Nella giornata di ieri due pattuglie di militari dell’Arma di Aidone, nel corso di un servizio perlustrativo per il controllo del territorio, transitando lungo la Strada Provinciale in contrada Toscano, notavano giungere in direzione opposta, un fuoristrada, condotto e di proprietà di D.G., 43enne originario della provincia di Catania e, sullo stesso veicolo, era seduto accanto al conducente Destro Carmelo Giuseppe, 53enne nato a Bronte, residente a Maniace anche se di fatto domiciliato a Licodia Eubea, pluripregiudicato, allo stato sorvegliato speciale di p.s. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di abituale dimora per la durata di due anni.
I due, poiché noti alle Forze di Polizia, venivano immediatamente bloccati e sottoposti a controllo e, mentre a D.G. venivano chiesti i documenti di circolazione del veicolo, Destro Carmelo Giuseppe, scendeva dal veicolo ed, iniziando a correre, con una precipitosa fuga, nonostante l’intimazione rivoltagli dei militari operanti di fermarsi ed il contestuale inseguimento a piedi nel terreno, si allontanava dal luogo del controllo.
Nell’immediatezza due militari rimanevano in loco con D.G. e lo accompagnavano presso la Stazione Carabinieri di Aidone mentre altri due colleghi iniziavano le ricerche di Destro Carmelo Giuseppe che di li a poco, veniva individuato e bloccato in prossimità di un vecchio casolare abbandonato.
Alla luce delle palesi violazioni della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno, per essere stato sorpreso nel territorio del comune di Aidone contravvenendo all’obbligo di soggiorno nel comune di residenza (Maniace) e/o di abituale dimora (Licodia Eubea) ed avendo tentato di eludere il controllo dandosi alla fuga, Destro Carmelo Giuseppe veniva dichiarato in stato d’arresto.
I Carabinieri della Stazione di Aidone hanno inoltre deferito all’Autorità Giudiziaria D.G., poiché, sebbene sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. e con patente revocata, guidava un veicolo senza patente.
Destro Carmelo Giuseppe, espletate le formalità di rito, è stato accompagnato presso la casa circondariale di Enna a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.
Aidone. Non rispetta l’obbligo di soggiorno: arrestato pregiudicato catanese
Enna. Scoperto maxi giro di fatture false per oltre 5 mln di euro, denunciate 9 persone
Enna. Nove persone denunciate alla competente Autorità Giudiziaria per reati fiscali, oltre 5,5 milioni di euro di materia imponibile recuperata a tassazione ai fini delle imposte dirette e circa 1,2 milioni di euro di IVA sottratta al Fisco è il bilancio di due complesse attività di polizia tributaria, condotte dai militari del Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Enna, concluse nei confronti di altrettante società di capitali, operanti nel settore dei servizi, aventi domicilio fiscale nel capoluogo ennese.
Le verifiche fiscali eseguite hanno consentito di individuare una maxi frode fiscale imperniata sul sistematico e fraudolento utilizzo di false fatturazioni che ha permesso alle due società di abbattere i ricavi d’esercizio attraverso l’utilizzo di costi fittizi, ed, allo stesso tempo, di beneficiare di rilevanti crediti IVA inesistenti.
Ma il sistema è stato scoperto dai militari delle Fiamme Gialle del capoluogo ennese i quali, attraverso l’effettuazione di accurati “controlli incrociati” nonché la minuziosa indagine dell’impianto contabile delle società verificate, hanno setacciato i documenti fiscali delle imprese per circa un anno, individuando tutti i rapporti economici inseriti in contabilità, ma di fatto mai avvenuti.
È stato accertato che la gran parte delle fatture false venivano emesse da soggetti economici “compiacenti”, alcuni dei quali sono risultati essere delle mere “cartiere”, vale a dire soggetti esistenti solo sotto il profilo formale, in quanto titolari di regolare partita Iva, la cui concreta attività si è esaurita nell’emissione a beneficio di terzi di fatture attestanti forniture di beni e prestazioni di servizi in realtà mai effettuate.
In altri casi è stato scoperto, invece, che venivano creati documenti falsi ex novo, utilizzando i dati identificativi di soggetti “inconsapevoli”, del tutto estranei alla frode, o addirittura “inesistenti”, utilizzando dati di pura fantasia.
L’attività di polizia tributaria, inoltre, ha consentito di individuare anche un cospicuo elenco nominativo di ditte, ben quattordici, che hanno avuto il ruolo di “fornitori” delle verificate risultate “Evasori Totali”, contribuenti cioè completamente sconosciuti al fisco, che sono stati prontamente segnalati ai competenti reparti territoriali del Corpo per l’avvio di controlli fiscali volti alla ricostruzione dell’effettivo reddito percepito e del reale giro d’affari generato da ciascuno di essi.
Sono stati deferiti, infine, alla Procura della Repubblica competente nove persone a vario titolo resisi responsabili dei delitti di emissione di fatture per operazioni inesistenti, di occultamento o distruzione delle scritture contabili, di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e di omesso versamento di IVA, previsti e puniti dal D.Lgs. n. 74/2000.
Catenanuova. Arrestati gli autori dell’omicidio di Vito Donzì scomparso per “lupara bianca” nel 1997
Il cadavere venne quindi bruciato e disperso in un terreno alla periferia di Catenanuova, tanto da non poterne rinvenire alcun resto.
In particolare il Mavica ha raccontato che a commettere l’omicidio materialmente sono stati lui stesso e Marletta, che incontrando il Donzì Vito davanti al Chiosco Rapisarda, con uno stratagemma, lo avevano convito a salire su una autovettura Fiat Uno portandolo sul luogo dove poi venne soppresso.
