operai che si trovavano sul posto erano stati assunti da Nunzio Di Marco “in nero”. Ne seguii il sequestro del cantiere dei materiali, e l’applicazione di sanzioni amministrative comminate dall’Ispettorato del Lavoro di Enna.
Tale evento costituì, secondo quanto emerso dalla ricostruzione dei fatti, motivo di incontenibile astio di Nunzio Di Marco nei confronti dell’Arma e del graduato in particolare, tanto da organizzare per ben due volte, con l’assenso dello stesso Filippo Passalacqua, l’incendio dell’auto del militare.
In alcuni dialoghi intercettati il Di Marco risultava intrattenersi con Passalacqua per organizzare l’incendio dell’autovettura e ridere compiaciuto del fatto che la seconda volta “il servizio” era stato finalmente portato a compimento in quanto l’auto del carabiniere era andata, finalmente, completamente distrutta.
Il Di Marco è stato tradotto presso la Casa Circondariale di Caltanissetta a disposizione della Procura Distrettuale della Repubblica.
Gagliano. Difende la fidanzata da avance, polacco preso a colpi d’ascia. Padre e figlio in manette
Un giovane cittadino polacco di 24 anni, B.M., è stato aggredito ieri sera a colpi d’ascia, da due italiani padre e figlio Angelo e Vito Confalone, incensurati di 67 e 37 anni, perchè aveva reagito alle pesanti e offensive avance delle quali Vito Vonfalone faceva oggetto la fidanzata del ventiquattrenne. Dopo un breve alterco i due aggressori hanno impugnato un ascia affilata, come quelle utilizzate per potare gli alberi, e diretto dei colpi con violenza in direzione del volto e della testa del ventiquattrenne. I militari intervenuti hanno sedato la rissa e dopo aver immediatamente prestato soccorso al polacco ferito hanno proceduto all’arresto dei due congiunti. I carabinieri hanno sorpreso Angelo Confalone che impugnava un’ascia intento a sferrare dei colpi violenti in direzione del volto di B.M., mentre il figlio lo colpiva con i pugni.
La lite, secondo quanto fino ad ora accertato, sembrerebbe essere nata come conseguenza di un diverbio sorto tempo addietro tra i due italiani e il polacco. Secondo quanto fino ad ora emerso la fidanzata di B.M. era da tempo oggetto di insulti e B.M. più volte ha cercato di difendersi ma quasi sempre sopraffatto dalla violenza C.V. I due italiani sono stati arrestati con l’accusa di lesioni personali aggravate e minacce aggravate dall’uso di armi. Il giovane polacco è stato trasportato presso l’ospedale di Nicosia dove gli sono state riscontrate ferite lacero contuse al volto e allo zigomo nonché trauma cranico. I due arrestati venivano tradotti presso la propria abitazione in regime di arresti domiciliari come disposto dal magistrato di turno della Procura della Repubblica di Enna.
Questura Enna: sensibile riduzione dei reati predatori e maggior rispetto del Codice della Strada
Enna. Effetto virtuoso prodotto dall’intensificazione degli ordinari controlli condotti in tutto il territorio provinciale dalle locali Forze dell’Ordine, disposti dal Questore di Enna, dott. Ferdinando Guarino.
Dal febbraio scorso è operativo, infatti, anche nella nostra provincia il Piano d’Azione, disposto dal Ministero dell’Interno, denominato “Trinacria”, che ha visto impegnate numerose pattuglie della Polizia di Stato (comprese le specialità quali la Polizia Stradale ed il Reparto Prevenzione Crimine), dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, del Corpo Forestale dello Stato, della Polizia Provinciale in un coordinato ed imponente sistema di controllo del territorio volto a contrastare i fenomeni delittuosi in genere, a sensibilizzare gli utenti della strada ad un maggior rispetto delle regole ed a rendere i luoghi di frequentazione, quali bar ed esercizi commerciali, spazi in cui giovani e meno giovani possano trascorrere il proprio tempo libero in sicurezza.
L’attività in parola ha costituito un considerevole deterrente contro la criminalità diffusa contribuendo ad ingenerare nei cittadini una maggiore percezione di sicurezza ed un più sviluppato senso civico. In relazione a ciò, tanto i cittadini del capoluogo quanto quelli residenti nei centri della provincia interessati dal progetto, hanno dichiarato di sentirsi piu’ sicuri per la massiccia presenza dei poliziotti testimoniando, da più parti, gli esiti positivi di un piano operativo di tale portata. Significativa in tal senso la segnalazione pervenuta dal titolare di un centro revisioni per veicoli sedente nel comune di Piazza Armerina il quale, con piacere, registrava un notevole incremento di richieste di revisione per autovetture da quando si erano intensificati i predetti controlli.
Tale azione di contrasto non ha fatto registrare battute di arresto consentendo il raggiungimento di eccellenti risultati. Grande la soddisfazione del Questore di Enna Dr. Ferdinando Guarino che, sin dal momento del suo insediamento, che risale a quasi due anni fa, ha profuso notevoli energie nell’intensificazione progressiva dell’attività coordinata di controllo del territorio da pianificare nell’ambito dei centri urbani e nelle aree rurali.
Questore Enna emette Daspo a dirigente società calcistica “Città dei Mosaici”
Disposto nei confronti di un dirigente del “Città dei Mosaici” di Piazza Armerina il divieto di accesso per il periodo di anni UNO, in tutti i luoghi ove si svolgono competizioni calcistiche della società Città dei Mosaici Calcio, nonché in tutti gli stadi o altri impianti sportivi in occasione di eventi calcistici riguardanti detta società sportiva.
Il Dirigente è ritenuto responsabile di episodi di violenza che hanno posto in pericolo l’Ordine e la sicurezza pubblica in occasione dell’incontro di calcio “CITTA’ DEI MOSAICI CALCIO – CITTA’ DI ENNA”, valevole per il Campionato Regionale di III Categoria, Girone A, disputatosi in data 6 aprile 2014 presso il campo sportivo “Sant’Ippolito” di Piazza Armerina.
