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Operazione “shod horse”: arrestato il 21° indagato della banda dei bancomat

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Era sfuggito alla cattura, in occasione della esecuzione dell’operazione “shod horse”, con cui la Squadra Mobile di Enna ha sgominato una banda di pericolosi criminali dediti ai furti di apparati bancomat ai danni di istituti di credito, nonché ai furti ai danni di attività commerciali.

gobbi gianlucaSi tratta del pregiudicato catanese Gobbi Gianluca, nato a Roma nel 1972, residente a Gravina di Catania (CT), rintracciato dagli uomini della Squadra Mobile presso un’abitazione sita in località Vaccarizzo in Catania, presso la quale aveva da poco portato il domicilio.

L’indagato è ritenuto l’autore, in concorso con altri, della ricettazione di più mezzi utilizzati per compiere sia furti di apparati bancomat, che furti ai danni di attività commerciali.

In particolare, allo stesso è stato contestato il furto aggravato in concorso presso un magazzino con sede in Canicattì, con danno per la ditta di circa 60.000 €, nonché il furto aggravato in concorso dell’apparato bancomat ai danni della filiale della banca “Intesa San Paolo” di Pietraperzia, commesso in data 16 novembre 2013, con danni pari a più di 40.000 €.

Pochi giorni fa un altro indagato irreperibile durante le fasi dell’operazione si è costituito presso il carcere di Catania “piazza Lanza”.

La Rosa FabioLa Rosa_FabioSi tratta del pregiudicato La Rosa Fabio, nato a Catania nel 1991, ivi residente, al quale sono stati contestati la ricettazione di mezzi, nonché il furto aggravato in concorso ai danni di un magazzino di prodotti alimentari in provincia di Agrigento.

Il La Rosa era, altresì, presente in provincia di Enna in data 31 ottobre 2013, quando, unitamente ad altri complici, stava predisponendo il furto di un apparato bancomat.

Quella notte il colpo non andò a buon fine sia a causa di un guasto ad un mezzo della banda, sia in ragione dell’intervento degli uomini della Squadra Mobile che effettuarono una perquisizione in un fondo agricolo di Assoro, nella disponibilità dell’indagato Antonino Scaminaci, presso cui furono rinvenuti mezzi rubati, cappucci e guanti pronti per l’utilizzo.


Enna. A borseggiatore catanese il primo braccialetto elettronico

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braccialetto elettronicoSarà un borseggiatore catanese, Mario Clemente, 60 anni, ad avere applicato il braccialetto elettronico, che ne controlla i suoi movimenti. A deciderlo è stato il Tribunale del Riesame di Caltanissetta, presieduto da Mario Amato, che ha accolto il ricorso presentato dall’avvocatessa Eleanna Parasiliti, difensore del borseggiatore. Mario Clemente era stato arrestato, dopo che due agenti della sezione Volanti, non in servizio, lo hanno “pescato” mentre stava sfilando il portafoglio dalla borsa di una signora che si trovava al mercato e stava acquistando della frutta. Ha cercato di fuggire, ma i due agenti lo hanno bloccato. C’è stato il processo per direttissima e la richiesta del difensore del rito abbreviato. Mario Clemente è stato condannato ad un anno di reclusione e quindi con il rito abbreviato la concessione dei domiciliari, ma con l’applicazione del braccialetto elettronico. Mario Clemente è probabile che lasci il carcere nella mattinata di oggi, ma prima i tecnici gli dovranno applicare il braccialetto elettronico, che consentirà di seguirlo in ogni fase della sua giornata. Nei confronti del borseggiatore catanese, com’era prevedibile, il questore, Ferdinando Guarino, ha disposto il divieto per tre anni di ritorno nel capoluogo ennese. Quindi c’è la prima volta dell’uso del braccialetto elettronico, che controlla tutti i movimenti del detenuto, il quale non può lasciare i domiciliari perché in caso contrario si potrebbe inasprire la pena di detenzione nei suoi confronti. La decisione dell’uso del braccialetto elettronico ha suscitato molto interesse all’interno del tribunale ennese.

Barrafranca: truffa di 500mila € 13 lavoratori dei cantiere di servizio risultavano contemporaneamente operai forestali. Denunciati 6 dirigenti e impiegati comunali

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cantieri di serviziGli accertamenti, condotti dagli uomini della Tenenza di Piazza Armerina, hanno riguardato i “cantieri di servizio”, istituiti con legge regionale e gestiti direttamente dal Comune di Barrafranca a favore dei destinatari della sperimentazione del reddito minimo di inserimento.

L’indagine ha passato al setaccio 6 anni di gestione (dal 2007 al 2012), caratterizzati da gravi omissioni da parte di chi aveva l’obbligo di controllare il regolare svolgimento del progetto e da diffusi comportamenti fraudolenti dei beneficiari della particolare indennità.

Molti dei “dei finti poveri”, per accedere ai cantieri di servizio, hanno presentato false dichiarazioni, attestando di non possedere redditi superiori alla cosiddetta “soglia di povertà” ovvero di non essere titolari di patrimonio immobiliare oltre all’abitazione principale.

L’aspetto più curioso che l’indagine ha fatto emergere è la contemporaneità, secondo le discutibili attestazioni dei fogli di presenza, dei lavoratori sia nei “Cantieri di Servizio”, sia presso l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana – Ufficio Provinciale di Enna. La contestualità posta in luce dagli accertamenti, era connotata dal fatto che tali soggetti, in determinati periodi, nello stesso giorno e nello stesso orario, risultavano presenti in due diversi cantieri di lavoro, uno gestito dal comune di Barrafranca e, l’altro, dal demanio forestale.

L’imbroglio è stato reso possibile dalla circostanza che l’assunzione nei cantieri di servizio è solo una forma di sostegno al reddito e non costituisce un vero e proprio rapporto di lavoro, per cui durante lo svolgimento del cantiere la persona inserita nel progetto mantiene lo stato di disoccupazione e, comunque non matura alcun trattamento previdenziale e l’INPS non viene informata della posizione assunta dal lavoratore.