Al corrente dell’omicidio prima di commetterlo erano, oltre allo stesso collaboratore ed il Marletta, Leonardi Salvatore che lo aveva ordinato, dando l’incarico al Mavica di conquistare prima la piena fiducia della vittima.
Dopo avere prelevato la vittima il Mavica ed il Marletta sono andati sul luogo della soppressione, un garage in disuso in aperta campagna, con la scusa di far vedere al Donzì un’autovettura rubata da smontare.
Appena entrati però il collaboratore, già con la pistola in mano, ha esploso due colpi all’indirizzo del Donzì di cui uno di grazia, mentre Marletta era in attesa all’esterno alla guida dell’autovettura.
Le due misure cautelari emesse dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta – DDA, sono arrivate a seguito dell’accoglimento da parte del Tribunale del Riesame dell’appello proposto dal Pubblico Ministero responsabile del procedimento e del successivo rigetto da parte della Suprema Corte di Cassazione del ricorso proposto dagli indagati.
Barrafranca. Agguato mafioso ucciso operaio forestale 44enne
Barrafranca. Agguato in stampo mafioso, questa mattina intorno alle 5,30 la vittima è Giovanni Gulino, 44 anni operaio del Corpo forestale. L’uomo è stato freddato con 5 colpi di pistola. Due killer lo attendevano davanti alla sua abitazione ed hanno fatto fuoco non appena Gulino è salito sulla sua auto per recarsi al lavoro. L’uomo aveva precedenti per vicende di armi e droga ed è considerato dagli inquirenti vicino ad ambienti mafiosi. Un fratello di Gulino venne assassinato nel 2002 in Germania.
Omicidio Barrafranca: vertice in Prefettura su sicurezza. Sen. Lumia: Cosa Nostra ennese non va sottovalutata
Enna. Il Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal Prefetto Clara Minerva, ha esaminato, con la partecipazione del Sindaco di Barrafranca, la situazione dell’ordine e della sicurezza pubblica in quel Comune anche alla luce dell’agguato, verificatosi nella prima mattinata di oggi, il cui movente è in corso di accertamento da parte dei competenti organi investigativi.
Il Prefetto ha evidenziato l’alto livello di attenzione della Magistratura inquirente e delle Forze dell’Ordine in un contesto locale in cui anche di recente (dicembre 2010 e agosto 2011) si sono verificati in quel Comune omicidi riconducibili a contrasti sorti nell’ambito di gruppi della criminalità organizzata.
Il Sindaco di Barrafranca ha riferito sul progetto del sistema di video sorveglianza del Programma Operativo Nazionale “Sicurezza per lo sviluppo. Obiettivo convergenza 2007-2013 “, assicurando il rispetto dei tempi previsti dal crono programma e la volontà dell’Amministrazione di realizzare l’impianto nel più breve tempo possibile.
Il Comitato ha sottolineato la rilevanza del progetto per l’importante effetto deterrente e per l’utilità che il sistema di video sorveglianza potrà rivestire a fini investigativi.
“L’assassinio a Barrafranca di un operaio forestale con precedenti penali, Giovanni Gulino, ci dice che non dobbiamo correre il rischio di sottovalutare la mafia ennese”. Lo dichiara il senatore Giuseppe Lumia, capogruppo del Pd in Commissione giustizia.
“La mafia ennese – aggiunge – controlla il territorio, collude con settori della politica e dell’economia. È la mafia che ha ospitato i summit di Cosa nostra che hanno dato il via alla stagione delle stragi del ’92/’93. Ecco perchè è necessario alzare il livello di guardia, per colpirla in modo sistematico e a tutti i livelli”.
“Confido – conclude l’esponente del Pd – nel lavoro della magistratura, nella capacità di reazione degli Enti locali, della società civile e di quella politica che ogni giorno si batte per la legalità e lo sviluppo”.
Barrafranca. Omicidio Giovanni Gulino, spaccio di droga e smercio di armi forse le cause
Ritorna la vecchia faida a Barrafranca tra i Gulino ed i Raspa, tra gli affiliati di Cosa Nostra e gli stiddari ? Oppure a Barrafrana si sta scatenando la guerra per avere il predominio nello spaccio della droga ? Gli interrogativi sono al vaglio degli investigatori del comando provinciale dei carabinieri, dopo che ieri mattina, intorno alle 5,30, è stato ucciso con cinque colpi di pistola calibro 45, Giovanni Gulino, operaio forestale di 44 anni nelle vicinanze del suo garage di via Marchese di San Giuliano, poco distante dalla caserma dei carabinieri. Giovanni Gulino è uscito di casa, ha aperto il garage, ha fatto marcia indietro per uscire la macchina, quindi è sceso per chiudere il garage, nel momento in cui è salito in macchino è uscito il killer, che lo aspettava, gli ha sparato da circa due metri cinque colpi di pistola ed è andato via insalutato ospite. E’ stata una telefonata anonima al 118 a segnalare che in via San Giuliano c’era stato un incidente automobilistico ed il medico dell’ambulanza , appena arrivato, ha constato che c’era stato un omicidio ed ha avvertito i carabinieri. Subito sul posto si sono portati i carabinieri della locale stazione, il comandante provinciale Baldassare Daidone, il capitano Roberto Di Carlo, comandante della compagnia di Piazza Armerina, l’esperto della Scientifica Enzo Spinò, più tardi sono arrivati il Sostituto Procuratore Paola D’Ambrosio ed il medico legale Cataldo Raffino per l’esame esterno del cadavere. Giovanni Gulino, sposato con due figli, una di 20 ed uno di 15 anni, ha dei precedenti come lo spaccio della droga e smercio di armi, sono due campi che creano dissidi, contrasti ed a Barrafranca questi sono argomenti che suscitano guerre armate e non è la prima volta che questo succede.