Nell’occorso, il predetto, prima dell’inizio dell’incontro di calcio, si è introdotto all’interno dello spogliatoio dell’arbitro proveniente da Enna, spacciandosi per altra persona ed ha pronunciato frasi ingiuriose e gravemente minacciose nei confronti del direttore di gara.
Oltre a pronunciare tali parole ingiuriose si avvicinava con fare minaccioso verso il suddetto arbitro, costringendolo ad appoggiarsi al muro dello spogliatoio e con le mani protese verso il volto del direttore di gara minacciava di colpirlo.
A seguito del suddetto episodio, il Giudice Sportivo infliggeva a carico della società Città dei Mosaici un’ammenda di Euro 150,00 con la seguente motivazione: “per essersi persona non identificata, all’inizio della gara, introdotta nello spogliatoio dell’arbitro assumendo reiteratamente contegno offensivo e gravemente minaccioso ed intimidatorio nei confronti dell’arbitro medesimo”
Alla luce dei fatti sopra riportati in data 13/06/2014, pertanto, il Questore di Enna, Ferdinando Guarino, emetteva il provvedimento del divieto di accesso (DASPO) per il periodo di anni UNO in tutti i luoghi ove si svolgono competizioni calcistiche della società Città dei Mosaici Calcio, nonché in tutti gli stadi o altri impianti sportivi in occasione di eventi calcistici riguardanti detta società sportiva. Il divieto è esteso, nelle medesime circostanze di tempo, in tutti gli spazi antistanti o comunque limitrofi agli stadi o ai campi sportivi ove si disputeranno tali manifestazioni ed altresì in quelli interessati alla sosta, al transito ed al trasporto delle persone che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime.
Al suddetto provvedimento, convalidato dal GIP presso il Tribunale di Enna in data 20/06/2014, è associato l’obbligo di presentazione presso il Commissariato di P.S. di Piazza Armerina nel corso della giornata in cui si svolgeranno le manifestazioni cui è interdetta la partecipazione del nominato in oggetto, obbligo da tenersi al 20° minuto di ogni tempo di tutti gli incontri ovunque disputati dalla squadra calcio “Citta dei Mosaici”. Il divieto di accedere ai suddetti impianti scadrà alle ore 24.00 del 16/06/2015.
L’emissione del provvedimento si inserisce in seno all’ampia campagna di contrasto ad ogni forma di violenza, anche in occasione di manifestazioni sportive, fortemente promossa dal Questore Guarino, nella convinzione che lo sport è e deve essere un momento di aggregazione giovanile, veicolo di messaggi positivi, non certo una occasione per porre in essere comportamenti violenti.
Piazza Armerina: Finanzieri e Carabinieri arrestano tre pusher
Operazione congiunta dei militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Piazza Armerina e del Nucleo Mobile della Compagnia della Guardia di Finanza di Enna. I militari hanno tratto in arresto, nella nottata odierna, in flagranza del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente (art. 73 D.P.R. 309/1990), Aji Francis, 24enne cittadino ghanese, celibe, disoccupato, domiciliato presso una struttura ricettiva di Pergusa (EN), titolare di regolare permesso di soggiorno per stranieri; Hasan Mohamud Ismail, 18enne cittadino somalo, celibe, disoccupato, domiciliato a Piazza Armerina presso una struttura ricettiva, titolare di regolare permesso di soggiorno per stranieri ed Abdirazak Mohamed, 21enne cittadino somalo, coniugato, disoccupato, domiciliato a Piazza Armerina presso una struttura ricettiva, titolare di regolare permesso di soggiorno per stranieri.
La centralissima Villa Garibaldi di Piazza Armerina era diventata, da alcuni mesi, una frequentatissima piazza di spaccio al dettaglio di qualsiasi sostanza stupefacente. Da qui è nato il blitz effettuato congiuntamente dagli uomini delle Benestante e della Benemerita.
Nel corso di un predisposto servizio per la prevenzione e la repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, i militari operanti hanno proceduto alla perquisizione personale di Aji Francis, poiché vi era il fondato motivo di ritenere che potesse pervenirsi al rinvenimento di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Il ghanese veniva notato da alcuni militari dirigersi frettolosamente a piedi dalla Piazza Generale Cascino alla vicina Villa Garibaldi tenendo in mano una busta di plastica del tipo utilizzata comunemente per la spesa. Una volta fermato ha mostrato, sin da subito, evidenti segni di insofferenza, rafforzando negli operanti il sospetto che effettivamente potesse celare qualcosa di illecito. Difatti, la citata busta in plastica è risultata contenere, a sua volta, nr. 7 buste in plastica sigillate, con all’interno della sostanza stupefacente del tipo marijuana che, opportunamente pesata presso una farmacia di Piazza, è risultata pesare grammi 51,50 di marijuana. Allo stesso veniva chiesto se avesse altro stupefacente e, spontaneamente, dalla tasca destra dei jeans, usciva un involucro di plastica contenente sostanza stupefacente del tipo marijuana che pesata è risultata essere di grammi 1,50. Richiestogli se avesse altro stupefacente, riferiva di non averne più. Nelle fasi di conduzione presso i locali di questa Caserma veniva ridomandato nuovamente se avesse altra droga, più in particolare nascosta negli slip, e lo stesso spontaneamente infilava le mani all’interno dell’indumento intimo ed estraeva altro involucro, simile a quello uscito dalla tasca dei jeans consistente in grammi 1,50, per un totale complessivo di grammi 54,50.
Nel medesimo sacchetto contenente lo stupefacente, è stato rinvenuto un bilancino di precisione, perfettamente funzionante.
Altri militari operanti si sono recati presso la stanza ubicata all’interno della struttura ricettiva di Pergusa ove dimorava e, nella tasca del giubbotto in uso al predetto è stato rinvenuto nr. 1 involucro in plastica trasparente del peso di gr. 1 circa contenente sostanza stupefacente del tipo marijuana.