Ovviamente non si è trattato di un fenomeno di “bilocazione”, perché dai controlli documentali e dalle informazioni assunte presso le amministrazioni interessate, le presenze effettive sono da ricondursi all’attività prestata presso l’azienda forestale.

La somma indebitamente percepita ammonta a circa 300.000 euro, mentre ad ulteriori 200.000 euro assomma il danno patito dall’INPS. Sovente, infatti, gli operari forestali, simulando fantomatiche malattie, hanno percepito l’indennità di malattia mentre in realtà erano impegnati nei cantieri di servizio.

Tutti i presunti responsabili sono stati segnalati alla Procura della Repubblica di Enna per rispondere delle ipotesi delittuose di truffa aggravata e falso.

Polstrada. “Operazione sicurezza Piazza Armerina” 60 violazioni, decurtati 137 punti dalle patenti

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polstrada2La Polizia Stradale della Provincia di Enna, nella mattina del 13 maggio, ha predisposto un dispositivo speciale di controllo che ha interessato il Comune di Piazza Armerina. Nella circostanza, sono state impiegate otto pattuglie, sia moto che auto montate della Polstrada, dislocate nelle arterie principali di accesso alla città, in particolare nella periferia nord e sud e nelle strade che portano alla Villa Romana del Casale. Tale dispositivo, coordinato direttamente dal Vice Questore Aggiunto Fabio D’Amore, Dirigente della Sezione Polstrada di Enna, ha permesso di effettuare accurati controlli di Polizia sulle autovetture e sugli occupanti in transito, impegnando tutto il personale della Sezione della Polizia Stradale di Enna, della squadra di Polizia Giudiziaria, unitamente a pattuglie del Distaccamento di Nicosia. L’attività di repressione delle violazioni al Codice della Strada e dei reati in genere ha determinato il controllo, in totale, di 108 veicoli e 113 persone, anche con l’utilizzo degli strumenti per verificare il tasso alcol emico. Sono state contestate 60 violazioni al Codice della Strada e decurtati 137 punti dalle patenti. Le violazioni hanno riguardato sia autovetture che mezzi pesanti. In particolare, per questi mezzi sono stati verificati anche i tempi di guida e di riposo dei conducenti ed il superamento dei limiti di velocità. Inoltre, 2 carte di circolazione e 2 patenti sono state ritirate a vario titolo. E’ stato effettuato anche 1 sequestro amministrativo di un veicolo. Le sanzioni al Codice della Strada hanno riguardato, principalmente, il mancato uso delle cinture di sicurezza, la circolazione con mezzi privi della prevista revisione periodica e della copertura assicurativa, le modifiche non autorizzate sul veicolo, ed il superamento dei limiti di velocità. Ancora una volta la Polizia Stradale di Enna si è impegnata ad effettuare capillari verifiche e controlli nei pressi dei centri abitati di maggiore densità abitativa del comprensorio ennese, allo scopo di reprimere comportamenti pericolosi, finalizzando gli interventi al miglioramento della sicurezza del traffico. Purtroppo si è rilevato che ancora diffuso è il malcostume di non indossare le cinture di sicurezza alla guida. Ciò, oltre ad esporre a sanzioni, può determinare responsabilità o diminuzioni di risarcimento in caso d’incidente. Infatti, la cintura di sicurezza è un dispositivo obbligatorio, in tutti i posti, sulle autovetture, dalle cosiddette microcar, agli autocarri e agli autobus (solo conducente, ma nel caso ne fossero equipaggiati anche i sedili per i passeggeri, questi ultimi sono tenuti ad indossarle). In sede di liquidazione del danno non è indifferente che il danneggiato indossasse o meno, al momento dell’incidente, le cinture di sicurezza. Se viene dimostrato che il mancato uso delle cinture di sicurezza ha contribuito a causare un danno maggiore di quello che si sarebbe verificato qualora queste ultime fossero state indossate, il giudice ne terrà conto nella quantificazione del danno, diminuendo l’importo spettante al danneggiato in proporzione a quanto sarà valutata l’influenza di questa omissione nella causa del danno. E’ importante, allora, assumere comportamenti corretti alla guida, come quello di indossare le cinture di sicurezza, la cui inosservanza ha un costo di vite umane e sociale ancora elevatissimo. Infine, positivo certamente è stato l’apprezzamento della popolazione locale per l’attività svolta.

Barrafranca: Sui “finti poveri” dichiarazioni del sindaco Lupo e dell’ex Ferrigno

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cantieri di serviziBarrafranca. Ha destato scalpore a Barrafranca e dintorni l’indagine della Guardia di Finanza, che ha scoperto “finti poveri” che sono riusciti a perpetrare una truffa nei confronti della Regione e della Forestale in quanto sono riusciti per diversi mesi ad essere contemporaneamente presenti sia nei cantieri di servizi, istituti dal comune, sia lavoratori stagionali alla dipendenza dell’Azienda Forestale. Un’indagine che ha passato in rassegna ben sei anni dal 2007 al 20012 le attività lavorative di questi “finti poveri” riscontrando delle omissioni abbastanza gravi da parte di chi aveva l’obbligo di controllare il regolare svolgimento dei cantieri di lavoro e soprattutto l’accertamento della presenza. Il sindaco attuale Salvatore Lupo, che è entrato in “servizio” nel maggio del 2012, subito dopo avere conosciuto la sostanza dell’indagine della Guardia di Finanza, che è stata diversi giorni presente presso gli uffici comunali, ha incaricato il capo settore di svolgere un’indagine interna in quanto si sospetta che vi sia stata una certa connivenza nel dare presenti operai dei cantieri, che, invece, in quel momento si trovavano a fare gli stagionali nella Forestale. “L’indagine interna presso gli uffici comunali –ha dichiara il sindaco Lupo – è un atto dovuto perché vogliamo fare chiarezza ed essere pronti a rispondere alla magistratura. In particolare ho chiesto accertamenti rigorosi nel settore interessato, per cui tra qualche giorno dovrei ricevere una relazione dai funzionari incaricati”. Chiamato in causa soprattutto il sindaco, che ha amministrato dal 2007 al 2012, Angelo Ferrigno, il quale è rimasto sorpreso dalla notizia dell’indagine della Guardia di Finanza nella gestione dei cantieri di servizio. “Condanno in maniera netta quanto è avvenuto perché questo significa avere voluto danneggiare il comune. Ho fiducia nella Procura, ma devo sottolineare che la mia amministrazione è stata retta sempre all’insegna della trasparenza e della legalità. Ovviamente speriamo che venga fuori la verità su questa triste vicenda”. Ovviamente in questa indagine non c’è la doppia presenza nello stesso giorno sia nei cantieri che nei boschi del demanio. Per evitarlo gli operai si mettevano in malattia con la Forestale ed andavano a lavorare nei cantieri di servizio del comune barrese perché diversamente non era possibile perché alla Forestale i controlli erano più accurati, comunque ci saranno delle ulteriori indagini, controlli accurati dei registri di presenza nell’uno e nell’altro caso. C’è anche da vedere quale è stato il ruolo dei sei dipendenti comunali indagati in questa vicenda che è costata qualcosa come 500 mila euro.