Era stato arrestato già nel 2008, sempre per droga, ma viaggiando anche in Germania non trascurava di interessarsi di armi. Gli investigatori si stanno muovendo a tutto campo, non trascurano alcuna traccia, passano da problemi sul lavoro, a questione di donne, a smercio di droga ed armi. Tutte le ipotesi sono possibili. Il Sostituto Procuratore Paola D’Ambrosio ha interrogato per lungo tempo la moglie di Giovanni Gulino per cercare di capire in quale contesto viveva Giovanni, quali i suoi interessi, soprattutto quali i suoi nemici, se ultimamente aveva avuto qualche contrasto o lite contro qualcuno. Per ora tutto viene raccolto, poi sarà esaminato con calma. Giovanni Gulino ha avuto ucciso il padre Andrea nel 1979, lo zio Salvatore nel 1982 e il fratello Giuseppe nel 2000 addirittura a Colonia, in Germania. L’ipotesi più accreditata dagli investigatori è che questo omicidio nasce nell’ambito della lotta per il predominio nello spaccio della droga nel territorio tra Barrafranca, Pietraperzia Mazzarino. Giovanni Gulino faceva parte del gruppo Tambè che era in contrasto con un altro gruppo ed in questi contrasti sono avvenuti diversi omicidi, per cui questo omicidio può esser inserito in questa faida.
Catenanuova. Prevista per ottobre la sentenza nel processo Fiumevecchio
Prevista per ottobre la sentenza nel processo Fiumevecchio, che vede imputati Salvatore Leonardi e Salvatore Marletta, accusati di associazione mafiosa. Proprio recentemente i due presunti capiclan sono stati accusati di essere stati progettisti ed esecutori di un episodio una lupara bianca che risale al ’97, quando venne ucciso e bruciato Vito Donzì di Catenanuova, uno che voleva agire di testa sua nel campo delle estorsioni senza rendere conto alla famiglia mafiosa. Ieri il tribunale collegiale di Enna, presieduto da Elisabetta Mazza, giudici a latere Andrea Salvatore Romito e Calogero Commandatore, ha dichiarato chiusa l’istruttoria dibattimentale del processo per associazione a delinquere di stampo mafioso. Il 22 ottobre è prevista la requisitoria del pm Roberto Condorelli, poi lo stesso giorno l’arringa dell’avvocato Egidio La Malfa, che difende entrambi gli imputati, e quindi la sentenza. Nel corso dell’udienza di ieri è stata presentata una richiesta sola di fine istruttoria, da parte dell’avvocato difensore, che ha ottenuto di produrre dei documenti. In una delle precedenti udienze i due imputati avevano testimoniato dichiarandosi innocenti. Salvatore Leonardi, che la Dda di Caltanissetta ritiene essere uno dei capi della mafia operante a Catenanuova, ha dichiarato di non aver mai fatto parte della famiglia di Cosa Nostra e sulla stessa lunghezza d’onda si mosso anche Salvatore Marletta, il quale si è detto estraneo alle vicende mafiose che si sono verificate nel suo comune.
Piazza Armerina. Liberato Roccazzella, arrestato nell’operazione patenti facili
Enna. Salvatore Roccazzella, armerino di 20 anni, arrestato il 23 maggio scorso e poi concessi domiciliari in quanto implicato nell’operazione patenti facili dove sono stati coinvolti diversi titolari di scuola guida di Enna, Valguarnera e Piazza Armerina, è stato liberato perché non ci sono più esigenze cautelari. L’inchiesta è ancora aperta in quanto ci sono tante cose da chiarire e potrebbero essere implicate altre persone accusate a vario titolo di associazione a delinquere, concorso in truffa e falso ideologico. Due settimane dopo l’arresto, Salvatore Roccazzella era stato scarcerato con obbligo di presentazione alla pg. Dall’inchiesta è venuto fuori che Roccazzella è un esperto in esami teorici e quindi è stato impiegato più volte a fare esami al posto di altre persone, da qui l’accusa di truffa nei suoi confronti. Il giovane armerino ha ammesso altri due episodi in cui, negli esami teorici, ha sostenuto esami per conto di altri, ma ha negato l’accusa di associazione a delinquere, dichiarando di conoscere solo uno dei co-indagati. Quest’ultimo avrebbe ammesso di avere partecipato a tre sedute di esami teorici. In due casi, al posto dell’esaminando, sarebbe andato a fare gli esami Roccazzella, mentre una terza volta è stata una ragazza, di cui però non è stato mai detto il nome perché la sua presenza nella questione patenti facili era estemporanea.