Durante la permanenza presso i locali della Caserma dell’Arma di Piazza Armerina, Aji Francis riferiva di essere in possesso di una chiave di un appartamento, sito in Piazza Armerina, al cui interno vi era altro stupefacente occultato. Di tale appartamento riferiva solo di averne la materiale disponibilità dimostrata tra l’altro dalla chiave in suo possesso. I militari hanno deciso quindi di effettuare una perquisizione locale dell’immobile ove hanno rinvenuto, opportunamente occultata nel vano bagno, nr. 2 involucri in plastica trasparente contenenti rispettivamente gr. 44 e gr. 512 di sostanza stupefacente del tipo marijuana.
Aji Francis, per le modalità di rinvenimento della sostanza stupefacente, veniva dichiarato in stato d’arresto.
Nell’ambito di analogo servizio, gli uomini delle Benestante e della Benemerita hanno proceduto alla perquisizione locale nella cameretta occupata esclusivamente da Hasan Mohamud Ismail ed Abdirazak Mohamed, nonché nel bagno attiguo il cui accesso è consentito solo dalla stessa camera, in quanto vi era il fondato motivo di ritenere che si potesse pervenire al rinvenimento di sostanze stupefacenti o psicotrope. Le operazioni di perquisizioni iniziavano alla presenza di Hasan Mohamud Ismail atteso che Abdirazak Mohamed era già stato coartato e portato presso la Caserma della città dei mosaici.
La perquisizione dava esito positivo in quanto venivano rinvenuti: una confezione di 120 filtri per sigarette marca OCB Slim contenente residuo di spinello con filtrino all’interno del comodino in uso a Abdirazak Mohamed; nr. 1 ricevuta di invio money transfer – western union di € 100; la somma contante di € 460, rinvenute nell’armadio in uso ad Hasan Mohamud Ismail; nr. 1 involucro di plastica trasparente del peso di gr. 10 contenente sostanza stupefacente del tipo marijuana; nr. 1 involucro di plastica trasparente del peso di gr. 10 contenente sostanza stupefacente del tipo marijuana; nr. 1 involucro di plastica trasparente del peso di gr. 5 contenente sostanza stupefacente del tipo marijuana debitamente occultata nell’incavo posteriore del bidet.
Per le modalità di rinvenimento della sostanza stupefacente anche Hasan Mohamud Ismail ed Abdirazak Mohamed, venivano dichiarati in stato d’arresto per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Nel corso di tutte le operazioni non sono stati arrecati danni a beni mobili o immobili, né a suppellettili.
Nessuno dei tre arrestati ha dato il loro consenso ad avvisare le rispettive autorità diplomatiche.
La droga, su disposizione del Procuratore Francesco Augusto Rio, intervenuto sul posto in piena notte, sarà inviata nei prossimi giorni al Laboratorio Analisi Sostanze Stupefacenti del Comando Provinciale dei Carabinieri di Enna per gli accertamenti del caso.
Gli arrestati, espletate le formalità di rito, sono stati tradotti presso la casa circondariale di Enna a disposizione dell’Autorità Giudiziaria competente.
Barrafranca. Confiscati ad Alessandro Selvaggio beni per circa 930 mila euro
L’ 11 luglio 2014, il Nucleo Investigativo di questo Comando, su provvedimento del Tribunale di Enna a seguito di richiesta della Procura Distrettuale di Caltanissetta, procedeva alla confisca dei seguenti beni:
̶ nr. 1 ditta individuale di commercio di autovetture denominata “auto millenium” con sede in Barrafranca;
̶ nr. 18 autovetture;
̶ nr. 4 appezzamenti di terreno siti in provincia di enna;
̶ nr. 2 fabbricati con relative pertinenze adibiti ad abitazione di estensione complessiva di oltre 300 mq. siti in Barrafranca e Pietraperzia;
̶ saldi attivi relativi a nr. 3 conti correnti, 4 fondi di investimento, nr. 1 polizza vita intestati ai predetti coniugi;
̶ somma contante di denaro di € 51.300,00 e nr. 1 assegno dell’importo di € 2000,00.
Il valore dei beni è quantificato in 930.000,00 euro circa.
Il provvedimento fa seguito al sequestro operato il 3 gennaio 2012 in danno di Salvaggio Alessandro e del coniuge, Carnazzo Lucietta.
Nel contesto del decreto il Salvaggio, in atto detenuto, è stato sottoposto alla misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale con obbligo di soggiorno.
Il sequestro è connesso all’Operazione “Belvedere” portata a termina del Nucleo Investigativo il 23 novembre 2011, nel corso della quale il Salvaggio è stato arrestato per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
Nicosia. Gestione Opera Pia “Barone di Falco”, chiesto il rinvio a giudizio per 8 indagati
Nicosia. Dopo più di 2 anni di indagini il procuratore Fabio Scavone ha chiesto il rinvio a giudizio per gli otto indagati dell’inchiesta sulla gestione dell’Opera pia “Barone di Falco”. L’udienza preliminare si aprirà l’8 gennaio 2015. Dinanzi al Gup compariranno M. M., A. M., P.M, S. L., F. L. G., S. L. G. G. R. ed L. G. Agli 8 indagati sono contestate ipotesi di falso ed abuso d’ufficio. L’indagine riguarda l’affidamento di alcune strutture di proprietà della “Barone di Falco” ad una cooperativa della quale facevano parte congiunti di amministratori dell’Ipab. Indagati sono, infatti due amministratori, i componenti e amministratori della cooperativa ed il commissario regionale che all’epoca venne nominato in attesa della nomina del Cda. Una inchiesta estremamente complessa per l’enorme quantità di documenti esaminati dalla Guardia di finanza per ricostruire il sistema di gestione dell’Opera pia, che ha accertato irregolarità gestionali varie e tra queste, oltre all’affidamento delle strutture alla coop, la delibera commissariale del luglio 2011 relativa al concorso per l’assunzione di una figura all’interno dell’Opera pia. Il Cda, insediatosi appena 10 giorni dopo la delibera del commissario regionale, aveva subito affrontato la questione sulla scorta di una nota dei sindacati Cgil e Cisl, che chiedevano la revoca immediata in autotutela del concorso per violazione della normativa vigente. Il Cda aveva revocato la delibera e considerata la situazione di “pressioni” che si sarebbe creata all’interno della struttura aveva deciso informare dell’intera vicenda la procura di Nicosia. La nota che doveva essere consegnata da uno degli indagati odierni, non arrivò mai sul tavolo del procuratore Scavone. La procura ha riscontrato illegittimità delle convenzione con la cooperativa alla quale vennero affidate in gestione alcune strutture per attività sportive di proprietà dell’Opera pia. Infine ci sono aspetti contabili e di gestione delle finanze dell’Ipab che hanno portato al sequestro di beni, che comunque è stato annullato dal tribunale del riesame, a carico di due degli indagati. In particolare ci sarebbe stata una gestione poco chiara di un grosso lascito ereditario in favore dell’Opera pia che in parte, secondo le accuse della magistratura, sarebbe stato utilizzato per scopi personali da uno degli indagati. L’inchiesta sulla gestione dell’Opera Pia Barone di Falco si era aperta nel gennaio del 2012. La Guardia di finanza di Enna ha svolto accertamenti su una enorme mole di documentazione che riguarda tutta la gestione dell’Ipab e della Casa di riposo. Agli indagati sono contestate le irregolarità gestionali e contabili con diversi gradi di responsabilità, ma anche ipotesi di avere abusato delle posizioni rivestite per favorire o tentare di favorire loro familiari.