Piazza Armerina. Detenzione armi e munizioni, padre e figlio denunciati

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rapina mano armataPiazza Armerina. Nel corso di servizi straordinari di controllo del territorio e, in particolare, di mirate verifiche sui possessori di armi, effettuati da personale della Squadra Mobile e del Commissariato di P.S. di Piazza Armerina, sono stati denunciati in stato di libertà A.A., di anni 62 e A.A., di anni 25, padre e figlio, entrambi residenti a Piazza Armerina.
Durante i controlli, infatti, gli agenti hanno constatato che i due, entrambi legalmente detentori di armi, si erano resi responsabili di diverse violazioni della normativa di settore, alcune costituenti reato, altre illeciti amministrativi.
In particolare, il padre, detentore legittimo di un fucile da caccia, calibro 12, con relativo munizionamento, aveva omesso di ripetere la denuncia di detenzione dopo aver trasferito l’arma e le munizioni dalla precedente abitazione a quella attuale.
Inoltre, il predetto fucile risultava di fatto incustodito, trovandosi appoggiato alla parete della camera da letto, nonostante il proprietario si trovasse fuori dall’abitazione e, quindi, nella disponibilità dei familiari presenti. Infine, durante il controllo, si accertava che l’uomo deteneva illegalmente una cartuccia a palla unica presso abitazione rurale di sua proprietà.
I controlli compiuti nei confronti del figlio, consentivano, invece, di accertare che il predetto, titolare di porto d’armi e detentore di tre fucili con relativo munizionamento, aveva omesso di ripetere la denuncia di detenzione dopo aver trasferito uno dei fucili dalla sua abitazione, indicata in denuncia, a quella del padre. Inoltre, l’arma veniva rinvenuta dagli operanti all’interno di un armadietto in materiale legnoso, utilizzato per custodire abbigliamento, privo di serratura e sistemi di sicurezza e/o protezione in genere. Venivano, inoltre, rinvenute due cartucce calibro 36 e 410, a piombo spezzato, non denunciate. Viste le gravi infrazioni riscontrate, il controllo veniva esteso anche all’auto, al cui interno si rinveniva una cartuccia calibro 16, a palla unica, non denunciata, nonché un coltello a serramanico.
Visto quanto riscontrato, i due uomini sono stati denunciati alla locale Procura della Repubblica, per i reati previsti dagli artt. 20 e 20 bis della Legge 110/75 (per l’omessa custodia delle armi), dagli articoli 38 del Testo Unico delle Leggi di P.S. e 58 del Regolamento di Esecuzione del medesimo T.U. (per l’omessa ripetizione di denuncia) e dall’art. 697 del codice penale (per l’illegale detenzione di munizioni). Il figlio, inoltre, è stato denunciato per il reato previsto dall’art. 699 del codice penale (per il porto di arma bianca).
Due fucili, il coltello e le munizioni detenute illegalmente sono stati sottoposti a sequestro penale, mentre tutte le altre armi, stante l’accertato abuso nella loro custodia e l’evidente pericolo di ulteriori e più gravi conseguenze, soprattutto alla luce del reato commesso nella mattinata, sono state ritirate, in via cautelare, ai sensi dell’art. 39 comma 2 del Testo Unico delle Leggi di P.S. ed i due sono stati segnalati al Prefetto di Enna per l’applicazione del provvedimento previsto dal comma 1 dello stesso articolo (Divieto detenzione armi e munizioni).

Un ordigno bellico inesploso di artiglieria ritrovato a Barrafranca

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14 05 2014 proietto aritglieria 155 italiano barrafranca ennaNel comune di Barrafranca è stato rinvenuto un ordigno bellico inesploso risalente al secondo conflitto mondiale.
Il residuato è stato trovato durante gli scavi per una costruzione di edilizia privata, in contrada Santo Salvatore, ed è stato identificato dagli specialisti dell’Esercito Italiano come una proietto d’artiglieria da 105 mm di nazionalità italiana, caricato con 1.240 gr di esplosivo ad alto potenziale (HE).
L’ordigno aveva un peso complessivo di oltre 15 chilogrammi per 38 centimetri di lunghezza.
Sul posto è intervenuta una squadra specializzata del 4° Reggimento Genio Guastatori di Palermo alle dipendenze della Brigata Aosta; queste squadre sono denominate nuclei EOD (Explosive Or-dnance Disposal) più comunemente indicate come squadre artificieri.
A causa del pessimo stato di conservazione non è stato possibile eseguire il disinnesco dell’ordigno e quindi gli specialisti del 4° Reggimento lo hanno distrutto; infatti il residuato è stato trasportato in si-curezza in una cava in contrada Camitrice nel vicino comune di Piazza Armerina (EN) per poter ese-guire l’operazione senza pericolo per la popolazione.
Le capacità tecniche del personale ed i mezzi in dotazione all’Esercito garantiscono il prezioso inter-vento in caso di pubblica utilità e per la tutela dell’ambiente. In particolare, i reparti genio, grazie alle esperienze maturate nelle missioni estere ed all’elevata connotazione “dual-use” (capacità di coope-rare con le autorità civili a favore della cittadinanza e quella operativa espressa nei teatri operativi), operano a favore della comunità nazionale sia in caso di pubbliche calamità, sia per la bonifica dei residuati bellici ancora ampiamente presenti sul territorio italiano.
Dal 2000 al 2013, i nuclei EOD dei reparti genio dell’Esercito hanno eseguito oltre 37.000 interventi specialistici per la bonifica di ordigni esplosivi.
Nel 2014 gli specialisti dell’Esercito del 4° Reggimento Genio Guastatori di Palermo hanno già porta-to a termine 27 interventi di bonifica nel territorio siciliano, con il relativo disinnesco o distruzione de-gli ordigni rinvenuti.
L’Esercito è l’unica Forza Armata preposta alla formazione degli artificieri di tutte le forze di polizia, forze armate e corpi armati dello stato.