Enna. Colpo ad effetto nel processo a Maurizio Nicosia accusato di associazione mafiosa ed usura
Enna. Un colpo ad effetto quello che è verificato nel processo a Maurizio Di Nicosia, imprenditore agricolo villarosano, accusato di associazione mafiosa ed usura. Era stato chiamato a deporre nel processo Francesco Vella, uno dei capi del clan mafioso di Gela presieduta da Daniele Emmanuello, ucciso nei pressi di Villapriolo in un conflitto con la polizia del 2007, e che ora è pentito di mafia. “ Ho incontrato Maurizio Nicosia nella fattoria di Villapriolo, a pochi chilometri da Villarosa, dove era stato ospitato” ha dichiarato nel corso dell’udienza di ieri, Francesco Vella era stato chiamato a deporre proprio dall’avvocato Antonio Impellizzeri a difesa del suo assistito, invece le dichiarazioni di Vella hanno evidenziato che un collegamento c’era tra Maurizio Nicosia ed Emanuello. E’ una dichiarazione che pesa molto nell’evolversi del processo, perché era stato sostenuto che i mafiosi di Gela non conoscevano Nicosia, tranne quelli che era stati in carcere con lui. “Avevamo partecipato assieme a un corso di elettricista – ha proseguito Vella nelle sue dichiarazioni – e poi l’ho visto nel covo di Emmanuello”. Il penalista Antonio Impellizzeri, ha chiesto a Vella se avesse mai parlato in precedenza di questa circostanza, vale a dire l’incontro, e Vella, imperturbabile, ha detto che sì ne aveva parlato con i magistrati. Il pm Roberto Condorelli, però, nel suo intervento, ha dichiarato di apprendere queste notizie, per certo aspetti esplosive, per la prima volta. L’avvocato Impellizzeri per valutare se il testimone è attendibile o meno nelle sue dichiarazioni ha chiesto una certificazione alla Procura di Caltanissetta per vedere se davvero Vella abbia già dichiarato ai magistrati in precedenza questo importante particolare. Nell’udienza di ieri hanno deposto altri pentiti come Fortunato Ferracane, Gianluca Gammino e Giuseppe Scivolone. Ferracane ha dichiarato di aver conosciuto nel 2002 alcuni referenti degli Emmanuello, fra cui “un certo Maurizio”, ma a questo proposito l’avvocato Impellizzeri ha fatto notare che non poteva essere Nicosia, in quanto detenuto dal 1999 al 2003.
Barrafranca. Indagini a tappeto sull’omicidio di Giovanni Gulino
Barrafranca. Sarà effettuata venerdì l’autopsia sul cadavere dell’operaio forestale, Giovanni Gulino, 44 anni, ucciso martedì, intorno alle 5,30 con 5 colpi di calibro 45, mentre in macchina si stava recando al lavoro. L’incarico probabilmente sarà dato questa mattina dalla Procura della Repubblica, probabilmente allo stesso medico legale, Cataldo Raffino, che ha già fatto l’esame esterno del cadavere sul luogo del delitto, alla presenza del sostituto Paola D’Ambrosio. Dei cinque colpi sparati dal killer due sono finiti al fianco, uno alla mascella, il quarto sullo sportello, il quinto è andato a vuoto ed ha perforato lo sportello opposto. L’agguato è stato chiaramente preparato molto bene, il killer (uno solo e non due) sapeva come si muoveva Giovanni Gulino, quali erano i suoi tempi ed è intervenuto al momento giusto, scomparendo poi velocemente, magari atteso da un complice con la macchina o con una moto per allontanarsi da Barrafranca prima che scattassero i posti di blocco da parte dei carabinieri. L’omicidio è avvenuto sotto la camera da letto della sua casa. La moglie ha sentito i colpi, anzi dei rumori come ha detto ai carabinieri, è scesa subito ed ha trovato il marito agonizzante, ma ad allertare l’ambulanza del 118 è stata la figlia per cercare di portare aiuto al padre sul piano medico ed è stato il personale ad allertare i carabinieri della locale stazione che si trova a poco distanza dell’abitazione di Gulino. Il Sostituto Procuratore Paola D’Ambrosio ha interrogato la moglie per più di un’ora. Ci sono interrogativi in questo omicidio che gli investigatori, coordinati dal maggiore Giovanni Palatini e dal capitano Michele Cannizzaro, stanno valutando con attenzione e stanno operando per avere delle risposte concrete. Intanto gli interrogatori sono continuati anche ieri mattina. Nella giornata di martedì gli esperti della scientifica hanno effettuato su otto persone la prova dello “Scub” o ex prova del guanto di paraffina per accertare se queste hanno usato da recente delle armi. Gli uomini della Scientifica stanno lavorando sui bossoli della calibro 45 usata per uccidere Giovanni Gulino e per cercare di risalire all’arma. Qualche giorno fa a Pietraperzia è stato effettuato un furto in un’abitazione di armi che si trovavano in una cassaforte, che è stata portata letteralmente via, poteva esserci anche una calibro 45. La vicinanza tra furto ed omicidio però e troppo breve, quindi difficile che l’arma sia quella rubata a Pietraperzia. Si sta cercando anche di ricostruire minuto per minuto le ultime giornate di Giovanni Gulino, chi ha incontrato e dove, chi ha chiamato telefonicamente. Tornando all’omicidio, avvenuto sicuramente nel campo dello smercio della droga, potrebbe coinvolgere il gruppo avversario di Giovanni Gulino, che avrebbero deciso la sua morte. In questa lotta tra i due cartelli di spacciatori ci sono stati troppi omicidi e tentati omicidi, una vera guerra della droga come se ci trovassimo in Colombia.