Enna. Processo Ato Rifiuti, tutti assolti dall’accusa di abuso d’ufficio per prescrizione
“Non doversi procedere per intervenuta prescrizione”. E’ stata questa la decisione del tribunale collegiale, presieduto da Giuseppe Tigano, accolta favorevolmente dal Pm Francesco Rio nei confronti dell’ex consiglio di amministrazione dell’Ato Rifiuti, presieduto da Salvator Cocuzza, accusato di abuso d’ufficio, avendo assunto con “logica clientelare” circa 100 dipendenti. Due mesi fa il Pm aveva dichiarato, che conti alla mano, essendo il reato consumato nel 2006, sono già trascorsi più di otto anni ed un’accusa di abuso d’ufficio scade dopo sette anni e mezzo. La prescrizione è arrivata per il primo presidente dell’Ato rifiuti, Serafino Cocuzza, difeso dall’avvocato Alessandro Messina; l’ennese Antonio Cammarata, ex amministratore delegato, difeso dall’avvocato Piero Patti; e gli ex membri del cda Giovanni Vitale di Leonforte, difeso dall’avvocato Francesco Azzolina, Francesco Santangelo di Regalbuto, difeso dall’avvocato Rosario Pellegrino; e Claudio Cravotta di Enna, difeso dall’avvocato Michele Baldi. Gli avvocati difensori chiedevano in verità l’assoluzione dei loro assistiti e solo in subordine l’assoluzione per prescrizione del reato. I componenti il direttivo dell’Ato Rifiuti hanno da sempre professato la loro innocenza e hanno considerato l’assunzione degli operai ed amministrativi un atto per migliorare il servizio di raccolta dei rifiuti in tutta la provincia ed evitare che il territorio cadesse in emergenza”. Per la Procura, invece, la situazione era diversa perché troppe le assunzioni rispetto alla realtà del servizio di raccolto dei rifiuti in tutto il territorio provinciale con progetti che non avevano una scadenza ben definita.
Leonforte. Questura sospende licenza ad un pub teatro di una cruenta rissa la sera della festa delle donne
Leonforte. Pub resterà chiuso per quindici giorni su disposizione del Questore di Enna. Nel corso della serata dell’8 Marzo si registrava da una cruenta rissa, originatasi per futili motivi, tra due nuclei familiari. La zuffa avveniva in Piazza Margherita, nello spazio immediatamente antistante un pub, tra i proprietari del medesimo esercizio commerciale ed i componenti di altra famiglia, sedata solo grazie all’arrivo di personale della locale Stazione dei Carabinieri coadiuvato da personale del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Leonforte. Veniva ricostruita l’intera vicenda, che si generava da un futile diverbio tra un minorenne appartenente ad una delle due fazioni, ed esponenti dell’altra, e si concludeva nello spazio antistante il citato locale; la rissa vedeva protagoniste anche delle donne, e dei soggetti armati di bastone. Uno dei contendenti, il giorno dopo i fatti, affiggeva dei manifesti, nel centro abitato leonfortese, nei quali inneggiava a chiarire ulteriormente la vicenda “da uomini”.
La vicenda si concludeva poi con il deferimento alla Procura della Repubblica di Enna di ben 13 (tredici) soggetti, alcuni dei quali annoverano già pregiudizi penali e/o di Polizia, responsabili a vario titolo di lesioni pluri-aggravate, danneggiamento, esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone e sulle cose e calunnia.
Alla luce di quanto detto, al di là delle responsabilità penali che saranno accertate dalla competente A.G., il Questore di Enna ha provveduto alla temporanea sospensione della licenza, per giorni quindici del locale interessato, ai sensi dell’art.100 TULPS.
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Piazza Armerina. Rinvio a giudizio per peculato dell’ex Preside Scollo
Giovanni Scollo, ex preside dell’Istituto tecnico per Geometri Leonardo da Vinci è stato rinviato a giudizio con l’accusa di peculato. Il processo si celebrerà il prossimo 20 ottobre davanti al Tribunale collegiale. Giovanni Scollo e l’ex direttore amministrativo Giovanni Delle Cave avrebbero prelevato dal conto in banca dell’Istituto Tecnico armerino in tutto circa 300 mila euro in nove anni, utilizzati per dei viaggi all’estero. La richiesta di rinvio a giudizio è stata depositata dal pm Marco Di Mauro. Giovanni Delle Cave principale accusatore dell’ex preside – che ha patteggiato la condanna ad un anno ed otto mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena – si è costituito parte civile. L’ex preside è accusato di aver indotto Delle Cave a firmare una dichiarazione per assumersi l’intera responsabilità delle appropriazioni indebite.