Prostituzione minorile. Enna: si conclude il processo Pandemia

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prostituzione minorileMartedì prossimo, potrebbe arrivare la sentenza nel processo “Pandemia”, che riguarda un giro di prostituzione minorile, organizzato da una donna L.B. ,che ha utilizzato la sua presunta nipote, offrendola si suoi clienti per fare soldi. Il giro è stato scoperto nel settembre del 2012 dagli agenti della squadra mobile, diretta dal vice questore Giovanni Cuciti. Il 27 maggio è prevista la requisitoria del Pm e subito dopo dovrebbe esserci la sentenza. Quasi tutti gli imputati, a dire il vero, clienti della ragazzina, oggi ospite di una comunità di recupero, rischiano pene miti, perché “il codice penale punisce chi ha rapporti con prostitute minorenni con “la reclusione da sei mesi a tre anni o una multa non inferiore a 5.164 euro”. Ad aprire l’udienza del 27 maggio sarà il Pm Maria Pia Ticino, che ha coordinato l’inchiesta degli agenti del vicequestore Giovanni Cuciti. Gli imputati sono quattro e difesi dagli avvocati Gabriele Cantaro, Giuliana Conte , Mario Costa, Francesco Costantino, Salvatore Ganci, Giovanni Palermo. Altri 8 clienti hanno patteggiato e sono stati condannati a 6 mesi o ad 1 anno di reclusione, con la condizionale, a seconda se abbiano avuto rapporti con la ragazzina quando aveva 15 o 16 anni. La cosiddetta “zia”, difesa dall’avvocato Franco Puzzo, è accusata di sfruttamento della prostituzione. Gli incontri sessuali a pagamento si sarebbero svolti ad Enna, Calascibetta, Villarosa, Campobello di Licata, nell’Agrigentino, a Misterbianco e Catania, dal dicembre 2011 a settembre del 2012. La ragazzina si è costituita parte civile, attraverso il tutore nominato dal Tribunale. Il 27 maggio dopo la requisitori del Pm, ci saranno le arringhe dei difensori degli imputati, della parte civile e quindi la sentenza. Sono durate sei mesi le indagini della squadra mobile, nel corso dei quali sarebbero stati rilevati i luoghi dove si consumavano gli appuntamenti con i clienti e dialoghi fra la donna e la ragazza a dimostrazione che la donna sfruttava bene la presenza della ragazzina, le cui prestazioni venivano pagate molto bene dai clienti; ovviamente alcuni clienti sono, accusati di prostituzione minorile, aggravata dal fatto che la vittima aveva un’età al di sotto dei quindici anni.


Pietraperzia. Processo abbreviato per Grazia Stella ed i suoi tre figli

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La legge è uguale per tuttiUna donna di Pietraperzia, Grazia Stella, 66 anni e i suoi tre figli Giuseppe Salvatore e Giovan Battista Di Marca, saranno processati con il rito abbreviato in quanto si sono resi responsabili di tentato omicidio nei confronti di due persone, padre e figlio, che sono residente in Francia, ma che si trovavano per un periodo di vacanze a Pietraperzia. L’avvocato Gaetano Giunta del foro di Catania ha ottenuto il rito abbreviato a condizione che sia ascoltato sulla rissa un supertestimone, che ha visto la tutta la lite. Tutto nasce dal fatto che un bambino correva lungo la strada dove abitano i Di Marco con il monopattino e la signora Stella aveva rimproverato il ragazzino, dicendogli che il marito stava molto male e quindi lo invitava a desistere dal suo gioco. Pare che Grazia Stella abbia invitato i figli ad una spedizione punitiva, andando ad aggredire nonno e padre del bambino. C’è stata una violenta lite ed il nonno nella colluttazione ha riportato la frattura del braccio, comunque subito dopo la lite i due furono portati la Pronto soccorso dell’Ospedale, ed i medici li dichiararono fuori pericolo. Il Gup Elisabetta Mazza ha accolto l’istanza,il pm Fabio Scavone aveva espresso parere contrario. Sostanzialmente il super testimone sarà interrogato nell’udienza del 12 giugno. E così adesso il prossimo 12 giugno, mentre le conclusioni ci saranno il prossimo 13 novembre. Nonno e padre si sono costituiti parte civile e sono assistiti dall’avvocato Mauro Lombardo. Le indagini, coordinate dal pm Marco Di Mauro, ha evidenziato, anche a seguito della consulenza del medico legale Filippa Tropea, che due tentati omicidi non ci sono stati per cui l’accusa è passata dal duplice tentato omicidio a tentato omicidio e lesioni. L’accusa è passata, in pratica, da duplice tentato omicidio a tentato omicidio e lesioni. Il consulente della difesa, il medico Giuseppe Sanfilippo, ha dichiarato che si è trattato solo di una lezione. Comunque l’avvocato Lombardo ha, subito dopo la lite, consegnato alla Procura le cartelle cliniche dei due feriti. I fratelli Di Marca hanno sempre sostenuto che in loro c’era solo di dare una punizione e non c’era assolutamente la volontà di uccidere.