Barrafranca. Omicidio Gulino, indagini si allargano in Germania
Barrafranca. Questa mattina il medico legale Cataldo raffino dovrebbe effettuare l’autopsia sul corpo di Giovanni Gulino, ucciso, sotto casa sua, a Barrafranca , con cinque colpi di pistola di una calibro 45, di cui tre colpi sono stati decisamente mortali. L’autopsia non porterà niente di nuovo sul piano delle indagini, che si stanno effettuando a larga raggio, anzi le stesse si stanno prolungando sino ad arrivare in Germania visto che la direttrice più seguita è quella che il delitto sia avvenuta nel campo delle spaccio delle droga e della lotta tra i due gruppi che si contendono il territorio di Barrafranca e dintorni. Chi fornisce la droga a Baffranca proviene dalla Germania, anzi da Colonia visto che in quella città è stato ucciso il fratello Giuseppe nel 2002, da Colonia provenivano sia Giovanni Tambè che Maurizio Marotta,uccisi anche loro a Barrafranca in maniera spietata, decisa da un singolo killer deciso a completare la sua missione di morte. Giovanni Gulino è stato ucciso con la necessaria freddezza ed il suo assassino è scomparso, volatilizzato segno evidente che questo delitto è stato ben preparato in ogni minimo dettaglio. La moglie di Giovanni Gulino scesa, immediatamente dopo avere sentito gli spari, e subito dopo la figlia non hanno notato niente di anomalo, nessun rumore sospetto; gli stessi esperti della scientifica non hanno trovato orme di pneumatici di auto o moto per cui si ritiene che l’assassino sia arrivato a piedi e sia fuggito velocemente. Intanto lunedì prossimo l’indagine sull’omicidio passa alla DDA di Caltanissetta perché si tratta di delitto di stampo mafioso, di criminalità organizzata ed allora il coordinamento passa alla DDA e sicuramente ci saranno poi dei collegamenti con la Germania e con Colonia in particolare. Potrebbe essere valida anche l’ipotesi che il killer sia venuto da lontano, una persona che conosce bene il territorio di Barrafranca , ma anche su questo si stanno facendo degli accertamenti. Le indagini continuano e si spera di trovare degli indizi che possano portare all’individuazione dell’assassino.
Catenanuova. Condannati Tirendi ed il figlio per droga
Salvatore Tirendi,48 anni di Catenanuova, ed il figlio Carmelo sono stati condannati con il rito abbreviato dal giudice Elisabetta Mazza a 4 anni il primo e a 2 anni e 8 mesi il figlio Carmelo, 18 anni, incensurato. Il giudice, nella sentenza ha escluso che si trattasse di un ingente quantitativo di droga in possesso dei due e per il figlio ha applicato le attenuanti generiche. Salvatore Tirendi aveva cercato di scagionare il figlio. Erano stati i carabinieri del Nucleo Operativo del comando provinciale il 25 febbraio scorso ad arrestare Salvatore Tirendi ed il figlio Carmelo perché responsabili di trasporto e detenzione, ai fini di spaccio, di due chili di marijuana. Alcune pattuglie dei carabinieri, in abiti civili, hanno svolto un servizio di controllo del territorio ed hanno intercettato la BMW 520 di Salvatore Tirendi, che stava rientrando da Catania. All’alt Salvatore Tirendi non si è fermato, ha accelerato ed ha cercato di allontanarsi, mentre dal finestrino del passeggero veniva buttata una grossa busta nella scarpata sottostante della 192. I carabinieri bloccava l’auto e recuperavano la busta che conteneva marijuana. Nel corso della perquisizione domiciliare i carabinieri rinvenivano in un cassetto del garage dell’abitazione un bilancino elettronico di precisione ed un altro piccolo quantitativo di marijuana, pari a circa gr. 0,70. Subito dopo i due Tirendi venivano trasferiti in carcere in attesa di giudizio, mentre i carabinieri proseguivano nelle indagini per cercare di trovare altri quantitativi di droga e soprattutto dove i due Tirendi effettuavano il rifornimento. I due Tirendi gestivano anche un piccolo kartodromo, dove probabilmente si verificava lo spaccio della droga a chi frequentava l’impianto sportivo.
Enna. Appello di una madre per conoscere la verità sulla morte della figlia
Enna. Non si rassegna la signora Maria Arena, madre della figlia Martina Nicotra quindici anni, morta a Palermo, dove, secondo la versione generale si è buttata dal balcone di un dentista, e venendo a conoscenza che la procura vuole archiviare la vicenda lancia un appello accorato.“ Chiedo di incontrare i magistrati della Procura di Enna. Non mi rassegno, voglio conoscere la verità sulla morte di mia figlia Martina, non possono archiviare la vicenda, desidero maggiori indagini”. La donna manifestatamene chiede di parlare con i magistrati, vuole sapere come si sono svolte le indagini, se è stata trascurata qualcosa . Sulla morte della giovanissima si sono aperte due indagini una ad Enna e una a Palermo. La procura di Enna ritiene che sulla morte della ragazzina non ci siano responsabilità di terzi, che la ragazza ha compiuto l’insano gesto perché voleva suicidarsi, mentre la magistratura palermitana ha deciso di aprire un’inchiesta ed ha iscritto alcune persone sul registro degli indagati per omicidio colposo. Martina a Palermo era ospite di una comunità per minori, dove era entrata nel mese di novembre 2011, mentre il suicidio è avvenuto a maggio del 2012. Dopo che la stessa aveva denunciato il padre di mandarla a lavorare nell’impresa di famiglia, ma lei si rifiutava di farlo. Alla fine si trattavano di accuse infondate, la stessa ragazza, subito dopo ebbe a ritrattare, tanto è vero che il padre è stato prosciolto. Accuse infondate che lei stessa ritirò, tanto che suo padre è stato prosciolto, solo che la ragazza fu mandata in una comunità di minori. Ora si sta valutando come la ragazza abbia lasciato la comunità, come mai si trovava nello studio di un dentista, come è possibile che nessuno si sia mosso nello studio per bloccare la ragazza che si stava buttando dal balcone. La signora Maria non si da pace ed ha deciso con fermezza di non fermarsi, vuole la verità sulla morte della figlia. Ad Enna il sostituto procuratore Marco Di Mauro ha lavorato sulla vicenda della denuncia della ragazza perché il padre la voleva fare lavorare, per il resto non c’è niente di irregolare, semmai a Palermo ci sono tanti interrogativi che attendono risposte ed è su questo che punta la signora Maria, ecco perché chiede di non archiviare la morte della sua bambina.