Riprendiamo e pubblichiamo dal quotidiano La Sicilia
Piazza Armerina. Due arresti per l’omicidio di Giuseppe Avvenia, dopo sei anni la cattura degli ultimi indagati
Piazza Armerina. Polizia di Stato: due arresti per omicidio; si chiudono dopo sei anni le indagini per l’omicidio di Giuseppe Avvenia con la cattura degli ultimi indagati.
Si tratta di:
1. LOMBARDO Giuseppe, nato a Piazza Armerina nel maggio del 1947, pensionato;
2. MAGRO Giuseppe, nato a Piazza Armerina nell’aprile del 1949, operaio stagionale forestale,
indagati quali mandanti – in concorso con Aldo CONSOLI già detenuto – dell’omicidio di Avvenia Giuseppe, nato a Piazza Armerina nel luglio del 1971, ucciso in Piazza Armerina nella notte fra il 2 e il 3 ottobre 2008.
*****
Erano le prime ore del 3 ottobre del 2008, quando un killer esplodeva un intero caricatore contro Giuseppe AVVENIA, il quale, per evitare il suo assassino, aveva tentato, invano, di dileguarsi attraverso il dedalo di vicoli del Quartiere “Castellina” di Piazza Armerina (En). Due furono, infatti, i colpi mortali di una calibro 38 special che posero fine all’esistenza dell’uomo, sul cui corpo l’assassino infierì, una volta a terra. Il cadavere fu notato, alle ore tre circa del mattino, accasciato, tra la via Cappella San Giuseppe ed il Vico Vincifori, da un panettiere che stava recandosi a lavoro, il quale diede l’allarme ad una guardia giurata presente nella vicina piazza Garibaldi. Avvisato immediatamente il 118, giunsero sulla scena del crimine gli investigatori della Commissariato e della Squadra Mobile, nonché i militari della Compagnia Carabinieri armerina, i quali, esperiti i primi rilievi, eseguirono una serie di perquisizioni in zona, dopo avere cinturato il quartiere, alla ricerca dell’assassino.
Un primo positivo riscontro, fu il ritrovamento di un sacchetto, appeso nella soffitta di un’abitazione della zona, al cui interno fu rinvenuto un revolver cal. 38 special verniciato di nero con ancora all’interno del tamburo sei bossoli esplosi, un giubbotto ed un passamontagna.
Benché i sospetti sarebbero potuti cadere sull’ignaro proprietario dell’immobile, gli investigatori notarono come la finestra del locale fosse stata forzata dall’esterno e come le tegole dei tetti delle case adiacenti fossero state smosse, quasi seguendo un particolare percorso che, analizzato a ritroso, conduceva verso una determinata abitazione.
Scattarono dunque le indagini esperite mediante attività tecnica, ovvero intercettazioni telefoniche ed ambientali ed accertamenti scientifici, con la ricerca del dna sul passamontagna; effettuata anche l’analisi delle vernici con cui era stata pitturata l’arma, la comparazione balistica dei proiettili che erano stati esplosi contro la vittima e quelli sparati dal revolver rinvenuto e sequestrato; stati esperiti anche pedinamenti, appostamenti e l’escussione di decine di soggetti in grado di riferire su fatti e circostanze.
Inoltre, avendo avuto la vittima una serie di contrasti con Aldo Consoli, noto come lo scienziato, fu esperita perquisizione presso la sua abitazione, peraltro vicina a quella dell’ucciso; non fu trovato il sospettato, che si era allontanato qualche giorno prima alla volta di Barcellona Pozzo di Gotto, ma fu rinvenuta una vernice nera del tutto analoga a quella con la quale era stata verniciata l’arma, nonché degli appunti contenenti la c.d. grammatura per la ricarica di cartucce cal. 38, 38 special e 7,65.
Le indagini cominciavano a prendere corpo; si riuscì a delineare il contesto nel quale maturò l’omicidio, poiché si documentarono alcuni contrasti tra l’avvenia ed il Consoli.
Positivi anche gli esiti delle attività tecniche che consentirono di raccogliere utili elementi probatori, nonché gli esiti delle analisi scientifiche: l’arma rinvenuta era quella utilizzata per l’omicidio, il DNA rilevato sul passamontagna aveva trovato favorevole comparazione e le tracce del percorso sulle tegole dei tetti avevano effettivamente condotto verso uno dei responsabili.
Così, rassegnate le risultanze investigative acquisite dal P.M. titolare del fascicolo, fu emessa dal G.I.P. di Enna la prima ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere a carico di:
1. La Rosa Giuseppe, nato Piazza Armerina nel 1970, ivi residente, operaio, pregiudicato, esecutore materiale del delitto;
2. La Rosa Roberto, nato ad Abbiate Grasso (MI) nel 1975, residente in Piazza Armerina, operaio, pregiudicato, fratello di Giuseppe di cui al precedente punto, che ha operato fornendo supporto logistico ed ausilio allo stesso;
3. Consoli Aldo, nato a Piazza Armerina nel 1954, pluripregiudicato, ideatore e mandante dell’omicidio.
Era il 27 gennaio 2009 quando i tre furono arrestati; successivamente sono stati condannati con sentenza passata in giudicato.
Chiusa questa prima tranche investigativa, le indagini furono riprese dopo alcune dichiarazioni rese all’A.G. dal La Rosa Roberto, che indicò quali soggetti che presero parte all’azione omicidiaria altri due personaggi che erano già entrati nelle indagini, ossia proprio Magro Giuseppe e Lombardo Giuseppe, i quali, dopo ulteriori approfondimenti investigativi, furono arrestati, in esecuzione di O.C.C.C. emessa dal G.I.P. di Enna, in data 8 settembre 2009, ma poi assolti nel 2010.