DASPO a calciatore per i fatti registrati nell’incontro di calcio “Città di Enna” e “San Gregorio”

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daspoIl Questore di Enna, dott. Ferdinando Guarino, ha adottato il divieto di accesso per il periodo di tre anni in tutti i luoghi ove si svolgono competizioni calcistiche della società A.S.D. San Gregorio (Ct), nonché in tutti gli stadi o altri impianti sportivi in occasione di eventi calcistici riguardanti i campionati della Lega Nazionale Dilettanti, con contestuale obbligo di comparire presso il Comando Stazione CC di San Giovani La Punta, al trentesimo del primo e del secondo tempo di tutti gli incontri ovunque disputati dalla squadra di calcio A.S.D. San Gregorio, nei confronti del minore N. S., di anni 17, residente nel comune di San Giovanni La Punta (CT).
Il provvedimento è stato notificato al giovane e ai suoi genitori nella giornata del 14/05/2014 e, su conforme richiesta della Procura della Repubblica per i minori di Caltanissetta, è stato oggetto di convalida, il 17.05.2014, da parte del G.I.P. del Tribunale dei minorenni di Caltanissetta, per quel che concerne l’obbligo di comparizione presso il Comando Stazione CC di San Giovanni La Punta.
L’incisiva misura di prevenzione adottata dal Questore di Enna scaturisce da gravi episodi di violenza verificatisi ad Enna, il 23.04.2014, nel corso di una partita di calcio fra le squadre “Città di Enna” e “San Gregorio” valevole per i play off del campionato Regionale Allievi. Nel dettaglio: all’11° minuto del secondo tempo, il minore N.S., giocatore del “San Gregorio”, a seguito di un normale contrasto di gioco, colpiva un avversario con un pugno e con calci allo stomaco. L’ingiustificata aggressione fisica ai danni del calciatore del “Città di Enna” provocava una violenta colluttazione che coinvolgeva giocatori di entrambi le società. A salvaguardia dell’incolumità fisica dei calciatori stessi, l’arbitro sospendeva definitivamente la gara. Solo il tempestivo intervento della Forze dell’Ordine, presenti sul posto, impediva la consumazione di ulteriori atti di violenza e ripristinava l’ordine pubblico.
A seguito dell’aggressione subìta, il calciatore del “Città di Enna” riportava la frattura del setto nasale ed un trauma cranico minore, giudicati guaribili in 20 giorni s.c.
Giova sottolineare che il G.I.P. del Tribunale per i minorenni, nel convalidare il provvedimento del Questore, ha rimarcato l’assoluta gravità della condotta contestata al minore, “in ragione della violenza della stessa, del mancato rispetto delle leggi e delle norme di correttezza comportamentale in occasione dell’espletamento di manifestazioni sportive”.

L’emissione del provvedimento si inserisce in seno all’ampia campagna di contrasto ad ogni forma di violenza, anche in occasione di manifestazioni sportive, fortemente promossa dal Questore Guarino, nella convinzione che lo sport è e deve essere un momento di aggregazione giovanile, veicolo di messaggi positivi, non certo una occasione per porre in essere comportamenti violenti.

Arrestato ambulante nisseno per lesioni gravissime a nicosiano, aveva relazione sentimentale con la moglie

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FALZONE_VINCENZONella giornata di ieri i militari della Radiomobile di Nicosia hanno tratto in arresto, in flagranza di reato Vincenzo Falzone classe 1977, venditore ambulante residente in Caltanissetta, gravato da pregiudizi penali, per il reato di lesioni personali gravissime.
Nel pomeriggio di ieri infatti il Falzone veniva raggiunto da un nicosiano, il quale, dopo aver scoperto che la di lui moglie aveva da tempo una realzione sentimentale con il Falzone, decideva di affrontare il venditore ambulante, per meglio dirimere la controversia appena scoperta. Tra i due è scoppiata una lite, che lo ha visto soccombere sotto la violenza del Falzone che, colpendolo con calci e pugni, gli procurava lesioni gravissime, tali da determinare il ricovero per “Politrauma” presso l’ospedale di Nicosia in prognosi riservata. Il Falzone veniva trattenuto presso le camere di sicurezza della Compagnia, in attesa di rito direttissimo, come disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Enna.

Alla guida senza patente e sotto l’effetto dell’alcool: arrestato pregiudicato catanese evaso dagli arresti domiciliari

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FAGONE FebbronioUn pregiudicato catanese residente da tempo ad Enna, Febbronio Fagone classe 1967, nella mattinata di sabato, violando il provvedimento di concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare, si è messo alla guida dell’autovettura della propria moglie sprovvisto di patente di guida e dopo aver assunto delle sostanze alcoliche.
I fatti si sono svolti sulla “SS 561” direzione di marcia Enna Bassa-Pergusa, allorquando i poliziotti appartenenti al locale ufficio “Volanti” della Questura di Enna, diretti dal Commissario Capo dott. Alessandro Scardina, notavano un’autovettura intenta ad effettuare alcuni sorpassi azzardati violando l’apposita segnaletica stradale.
La prontezza di intervento consentiva agli agenti di porsi all’inseguimento del veicolo riuscendo a fermarlo poco più avanti.
Alla guida del mezzo si trovava il citato Fagone il quale, pur dovendo trovarsi a quell’ora del giorno all’interno della propria abitazione, si era allontanato da casa noncurante delle prescrizioni impartite dal Tribunale di Sorveglianza.
L’uomo, sprovvisto di patente perché revocata da diversi anni, emanava un persistente alito vinoso, circostanza che induceva, dunque, i poliziotti ad eseguire gli ulteriori accertamenti attraverso la prova dell’etilometro. Ad esito di tale ultima verifica gli agenti constatavano lo stato di ebbrezza alcolica dello stesso.
Il Fagone, denunciato in stato di arresto per i reati di evasione, guida con patente revocata nonché guida di veicolo in stato di ebbrezza, veniva accompagnato presso gli uffici della Questura.
Espletate le formalità di rito, il pregiudicato, noto alle forze dell’Ordine per avere, già in passato, posto in essere condotte della medesima indole sottraendosi all’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali emessi a suo carico, come disposto dal Sostituto Procuratore della Repubblica procedente, Dr.ssa Anna Granata, veniva accompagnato, in regime di arresti domiciliari, presso la propria abitazione.
In ragione della condotta assunta dal Fagone, nel corso della mattinata di ieri, il Tribunale di Sorveglianza di Caltanissetta ha emesso decreto di revoca della misura alternativa della detenzione domiciliare concessa allo stesso, disponendone la traduzione presso la locale Casa Circondariale. Il personale dell’U.P.G.S.P. di Enna dava esecuzione al menzionato provvedimento traducendo il Fagone presso l’anzidetta struttura carceraria.