Barrafranca. Effettuata l’autopsia sul cadavere di Gulino
Enna. Il medico legale, Cataldo Raffino, nel rispetto delle disposizioni ricevuto dal Sostituto procuratore Paolo D’Ambrosio, ha effettuato l’esame, nella tarda mattinata di ieri, sul cadavere di Giovanni Gulino, l’operaio forestale barrese ucciso martedì scorso, intorno alle 5,30, a colpi di pistola calibro 45, mentre con la sua auto si stava recando al lavoro. Confermate che sul corpo di Giovanni Gulino ci sono tre fori, uno alla mandibole e due al fianco sinistro, che sono stati quelli mortali, tenuto conto del grosso calibro della pistola, gli altri due colpi sono andati a vuoto, nonostante il killer abbia sparato dalla distanza di due metri circa, sono finiti lungo l’asse dello sportello ed un altro nello sportello del passeggero. Intanto la moglie ed i figli di Giovanni Gulino hanno incaricato l’avvocato Paolo Giuseppe Piazza, penalista di Barrafranca di seguire le vicende di questo omicidio e l’avvocato barrese non ha voluto nominare alcun consulente per assistere all’autopsia, visto che tutto è abbastanza chiaro e non c’è niente di controverso. La moglie e la figlia, 20 anni circa, sono state le prime ad arrivare nei pressi della macchina dopo avere sentito i colpi di pistola per cercare di portare aiuto al loro congiunto ed ad avere allertato l’ambulanza del 118. A distanza di cinque giorni dall’omicidio non si hanno notizie sul perché dell’omicidio, anche se tutto fa presupporre che esso sia nato nella lotta tra i due cartelli della droga che si trovano a Barrafranca e che hanno come sede di rifornimento Colonia, in Germania. La moglie, i figli, i parenti tutti interrogati dal Sostituto Procuratore Paola D’Ambrosio hanno detto poco o niente e tutti hanno dichiarato che non sanno niente del perché di questo omicidio. Le indagini da parte del nucleo investigativo dei carabinieri del comando provinciale con la collaborazione della compagnia di Piazza Armerina e della stazione di Barrafranca proseguono e non lasciano niente di intentato per cercare di arrivare ad identificare lo spietato killer.
Agira. Tenta furto in auto, arrestato dai carabinieri
A causa di un recente incremento dei reati predatori, nel comune di Agira e nelle zone rurali vicine, tutti denunciati alla locale Stazione Carabinieri, sono stati predisposti una serie di servizi sia a mezzo autovetture con colori d’istituto che con mezzi civetta.
Gli appostamenti e i servizi esterni approntati hanno subito dato il loro frutto. Il 17.07.2013, verso le ore 15:00, nella zona dello svincolo autostradale di Agira e’ stato notato fermarsi un furgone che stava effettuando manovre strane tanto da insospettire i militari. Il conducente ripartiva seguito a distanza dai Carabinieri i quali avevano intuito che da lì a poco qualcosa stesse per succedere, infatti giunti in un parcheggio posto lungo la S.P. 21, nei pressi dello svincolo A/19, l’uomo si affiancava ad una fiat punto lì parcheggiata e in pochissimi secondi, con un cacciavite, forzava la serratura dello sportello introducendosi nell’abitacolo ed iniziando ad asportare quanto custodito. Il furto è però durato solo pochi secondi, il tempo necessario ai militari per colmare la distanza di sicurezza che avevano lasciato tra loro e il malvivente, intervenuti lo hanno bloccato e dichiarato in stato di arresto nella fragranza di reato.
Iannarino Giuseppe, di anni 32, originario della provincia di Palermo, ha così concluso la sua visita nell’ennese. Il Pubblico Ministero di Nicosia, ha disposto la permanenza in camera di sicurezza per procedere, l’indomani, con il rito direttissimo, nel corso del quale l’uomo ha ammesso la sua colpevolezza e dopo la relativa convalida dell’arresto è stato condannato alla pena di mesi 10 e giorni 10 di reclusione da scontare ai domiciliari, dove sempre a cura dei militari dell’Arma di Agira e’ stato immediatamente sottoposto.
Responsabili di avere ucciso nel corso traversata dalla Libia, due condanne
Sono stati condannati a 18 anni di reclusione il nigeriano Emeka Ohalete e a 14 anni il danese Faisal Igala, perché ritenuti colpevoli di omicidio aggravato in concorso con altre quattro persone. I due erano stati arrestati dagli agenti della squadra mobile di Enna, diretta dal vice questore Giovanni Cuciti, e dagli agenti del commissariato di Piazza Amerina nel novembre due anni fa in esecuzione di un ordine di cattura che era stato emesso dal Gip presso il tribunale di Agrigento. I due, domiciliati da poco in provincia di Enna, erano ritenuti responsabili di avere ucciso delle persone nel corso della traversata dalla Libia sino all’isola di Lampedusa nel 2011, mentre erano su uno dei natanti che stavano effettuando la traversata.