Inaspettatamente, furono le dichiarazioni rese proprio da uno dei mandanti, Aldo Consoli a fornire un importante contributo per inchiodare questi ultimi due soggetti; Aldo, infatti, il 28 giugno ed il 12 luglio del 2010 ha inteso riferire al P.M. procedente una dettagliatissima serie di fatti e circostanze relative all’omicidio in argomento, chiamando in correità i menzionati Magro Giuseppe e Lombardo Giuseppe, quali mandanti dell’omicidio: il fatto delittuoso era stato pianificato dal Consoli, unitamente a Magro e Lombardo, a seguito di reiterati dissidi intercorsi con l’avvenia per futili motivi.
L’avvenia, soggetto violento, era già stato destinatario di atti intimidatori nel marzo del 2008, allorché lo stesso Consoli esplose alcuni colpi di arma da fuoco contro il portone dell’abitazione e l’auto del defunto. Peraltro i contrasti si acuirono nel tempo, come specificò il condannato, anche a causa di un litigio che era intercorso tra l’Avvenia ed un amico del Consoli stesso, ossia Umberto Castronovo (Piazzese del 1959, in atto detenuto, poiché condannato per l’omicidio di Carmelo Governali, consumato in Piazza Armerina nel mese di ottobre 2007).
Il Consoli, che aveva mediato un incontro poi degenerato tra la vittima ed il Castronovo per discutere di un verosimile accordo per lo spaccio di stupefacenti, era molto risentito con l’avvenia per la condotta dallo stesso tenuta.
La contrapposizione tra tali soggetti divenne sempre più insanabile, anche a seguito di un episodio avvenuto in un bar del centro di Piazza Armerina, quando l’avvenia, durante una discussione con lo stesso Consoli, lanciò un arancino che colpì il Lombardo.
Ritenuto particolarmente pericoloso a causa della sua indole violenta, fu decretata la condanna a morte di Giuseppe Avvenia proprio da Aldo Consoli, Giuseppe Magro e Giuseppe Lombardo, destinatari di minacce di morte da parte del primo.
A questo punto occorreva trovare un killer; fu individuato Giuseppe La Rosa, indicato quale soggetto affidabile e, soprattutto, in difficoltà economiche, poiché aveva da pagare alcune rate di un mutuo immobiliare; per l’omicidio – a dire del Consoli – furono corrisposte 4.000,00 € al killer.
Le indagini esperite dalla Squadra Mobile e dal Commissariato di Piazza hanno consentito di riscontrare le dichiarazioni fornite all’autorità giudiziaria, anche con il rinvenimento di armi ed il reperimento di una serie di positive comparazioni.
Lo stesso CONSOLI, peraltro, ha confermato le sue dichiarazioni innanzi la Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta nel 2011, allorquando ebbe a riferire ulteriormente sul movente, la pianificazione, l’esecuzione e le fasi successiva all’omicidio, chiamando in correità i predetti Magro e Lombardo.
Le indagini consentirono, altresì, di risalire al soggetto che in passato avrebbe fornito l’arma al Consoli, ossia il menzionato Umberto Castronovo, che, a detta dello stesso, su sua richiesta, avrebbe reperito le cartucce particolarmente offensive che non avrebbero dovuto lasciare scampo alla vittima designata.
L’avvenia fu attinto da cartucce cal. 38 special a testa cava, che, impattando, si dilatano per aumentare la potenzialità d’offesa.
Tali ulteriori dati investigativi acquisiti ed opportunamente elaborati dagli investigatori della Mobile e del Commissariato sono stati condensati nell’ultima delle corpose informative, così che il Sostituto Procuratore della Repubblica dr. Augusto Rio ha chiesto ed ottenuto dal G.I.P. d.ssa Elisabetta Mazza l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere a carico degli indagati Giuseppe Magro e Giuseppe Lombardo, che nelle prime ore della mattina del 17 luglio 2014 sono stati rintracciati presso le rispettive abitazioni e – dopo gli adempimenti di rito – ristretti presso la casa circondariale di Enna, a disposizione dell’A.G. procedente.




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Sperlinga: trentenne si reca al supermercato per fare la spesa e ruba il cellulare della cassiera
I carabinieri della stazione di Sperlinga hanno arrestato in flagranza di reato Rosa Guarnera, trentenne di Sperlinga, ritenuta responsabile di furto aggravato. La donna nel tardo pomeriggio di ieri si era recata nel piccolo supermercato del comune di Sperlinga per fare la spesa. Dopo aver girovagato all’interno del negozio senza acquistare nulla si è avvicinava alla cassiera per chiedere delle informazioni su alcuni prezzi, allontanandosi successivamente. Approfittando di un momento di distrazione da parte dell’impiegata sottraeva il cellulare della dipendente, riposto latelarmente alla cassa, dandosi poi alla fuga per le vie adiacenti. La donna, dopo essersi resa conto del furto, ha avvisato i carabinieri che si sono recati sul posto a raccogliere la denuncia. Dopo poche minuti, i militari sono riusciti ad identificare e rintracciare il “topo da supermercato” e durante una perquisizione domiciliare, hanno rinvenuto il cellulare rubato occultato all’interno di un cassetto del comodino della propria stanza da letto. Su disposizione dell’autorità giudiziaria veniva pertanto tratta in arresto e tradotta presso il proprio domicilio in regime di detenzione domiciliare, in attesta del rito direttissimo. Il cellulare veniva restituito alla proprietaria. La Guarnera risulta incensurata ma conosciuta dai carabinieri della locale stazione per analoghi eventi per i quali risulta indagata.
Nuova geografia giudiziaria nel Distretto di Caltanissetta. Il silenzio assordante della “politica”
Ospitiamo il preciso intervento di Vincenzo Falsone, segretario distrettuale del sindacato Confsal-Unsa-Giustizia, sull’impatto della riforma della geografia giudiziaria, introdotta dal Dl 155, nel distretto giudiziario della Corte d’appello di Caltanissetta, del quale fa parte il tribunale di Enna e, fino al 13 settembre 2013 faceva parte il tribunale di Nicosia, soppresso ed accorpato ad Enna con le conseguenze che il segretario distrettuale Falsone, esamina in dettaglio.