Minacce ad Associazione di Calascibetta in favore dei rumeni

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festa rumenaE’ riuscita in un ambiente difficile come Calascibetta a creare un’associazione “Si.ro., Sicilia-Romania, nata per dare supporto ed assistenza agli immigrati della sua terra, attività tutta benefica e sociale, ma, nonostante questo, ha ricevuto una lettera anonima, di un sedicente comitato “per la difesa del territorio dai rumeni”, per certi aspetti minacciosa, diffamatoria, ma tutto questo non l’ha nemmeno scalfita e continua a lavorare in favore di chi ha bisogno di aiuto, in difesa delle badanti. Nella lettera anche un invito al sindaco, Carmelo Cucci, di emarginarla e di allontanarla dal paese. Dorica Orzan vive da diversi anni a Calascibetta, ha creato la sua associazione, ha ottenuto ottimi risultati, esiste un punto di riferimento per i rumeni che abitano a Calascibetta. “abbiamo denunciato tutto – dichiara la signora Dorica – Il fatto è avvenuto a novembre, ma per diversi motivi abbiamo preferito non dare alcuna comunicazione prima per evitare ulteriori problemi”. “Il fatto più grave – prosegue Dorica – è che alcune donne romene, che prestano assistenza agli anziani, hanno anche subito delle minacce ed invitate ad andare via e se si avvicinano alla nostra associazione o alla Chiesa Ortodossa, vengono minacciate di licenziamento. A Calascibetta ci sono 60 romeni, che hanno tutti un lavoro mentre in provincia la comunità romena è rappresentata da 1.200 persone”. L’associazione ha anche realizzato un banco alimentare che va incontro alle famiglie povere che hanno poco da mangiare. Sono 120 le famiglie che l’associaizone assiste e non si tratta solo di rumeni, ma anche di Calascibetta, alle quali viene dato, la maggior parte loro pasta, pane, latte e altri beni di prima necessità. “Prendiamo gli alimenti a Caltanissetta – spiega Dorica – e veniamo incontro a famiglie di Calascibetta, Enna e Villarosa, non siamo nazionalisti, ma veniamo incontro a chi è in difficoltà ”. E’ chiaro che queste aggressioni, anche epistolari probabilmente sono arrivate perché il controllo delle famiglie rumene sta a significare che c’è una difesa dei diritti e non ci sono offerte di lavoro a basso costo e senza garanzie. La Dorica ha lanciato un appello e fa una richiesta all’amministrazione per avere dei locali più grandi per l’associazione. Il sindaco, Carmelo Cucci, ha dato subito una risposta immediata “Siamo a fianco dell’associazione Siro ed anche disponibili a concedere dei locali, firmare subito un contratto di comodato d’uso gratuito e se ci saranno delle disponibilità finanziarie anche la concessione di un contributo“.

Tre romeni arrestati per furti di rame nei comuni di Villarosa e Calascibetta

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enna furti rameNella mattinata di ieri i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Enna hanno messo a segno l’ennesimo brillante risultato nella lotta al contrasto del dilagante fenomeno dei furti di rame.
L’attività investigativa, iniziata nel mese di febbraio 2014, ha preso spunto da una serie di segnalazioni da parte dell’ENEL Spa che, soprattutto nelle contrade Gerace e Bubudello di Enna, aveva riscontrato numerosi ammanchi di conduttori in rame dalle linee elettriche con conseguente ingente danno per la Società e, soprattutto, per la collettività, rimasta “al buio” in alcuni casi anche per lungo periodo.
L’immediato rafforzamento dei servizi di pattugliamento dei Carabinieri nell’area interessata, come si ricorderà, aveva già consentito il 14.02.2014 di trarre in arresto nr. 5 cittadini romeni, sorpresi mentre tentavano la fuga dopo l’ennesimo furto di rame, nonché di far registrare un sensibile calo del fenomeno. A questo si aggiunse la raccolta di una serie di elementi utili per l’avvio di una più approfondita indagine, sviluppata dall’Aliquota Operativa della Compagnia e sapientemente coordinata dalla Procura della Repubblica di Enna (P.M. Dott. Fabio Scavone).
L’attività, così intrapresa, permetteva di individuare alcuni soggetti, di etnia romena e dimoranti nella limitrofa Provincia di Caltanissetta, ritenuti gli autori di una serie di furti di rame nell’ennese, facendo piena luce sulle dinamiche criminali del sodalizio e sulle metodologie utilizzate dagli stessi per impossessarsi del rame. enna furto rameA riscontro dell’indagine, confermandone la valenza, l’08.04.2014 nell’area a confine tra i Comuni di Villarosa e Calascibetta gli stessi militari riuscirono nottetempo a sventare il recupero di oltre 1.000,00 kg di rame, in precedenza reciso dalle linee elettriche e preparato in matasse recuperando inoltre un veicolo commerciale, risultato rubato in Agrigento.
L’Autorità Giudiziaria, condividendo pienamente i risultati cui pervenivano i Carabinieri, emetteva pertanto le nr. 3 ordinanze di custodia cautelare che sono state eseguite ieri mattina nei confronti dei citati soggetti, dimoranti a Caltanissetta e provincia. Gli stessi, al termine delle formalità di rito, sono stati ristretti in regime di arresti domiciliari presso le rispettive abitazioni ad eccezione del Ghica Iulian che è stato tradotto presso la locale Casa Circondariale. Contestualmente, come disposto dalla stessa Autorità Giudiziaria, sono state sottoposti a sequestro nr. 2 veicoli in uso agli stessi ed utilizzati per la commissione dei reati.