Per il nigeriano Ohalete, difeso dall’avvocato Luca Di Salvo del foto di Enna, l’accusa nei suoi confronti era notevole, aveva ucciso parecchie persone durante la traversata, ma il tribunale lo ha condannato specificatamente per tre omicidi nei confronti di persone che non erano in grado di difendersi, mentre per Igala c’è stata una riduzione di pena perché l’omicidio era stato uno soltanto e gli sono state concesse le attenuanti generiche . Gli avvocati difensori hanno cercato di ricostruire un quadro drammatico di 400 persone che si trovavano in un barcone, senza cibo ed acqua per cui tutti tendevano a difendere con ogni mezzo la propria esistenza anche ricorrendo ad uccidere il proprio compagno per di sopravvivere, stroncati dalla stanchezza e da allucinazioni provocate dall’avere bevuto l’acqua del mare.
L’accusa sugli omicidi ha dato una versione molto diverse perché gli stessi erano stati causati probabilmente dall’effettuazione di riti magici propiziatori visto che a bordo del natante c’era una specie di santone che invitivano quelli più forti fisicamente a buttare a mare le persone inermi ed inutili sul piano della collaborazione e della tenuta del natante.
Due testimoni sudanesi hanno deposto in tribunale affermando che loro due non erano gli scafisti, ma avevano provocato la morte di diverse persone da qui la condanna a 18 e 14 anni.
Operazione “Old one”, scarcerato Turi Seminara
Dopo Gaetano Drago è stato liberato, quello che viene ritenuto il capo della famiglia di Cosa Nostra Nostra in provincia di Enna, Turi Seminara, l’agricoltore di Mirabella Imbaccari , finito in carcere a seguito dell’operazione “Old One “, effettuata dalla squadra mobile di Enna sotto il coordinamento edella DDA di Caltanissetta . La decorrenza dei termini scaduta ha consentito così allo “zi Turi” di uscire dal carcere.
In un primo momento era stato detto che Seminara non poteva essere liberato perché rimaneva in carcere in quanto accusato di truffa nei confronti dell’Agea , la quale aveva concesso contributi per circa 400 mila euro. E l’ordinanza di arresto per truffa era stata emessa dal Gip del tribunale di Caltagirone, competente per territorio. Invece è stata revocata anche la seconda misura cautelare per cui un soggetto che era in carcere con il regime del 41bis,ora assapora la libertà. Ci sono ovviamente delle restrizione di libertà in quanto Turi Seminara rimane un sorvegliato speciale per cui deve rispettare i condizioni che impone la sorveglianza speciale ed ovviamente l’obbligo di firma preso la caserma dei carabinieri del comune di residenza Piazza Armerina o Mirabella Imbaccari , dove si trovano i suoi possidenti terrieri. Non bisogna, comunque dimenticare che su Turi Seminara pende sempre un processo per associazione mafiosa aggravata e di essere stato il coordinatore tutti gli affiliati della provincia di Cosa Nostra. Certo, nella liberazione, molto è dipeso dal fatto che i giudici della Cassazione hanno annullato la condanna ad otto anni, subita in appello e, quindi, ci dovrà essere un altro processo di appello.
Questo sta a significare che sia Turi Seminara che Gaetano Drago seguiranno il secondo processo in appello da cittadini in libertà. Turi Seminara ha già lasciato il carcere duro di Parma e si sta portando a Piazza Armerina o Mirabella Imbaccari. Comunque all’arrivo dovrà presentarsi in una stazione dei carabinieri oppure presso il commissariato di Piazza Arnerina.
Omicidio Gulino, indagini alla DDA nissena
Da questa mattina a coordinare le indagini sull’omicidio di Giovanni Gulino, l’operaio forestale ucciso a colpi di pistola martedì scorso, davanti alla porta del suo garage, sarà la DDA di Caltanissetta, anche sul piano sostanziale saranno i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale con la collaborazione della compagnia di Piazza Armerina e della stazione di Barrafranca.
Sino a questo momento le indagini non hanno fatto un passo avanti, non ci sono indizi che possano portare all’identificazione del killer che con grande freddezza si è avvicinato a Giovanni Gulino, che era salito in macchina, dopo avere chiuso il garage, gli ha sparato cinque colpi di calibro 45 e poi tranquillamente si è allontanato dal luogo del delitto, magari atteso più lontano da un complice che lo ha portato via. Gli interrogatori, effettuati dai carabinieri a familiari, parenti ed amici per cercare di ricostruire gli ultimi giorni di Giovanni Gulino non hanno portato alla luce niente di interessante. Diventa sempre più concreta la pista della droga, delle contrapposizione con l’altro cartello che smercia droga nel territorio di Barrafranca. Gli omicidi degli ultimi anni da Tambè a Marotta sono venuti fuori da questo scontro tra i due cartelli della droga, e si tratta di omicidi spietati, eseguiti da killer che avevano il compito di eliminare a qualsiasi costo l’avversario, dare un segnale di chi è il più forte. La preoccupazione è che questo delitto possa acuire i contrasti e, quindi, iniziare, una guerra che possa provocare altre morti. La riunione, voluta dal Prefetto, del comitato per la sicurezza, alla presenza del sindaco di Barrafranca, Salvatore Lupo, ha deciso di rafforzare la sorveglianza su tutto il territorio nella speranza di bloccare qualsiasi tentativo di vendetta, ma intanto il killer di Giovanni Gulino rimane sconosciuto.
Piazza Armerina. Villa Romana, la Procura apre inchiesta. Intanto Prefetto convoca vertice
La Villa Romana del Casale di Piazza Armerina e tutto quello che è legato alla villa come le bancarelle lungo la strada di accesso è sotto il controllo della Procura di Enna, che ha deciso, dopo le polemiche e le denunzie, di aprire un’inchiesta.