“Cercherò di trattare uno dei tanti problemi che, a mio parere, appare urgente, considerate le conseguenze non indifferenti che verrebbero a danneggiare la nostra comunità giudiziaria e non. La mia speranza, considerato che per me non è ancora arrivato il tempo per deporre le “armi”, è quella di cercare di chiarire, ancora una volta, la situazione attuale per tentare di sensibilizzare l’opinione pubblica e quindi la “politica”.
Per politica intendo i rappresentanti del popolo sovrano che, nella recente campagna elettorale, hanno conquistato gli scranni dei palazzi comunali e del Parlamento europeo, senza mai argomentare (nessuno escluso!) sulla questione che oggi occupa la pagina di questo giornale che spesso ci ospita,con molta sensibilità per i consueti argomenti trattati relativamente al mondo giudiziario.
Per quanto riguarda la geografia giudiziaria in ambito distrettuale, la posizione della nostra Organizzazione Sindacale, dell’Avvocatura e della Magistratura, sull’argomento specifico, è nota ormai a tutti, non abbiamo ancora avuto il piacere però di conoscere, almeno, l’opinione dei politici del nostro territorio e, per ciò, che voglio offrire, ancora una volta, un’occasione per aprire un dibattito ed eventualmente costituire un comitato di lotta permanente per la difesa del nostro territorio, affinché non avvenga l’irreparabile come è già avvenuto per il Tribunale di Nicosia.
Due sono quindi i problemi che cercherò di affrontare oggi: la riapertura del Tribunale a Nicosia e l’ampliamento del territorio della nostra Corte di Appello, argomenti connessi ed anche consequenziali secondo l’opinione del gruppo di lavoro già costituito presso la Corte di Appello.
Parto proprio dal primo problema, la soppressione del Tribunale di Nicosia. Questa sciagurata ed ingiusta decisione governativa ha falcidiato non solo l’economia dell’intero territorio nicosiano, ma non ha neanche razionalizzato la funzionalità nel Tribunale accorpante di Enna che, ad oggi, non ha ottenuto alcun vantaggio a livello funzionale, non solo nei servizi delle cancellerie e segreterie giudiziarie, ma anche a livello logistico, considerata la struttura di quel Palazzo di Giustizia, ormai obsoleta ed inidonea ad assicurare la corretta conservazione degli atti, per non parlare della inidonea allocazione del personale amministrativo che, secondo la legge 81/2008 dovrebbe avere gli spazi necessari e le norme di sicurezza previsti dalla legge anzidetta.
Un plauso viene rivolto a tutti gli operatori giudiziari che riescono con sacrifici, molto personali, e con spirito di servizio a tirare avanti la carretta della giustizia ad Enna. Definire irrazionale ed ingiusta tale decisione appare poca cosa, anche perché gli effetti presto si vedranno, anzi si cominciano a toccare con mano, visto che le cronache recenti sulla funzionalità della Giustizia ad Enna stanno mettendo a nudo tutte le incresciose carenze funzionali, sia a livello di struttura che a livello organizzativo. Le risorse umane, nonostante i trasferimenti forzati, continuano ad essere insufficienti, il Palazzo pare non abbia neanche i servizi igienici idonei per gli utenti che si sono ormai raddoppiati a causa della improvvida fusione, cosa si aspetta di più…..! Sarebbe bene che tutti coloro i quali hanno scritto un SI, ovvero hanno dato, a suo tempo, il benestare a questo accorpamento facessero un giusto (visto che trattiamo di GIUSTIZIA!) esame di coscienza.
La speranza è l’ultima a morire, anche se il tempo scorre veloce.
Tenuto conto che i decreti legislativi n. 155 e 156 del 2012 consentono ancora, al Governo e quindi al Ministro, di rilevare eventuali criticità e riproporre nuove soluzioni territoriali, come quella del Tribunale di Montagna, entro e non oltre il 13 settembre 2014, data finale per l’emanazione dei decreti correttivi, appunto per questo diamoci una mossa!
Oggi, ancora speranzosi, invitiamo tutti i cittadini dei comuni insistenti nel territorio interessato ad incalzare i politici locali per lottare con impegno al fine di spingere l’attuale Ministro della Giustizia Andrea Orlando a rivedere meglio i termini che hanno indotto il precedente Governo a sopprimere, tra gli altri, anche il Tribunale di Nicosia, facendo così “traballare” la nostra Corte di Appello che di fatto è stata privata del quarto tribunale che primeggiava per efficienza.
La “rinascita” del Tribunale a Nicosia è possibile; dovrebbe chiamarsi Tribunale di Montagna, così come prevede il razionale progetto già depositato da tempo al Ministero della Giustizia, dal Movimento per la difesa dei territori e sponsorizzato anche dal nostro Sindacato, in rappresentanza del personale giudiziario, dall’Avvocatura e dalla Magistratura associata, del nostro distretto, nonché dal Consiglio Giudiziario che aveva, l’anno scorso già deliberato e, non è detto, che presto non lo rifaccia, grazie agli attuali vertici giudiziari della nostra Corte. Quest’ultimo progetto prevede, l’inglobamento nel territorio dell’ex circondario di Nicosia, di una parte consistente dei comuni dell’ex circondario di Mistretta ed alcuni comuni del palermitano, limitrofi a Nicosia, tutti consenzienti, con documentate delibere comunali, l’unificazione per la rinascita di un più esteso e razionale circondario giudiziario, facente capo ad un solo Tribunale con sede a Nicosia. Tutto ciò, non solo farebbe rivivere una comunità ed un territorio di circa 120.000 abitanti, già bistrattato per la infelice collocazione geografica ed anche viaria e che, altrimenti non avrebbero alcuna speranza di miglioramenti economici e sociali.