Cerami: arrestato 58enne, ai giardini pubblici visionava immagini pornografiche con due minori

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TESTA PIPPO 07-07-1956Nella serata del 26 maggio u.s. i Carabinieri di Cerami hanno tratto in arresto facoltativo, in flagranza di reato Filippo Testa, incensurato, classe 1956, coniugato, pensionato, responsabile di resistenza e violenza a Pubblico Ufficiale. I Militari infatti, nel pomeriggio intervenivano presso i giardini comunali, ove sorprendevano l’arrestato in compagnia di due minori di anni 13, intento a visionare e commentare con questi delle immagini pornografiche su un tablet di proprietà di uno dei minori. Durante le operazioni di identificazione, il Testa dava in escandescenza, opponendosi al controllo. Espletate le formalità di rito veniva tradotto presso la casa circondariale di Enna, come disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Enna. Il Tablet è stato sequestrato ed il Testa è stato anche denunciato a p.l. per il reato di corruzione di minore. I due bambini sono stati affidati ai genitori.


Cerami. Tre arresti per detenzione ai fini di spaccio di marijuana

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marijuanaNella notte appena trascorsa, in Troina, i Militari della Stazione Carabiieri hanno tratto in arresto, in flagranza di reato:

-DI GIORGIO Michele, ceramese del 1981, celibe, disoccupato, gravato da pregiudizi penali;

-DI GIORGIO Ambrogio, ceramese del 1975, celibe, operaio, gravato da pregiudizi penali;

-D.B.  A., ceramese del 1985 , celibe, disoccupato, incensurato;

tutti responsabili di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente in concorso.

I MIlitari infatti, durante un posto di controllo effettuato nelle vie cittadine, hanno fermato l’autovettura con a bordo i tre arrestati, per un controllo di routine. Mentre venivano espletate le normali attività del caso, i Militari hanno capito dall’atteggiamento delle persone oggetto di controllo che c’era qualcosa di strano, decidendo quindi di effettuare un’accurata perquisizione personale e veicolare. Durante questa, venivano rinvenute, sotto il sedile posteriore dell’auto, 8 dosi di marijuana, per un peso complessivo di 19 grammi, oltre a diverse centinaia di euro nel portafogli di uno dei tre arrestati. Quanto rinvenuto è stato sequestrato. Gli arrestati, espletate le formalità di rito, venivano tradotti presso le proprie abitazioni di Cerami, in regime di arresti domiciliari, come disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Enna.

Sotto processo due medici, non diagnosticarono un tumore alla mammella a donna di Piazza Armerina

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tumore mammellaDue medici ennesi, Franco C., difeso dall’avvocato Michele Calcagno, e Gaetano A., difeso dagli avvocati Nicola Granata e Corrado Adornò si trovano sotto processo, che si è aperto ieri davanti al giudice monocratico Marco Mannella, in quanto sono ritenuti responsabili di non aver diagnosticato ad una signora di Piazza Armerina un tumore alla mammella, perché per la Procura sarebbe bastato sottoporla ad una diagnosi precoce per evitare di essere sottoposta a una mastectomia. Ovviamente la donna, difesa dall’avvocato Giovanni Zagardo, si è costituita parte civile. Nel corso dell’udienza la donna ha dovuto ricostruire tutte le fasi degli accertamenti,effettuati dai due medici, sino ad arrivare alla decisione finale di essere sottoposta ad intervento chirurgico per eliminare il tumore. Il medico Franco C. viene ritenuto responsabile di avere esteso il referto della mammografia effettuata nel febbraio del 2010, mentre il medico Gaetano A. avrebbe effettuato lo stesso esame, un anno dopo, nel marzo del 2011. Franco C. è accusato di imperizia, avrebbe dovuto effettuare accertamenti più precisi, tenuto conto della presenza di un nodulo sospetto all’esame radiografico, mentre per Gaetano A. c’è stata negligenza, perché avrebbe omesso di refertare l’esame che lo stesso ebbe ad eseguire. I due medici sono accusati di avere provocato alla donna una “lesione personale gravissima”, consistente in “mastectomia radicale con asportazione del linfonodo sentinella”. Dopo la denuncia, l’inchiesta è stata effettuata dai carabinieri della compagnia di Piazza Armerina, coordinata dal pm Francesco Rio, che poi ha deciso di chiedere il giudizio per i due medici. Nell’ultima udienza ha anche deposto l’ex comandante la compagnia dei carabinieri di Piazza Armerina, il capitano Michele Cannizzaro. Il processo riprenderà giovedì prossimo con l’audizione degli esperti che effettuarono una consulenza per il Pubblico ministero.