L’indagine è stata affidata al sostituto procuratore Francesco Rio, ed ha come obiettivo quello di verificare se tutto quello che c’è attorno alla “villa romana” è legale ed è confortato da autorizzazioni e permessi da parte delle autorità competenti. Inoltre si vuole sapere i motivi per cui sono state installate delle transenne che, per certi aspetti, sono di ostacolo al fluire dei turisti sia in ingresso che in uscita, creando delle difficoltà a chi vuole visitare la villa.
Saranno gli agenti, su incarico del dottor Francesco Rio, del commissariato di polizia di Piazza Armerina, della polizia scientifica della Questura e della polizia amministrativa a svolgere delle accurate indagini in tutti i campi. Allo attuale non ci sono iscritti nel registro degli indagati, ma intanto si vuole conoscere tutta la situazione, se l’installazione delle transenne abbia complicato le difficoltà dei turisti che vengono a visitare la villa, chi ha autorizzato questa installazione ed in particolare se c’è stata occupazione abusiva di suolo da parte dei commercianti che vendono souvenir.
Intanto per gli agenti del commissariato c’è il compito di identificare tutti i commercianti, se le autorizzazioni concesse sono regolari e se sono state concessa dall’ente preposto. La zona di ingrasso alla villa è stata sempre motivo di guerre tra venditori souvenir, il comune di Piazza Armerina e la Provincia e non c’è stata mai chiarezza in questa situazione; da qui denunce, contrasti, sommosse da parte dei commercianti, minacce di serrate, controlli di permessi ed autorizzazioni, della presenza anche di clandestini. Ci sono stati anche problemi nei lavori di restauro della villa e per il miglioramento dell’ingresso, creato recentemente tanto è vero che i lavori e le imprese partecipanti sono finiti sotto l’occhio attento della Prefettura, Procura, Polizia e Carabinieri, che hanno tenuto sotto controllo le imprese appaltatrice ed anche gli operai che vi lavoravano.
Incontro in Prefettura
Si è tenuta ieri mattina, convocata dal Prefetto Clara Minerva, un incontro della riunione di coordinamento delle Forze dell’Ordine con il Sindaco di Piazza Armerina, il Commissario Straordinario della Provincia Regionale di Enna, il Sovrintendente ai Beni Culturali di Enna, il Dirigente del Servizio di Igiene Pubblica dell’ASP n. 4 e il Direttore del Parco Archeologico Villa Romana del Casale per esaminare alcune problematiche relative al sito archeologico UNESCO della Villa Romana del Casale, con particolare riguardo ad alcune criticità che, allo stato, impedirebbero l’utilizzo della nuova area commerciale, adiacente al parcheggio.
In apertura di riunione è stata trattata altra questione relativa alla chiusura dei servizi igienici a servizio della Villa e si è dato atto che, dopo la bonifica già in corso delle vasche di raccolta dell’acqua,il Servizio igiene eseguirà nuovamente le verifiche di competenza per constatare se gli inconvenienti riscontrati siano stati risolti.
Si è poi passati all’esame delle problematiche relative alla nuova area commerciale.
Nel corso della riunione è stato rappresentato che l’area destinata alla sistemazione dei venditori di souvenir, alimenti e bevande in atto risulta mancante di acqua e luce.
Inoltre, è stato segnalato il problema del sollevamento da terra di polveri che si alzano al momento in cui circolano pullman e autovetture, rendendo così precarie le condizioni dell’area interessata, per cui sono state proposte delle soluzioni tecniche che potrebbero ovviare all’inconveniente.
Il Prefetto, proprio in considerazione della complessità della vicenda amministrativa, ha proposto che si tenga un’apposita Conferenza di Servizi che appare lo strumento operativo più snello per accelerare il rilascio delle autorizzazioni necessarie da parte delle varie istituzioni coinvolte e per concordare gli interventi da programmare per risolvere definitivamente le criticità in atto esistenti.
Si è convenuto, pertanto, di tenere per lunedì prossimo una conferenza di Servizi presso il Comune di Piazza Armerina alla presenza di tutte le parti interessate.
Dissidi per limiti di confine, condannati due parenti
Una lite tra due fratelli per futili motivi, probabilmente per problemi di confine e di terreni da dividere ha coinvolto le famiglie e il fratello ed il nipote del protagonisti sono stati condannati per violenza privata. La vicenda è avvenuta il 24 novembre del 2007, quando il marito L.C. si trova in carcere con l’accusa di tentato omicidio nei confronti del fratello G.C., zio e nipote impediscono alla cognata e ai suoi nipoti di uscire dalla casa di campagna dove si trovano, non solo insultandoli, ma anche minacciandoli armati di un bastone e un’ascia, mettendosi a sorvegliare gli stessi dietro il cancello di ingresso. Ovviamente i due sono stati denunciati ed ora sono stati condannati per violenza privata. Ad emettere la sentenza di condanna per violenza privata è stato il giudice monocratico Giovanni Milano e la condanna si aggira intorno ai quattro mesi per il padre e due mesi e quindici giorni per il figlio oltre al risarcimento dei danni ed al pagamento delle spese di giudizio. Le parti civili erano difese dall’avvocato Napoli.
“E’ una sentenza importante per il mio cliente – ha spiegato l’avvocato Napoli -. Perché L.C. lo hanno sempre fatto passare per cattivo, dato che aveva attentato alla vita del fratello ma questa volta il giudizio della legge era a parti invertite”. La vicinanza dei terreni e parecchio astio forse nella divisione degli stessi ha provocato continui contrasti tra i due fratelli e tra le famiglie, sono ad arrivare alle minacce e a condizionare la vita privata della moglie e dei figli del presunto tentato omicida. La sentenza è stata emessa e non è detto che non ci sia l’impugnazione in appello e con questo la lite tra le due famiglie continua.