Tutto ciò sarebbe non solo necessario, ma anche urgente per l’esistenza della nostra Corte di Appello che, presto, in conseguenza del misfatto avvenuto e come effetto domino, con i prossimi provvedimenti (governativi!), già in gestazione, ma nell’assoluto silenzio della politica nostrana di ogni ordine e grado, saranno prese in considerazione possibili riduzioni di Corti di Appello in tutta Italia e sono anche convinto, tranne auspicabili smentite ufficiali, che in questa prossima revisione, la nostra Corte di Appello, permanendo lo stato attuale delle cose, quasi certamente non avrà alcuna possibilità di rimanere in vita. Altro che nuova ala del Palazzo di Giustizia! a cosa dovrà servire se la nostra Corte non sarà più in vita? Ricordo solo a chi non sa che, venendo meno la Corte di Appello, verrebbero meno tanti altri uffici come la Direzione Distrettuale Antimafia, il Tribunale di Sorveglianza, il Tribunale per i Minorenni, la Procura della Repubblica per i Minorenni, e tanti altri uffici a questi connessi in quanto articolazioni territoriali distrettuali del Ministero della Giustizia. Negli anzidetti Uffici operano tanti magistrati, tanti dipendenti e tanti militari appartenenti alle forze dell’ordine con funzioni di Polizia Giudiziaria che subirebbero il trasferimento in altri uffici ovvero in altre sedi.
Il secondo punto del problema in questione che intendo affrontare è l’atavico ampliamento del territorio della nostra Corte tornata sulle cronache in occasione della presenza in Sicilia del Ministro della Giustizia.
Sino ad oggi nessun politico siciliano, tranne qualche sporadica eccezione, di “POLITICO” di altri tempi, si è preoccupato, per quanto mi risulta, di affrontare con chiarezza l’argomento in questione e credo anche che nessuno di loro (nella recente campagna elettorale) abbia dibattuto pubblicamente su come ampliare il nostro territorio giudiziario, al fine di rafforzare il nostro distretto e quindi scongiurare la probabile soppressione della Corte di Appello di Caltanissetta, ormai indebolita, dopo la soppressione del Tribunale di Nicosia. Argomento principe dei tecnici dell’attuale Governo è: perché la Sicilia deve avere quattro Corti di Appello, quando Piemonte e Valle d’Aosta insieme ne hanno solo una?
La risposta sarebbe semplice, ragionevole ma anche obiettiva, la Sicilia ha 6 milioni di abitanti ed una situazione economica e viaria disastrose, per non parlare dell’affliggente ed ossessivo problema della criminalità organizzata che continua a preoccupare il popolo siciliano, le forze dell’ordine e la magistratura che, ancora oggi, rimane la più esposta in Italia, tanto da avere un numero considerevole di rappresentanti dello Stato sottoposti a protezione con regolari provvedimenti dei vari comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica.
A sostegno della nostra preoccupazione e’ opportuno far notare preliminarmente che, la pianta organica del distretto giudiziario di Caltanissetta, a seguito della soppressione degli Uffici del Giudice di Pace, è stata depauperata, complessivamente di 41 unità, passando da 654 a 613 unità di personale amministrativo che, certamente, merita una più razionale distribuzione in ambito distrettuale.
Questa operazione iniziale deve mettere in guardia tutti!!!
Siamo certi che molti condividono la nostra preoccupazione ed è possibile anche che tutti gli addetti ai lavori, che gravitano intorno al mondo giudiziario, di altri comuni confinanti, condividano pienamente la nostra proposta, più volte resa pubblica su questo quotidiano.
Come dovrebbe essere noto a tutti, che con la legge delega sulla nuova geografia giudiziaria, in campo nazionale, sono stati soppressi circa mille uffici giudiziari, molti dei quali, con attività lavorativa minima, ma bisogna sapere che, con i tagli lineari effettuati, sono stati, purtroppo, soppressi anche uffici come il Tribunale di Nicosia che, oltre ad essere esemplare statisticamente, rappresentava la maggiore fonte di reddito per quel territorio, ma non bisogna dimenticare anche che subito dopo tali soppressioni sono stati recuperati tanti altri presidi giudiziari e certamente ne saranno ancora recuperati altri, come il Tribunale di Tolmezzo, entro la fatidica data del 13 settembre p.v.
Il tempo sta per scadere, pertanto i nostri politici locali con l’ausilio, dell’Avvocatura, della Magistratura e delle Forze Sociali tutte dovremmo iniziare subito a lottare per cercare di estendere il nostro distretto giudiziario costituendo al più presto un Comitato per il potenziamento della Corte di Appello di Caltanissetta, in modo tale che l’attuale Ministro possa tenere conto della proposta di ampliamento del territorio della nostra Corte di Appello.
Noi di Confsal-Unsa-Giustizia ci siamo e ci saremo per proporre ancora una volta, oltre alla rinascita del Tribunale di Montagna, con sede a Nicosia, una migliore razionalizzazione del territorio con l’annessione dei comuni dell’agrigentino, a noi territorialmente più vicini: Canicattì, Campobello di Licata, Ravanusa e Licata, consapevoli che gli utenti degli anzidetti comuni, transitano da Caltanissetta per andare a depositare un atto presso la Corte di Appello di Palermo. Una tale annessione potenzierebbe la Corte di Appello di Caltanissetta, rendendo così più razionali, snelli ed agevoli, i due grandi distretti siciliani di Palermo e Catania che, ormai, sono saturi letteralmente in quanto i rispettivi palazzi di giustizia non sono più idonei a sopportare una simile mole di lavoro, fermo restando che, bisogna impegnarsi per pressare politicamente il Ministro Orlando, al fine di convincerlo, con dati alla mano, che quattro Corti di Appello in Sicilia, per la particolarità del caso, possono e devono continuare ad esistere.
Intanto il Ministro della Giustizia, molto sensibile ai problemi inerenti il suo ruolo, è stato presente in Sicilia, qualche settimana fa a Palermo e di recente, per due giorni, a Catania, Aci Castello ed Agrigento, mi auguro che presto a Caltanissetta l’Amministrazione Comunale possa organizzare un convegno, ovvero un incontro specifico con il Ministro Orlando; quale migliore occasione per conoscere pubblicamente la Sua opinione ed eventualmente poter ottenere un serio impegno governativo in merito al mantenimento ed al rafforzamento della nostra Corte di Appello?”.
Il Segretario Distrettuale
Confsal-Unsa-Giustizia
Vincenzo Falsone