I beni del boss Turi Seminara al vaglio della corte d’Appello

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Salvatore-SEMINARAIl tribunale di Enna gli ha confiscato beni, ritenuti dal valore di 10 milioni di euro, sostenendo che c’è notevole di fferenza tra raddito complessivo e patrimonio e dovranno essere i giudici della Corte di Appello di Caltanissetta che dovranno decidere se confiscare questi beni oppure no. Si tratta di Salvatore Seminara, l’imprenditore agricolo di Mirabella Imbaccari, 66 anni, che la Dda di Caltanissetta ritiene si tratti del responsabile provinciale della famiglia di Cosa Nostra di Enna. I giudici nisseni stanno esaminando entrate ed uscite dell’agricoltore negli ultimi quindici anni. I giudici del Tribunale di Enna hanno sottolineato nel confiscare i beni che molto del patrimonio di Turi Seminara è di provenienza illecita, maturati con le estorsioni, con il pizzo ed anche con la gestione di case clandestine per il gioco d’azzardo. I difensori di Turi Semnara, gli avvocati Silvano Domina e Giuseppe Scillia, invece sono di parere contrario ed hanno ottenuto dai giudici nisseni di poter acquisire tutti i documenti relativi a redditi e contributi, ricevuti dall’imoprenditore agricolo per cui chiede che venga revocata la confisca di questi beni, prodotti con il lavoro continuo di tutti i familiari di Turi Seminara, e questi non raggiungono per niente i 10 milioni di euro, ma appena qualche milione e mezzo. La decisione sui beni verrà presa giovedì 26 giugno e gli avvocati difensori ce la metteranno tutta per dimostrare che tutto quello posseduto dalla famiglia Semonara è tutto di provenienza lecita con l’attività di imprenditori agricoli. Per Turi Semionara non finisce qui perché per lui sarà un giugno veramente caldo in quanto è imputato in un altro processo. Il 18 giugno, infatti, ci sarà un’udienza importante del processo bis “Olde One“ che ritorna da Roma, dai giudici della Cassazione e qui l’accusa per Seminara è di associazione mafiosa aggravata. Assieme Seminara si trova imputato, quello che la Dda considera essere il suo luogo tenente, vale a dire Gaetano Drago, commerciante aidonese di 55 anni, anche lui allo stato attuale libero per decorrenza dei termini di scarcerazione. Il processo doveva concludersi il mese scorso, ma non è stato possibile perché è venuto a mancare, per trasferimento, uno dei giudici. In primo grado Turi Seminara è stato condannato in primo grado a 10 anni, poi ridotti ad 8 anni in appello, ma questa sentenza è stata annullata sarebbe dovuta entrare nel vivo il mese scorso, ma è slittato per l’assenza di uno dei giudici. Seminara aveva preso10 anni in primo grado, poi la pena fu ridotta a 8 in appello e adesso la sentenza è stata annullata, mentre Drago era stato condannato a 6 anni, poi annullati perché gli avvocati difensori dei due imputati non avevano potuto ascoltare, senza filtro, le intercettazioni registrate dai carabinieri.

Operazione “Cemento armato”: 74 arresti e 178 imprenditori indagati tutti assolti

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assoluzioneEnna. Al banco degli imputati imprenditori, accusati turbativa d’asta, truffa e associazione a delinquere nel processo “Cemento armato” sono stati assolti, tutto è nato da un’inchiesta condotta dalla procura di Nicosia su un presunto cartello di aziende edili che, per anni, avrebbe pilotato l’assegnazione dei lavori di realizzazione delle opere pubbliche, oltre cento gare d’appalto truccate
Lo ha appena deciso il Tribunale Penale di Enna in composizione collegiale presieduto dal dott . La Placa, giudici a latere dott.ri Grasso e Commandatore.

Difensori degli imputati: Avv. Giuseppe Greco; Avv. Ones Benintende; Avv. Nunzio Buscemi; Avv. Calogero Cavallaro; Avv. Gaetano Grassia; Avv. Salvatore Giangrasso; Avv. Raimondi Carlo Alberto;
Avv. Tosetto Luigi; Avv. Cantaro Gabriele; Avv. Gullotta Pippo; Avv. Franco Screpis e Avv. Montaperto.

News di riferimento:

Enna. Processo ‘Cemento Armato’ l’associazione a delinquere contestata nel 2003 sarebbe caduta in prescrizione

Procura Nicosia: 178 imprenditori indagati, avevano truccato oltre 100 gare, operazione ‘cemento armato’

Enna: ‘Operazione cemento armato’ appalti truccati: arrestati 74 imprenditori

Aidone. Definitive le condanne per Vincenzo Scivoli la convivente e i presunti componenti della sua cosca

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cassazioneAidone. La seconda sezione penale della Cassazione ha confermato le condanne ai quattro imputati che erano implicati nell’inchiesta “Nerone” avvenuta ad Aidone dove la cosca guidata da Vincenzo Scivoli, 44 anni, la sua convivente Elena Caruso, 43 anni, avrebbe condizionato le attività imprenditoriali di Aidone chiedendo il pizzo, e chi sgarrava poteva vedere i mezzi di lavoro bruciati. La Mobile ennese e la Dda nissena arrestò Vincenzo Scivoli, disoccupato, difeso dall’avvocato Vincenzo Vitello, condannato in via definitiva a 10 anni e 10 mesi di reclusione; Elena Caruso è stata condannata a sei anni di reclusione in quanto responsabile di estorsione e la stessa condanna è stata applicata a Marco Gimmillaro, aidonese di 41 anni. I due imputati, difesi rispettivamente dagli avvocati Gabriele Cantaro e Carmelo Lombardo, sono stati assolti però dall’accusa di associazione mafiosa.
Una nuova condanna per Riccardo Abati, 50 anni di Piazza Armerina, difeso dall’avvocato Antonio Impellizzeri, è stato condannato a 11 anni e 8 mesi per associazione mafiosa. Per Abati, il Pg della Cassazione aveva accolto per Riccardo Abati, le ragioni del ricorso presentato dall’avvocato Impellizzeri, che aveva chiesto di annullare la sentenza per rideterminare la pena e escludere un’aggravante, ma i giudici romani sono stati irremovibili e hanno confermato la condanna. Vincenzo Scivoli guidava militarmente il suo gruppo e nessuno poteva prendere iniziative per conto proprio perché rischiava l’espulsione dal gruppo; inoltre non aveva problemi a minacciare gli imprenditori, che nei cantieri si trovavano delle bombe incendiarie per far capire che loro volevano il pizzo e non la perdonavano a nessuno. In questo gruppo c’era Ivano Antonio Di Marco, difeso dall’avvocato Sinuhe Curcuraci, che però è stato già condannato in via definitiva a 9 anni di reclusione.

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